I neutrini fuorilegge

( Da Treccani.it) - Sono passati circa due mesi dal 23 settembre, quando in ogni angolo del Pianeta è rimbalzata la notizia secondo cui, apparentemente, i neutrini sarebbero più veloci della luce. Ora quella notizia sembra confermata da nuove e più accurate misure. Questo secondo risultato, come il primo, è stato ottenuto da ricercatori al lavoro all’esperimento Opera, situato sotto il Gran Sasso nei laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. In entrambi i casi i fisici hanno misurato il tempo impiegato per arrivare ai laboratori del Gran Sasso da neutrini provenienti dai laboratori del Cern di Ginevra, osservando che essi sembrano giungere a destinazione 60 miliardesimi di secondo prima di quanto non avrebbero fatto viaggiando alla velocità della luce. Molto meno di un battito di ciglia dunque, ma un istante che basta a scardinare convinzioni su cui si basa tutta la nostra visione dell’Universo.

Uno schiaffo alle leggi della fisica?
A vacillare è la teoria della relatività, perché prevede che nulla possa viaggiare più veloce della luce. Se così fosse infatti, cambiando il sistema di riferimento dell’osservatore, potrebbe avvenire di vedere un fenomeno prima del verificarsi delle sue cause, il che è assurdo. Ma non solo: l’osservazione dei neutrini superveloci non torna neppure con una analisi compiuta dal premio Nobel Sheldon Lee Glashow e da Andrew Cohen. Secondo i due fisici, se i neutrini andassero davvero più veloci della luce, allora lungo il tragitto dovrebbero perdere energia emettendo un elettrone e un positrone. Quindi, al Gran Sasso dovrebbero arrivare neutrini con una energia inferiore rispetto a quella che avevano al momento della partenza. Tuttavia niente del genere è stato osservato finora. D’altro canto, immaginare neutrini che viaggino più veloci della luce senza perdere energia secondo Glashow e Cohen significa contraddire il principio di conservazione dell’energia, cioè uno dei cardini della fisica.
Insomma, per quanto i fisici teorici si arrovellino, nessun ragionamento riesce a spiegare l’esistenza di neutrini più veloci della luce. D’altro canto l’esperimento è solido, al punto che finora nessuno ha trovato errori nella pur delicatissima misura eseguita dai ricercatori di Opera, anzi, come detto, le nuove misure confermano le prime osservazioni. Non resta dunque che attendere i risultati di studi condotti presso esperimenti effettuati in laboratori in altre parti del mondo. Starà ad essi stabilire se davvero i fotoni della luce debbano cedere ai neutrini lo scettro di particelle più veloci dell’Universo, o se si è trattato solo di una tenace illusione.

La scienza si rafforza quando vanno in crisi le teorie
Comunque vada, lo strano caso di Opera può insegnarci molto su come funziona la ricerca scientifica. In primo luogo, di fronte a un risultato davvero straordinario i ricercatori hanno verificato l’attendibilità del loro processo di analisi dei dati. Quindi, vista l’impossibilità di identificare dei punti deboli, hanno chiesto alla comunità scientifica di provare a falsificare l’esperimento, in altre parole hanno invitato tutti i colleghi a trovare l’errore.
La scienza si pone l’obiettivo di formulare spiegazioni razionali per i fenomeni naturali.
La fisica, in particolare, descrive il mondo che ci circonda, e tutto l’Universo, facendo ricorso a teorie basate su dati sperimentali. Oggi, per quel che riguarda il mondo dell’infinitamente piccolo, le teorie più accreditate indicano che tutto ciò che esiste è composto da alcune particelle che interagiscono fra loro attraverso poche forze fondamentali. È un modello che funziona molto bene e che prevede l’esistenza dei neutrini, però con il vincolo che essi (come tutte le particelle dotate di massa) viaggino a velocità inferiore a quella della luce. Per quanto siano verificate queste teorie non sono però considerate incrollabili, anzi. È avvenuto molte volte che nuove osservazioni costringessero a superare spiegazioni molto convincenti, come quando la teoria della relatività di Einstein ha imposto di integrare le leggi di Newton riducendone la validità a casi specifici in un quadro molto più ampio.
Il fatto dunque che i neutrini superveloci risultino teoricamente inspiegabili non è sufficiente per convincere i fisici a considerare il loro risultato inattendibile. Al contrario, in tutto il mondo i ricercatori sono mobilitati per ripetere l’esperimento. E se alla fine la misura risulterà confermata, saranno le attuali pur belle teorie a dover lasciare il campo. Nella scienza le convinzioni personali cedono sempre il passo di fronte ai fatti, cosa che non accade ad esempio nella filosofia o, ovviamente, nella religione e in tutti quegli ambiti nei quali la verità è già posseduta, e dunque non viene ricercata e sono i fatti a dovere eventualmente adattarsi ad essa. La scienza non risulta indebolita quando i suoi assunti vengono contraddetti, al contrario ne trae forza.
Ma una nuova visione dell’Universo cambierebbe qualcosa nella nostra vita quotidiana? La risposta è: molto probabilmente sì, anche se al momento è difficile immaginare come. Del resto, quando Albert Einstein formulò la teoria della relatività le applicazioni pratiche sembravano poter essere ben poche, eppure se la ignorassimo oggi sarebbe impossibile far funzionare i navigatori satellitari. E in fondo, anche nel caso improbabile in cui i neutrini più veloci della luce si rivelassero esistere senza che ciò avesse qualche utilità pratica, resterebbe la cosa più importante: l’emozione e l’orgoglio di aver svelato un nuovo segreto della natura. Non è poco, ed è qualcosa di profondamente radicato in noi esseri umani. Altrimenti non si spiegherebbe perché, per un giorno, il mondo è rimasto con il fiato sospeso ad ascoltare l’annuncio di un gruppo di fisici che parlavano di un risultato del tutto imprevisto.



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