RECENSIONE AI LAVORI RECENTI DI GIUSEPPE LALLI

Dal Professor Enrico Cavalli, nostro affezionato editorialista, riceviamo il seguente scritto che volentieri pubblichiamo.

RECENSIONE AI LAVORI RECENTI DI GIUSEPPE LALLI

 

di ENRICO CAVALLI

 

    L'Amico Giuseppe Lalli, insigne studioso di Filosofia, fra i massimi conoscitori del pensiero Crociano, nonché esponente locale di primo piano del Cattolicesimo liberale, parimenti, ci dispensa di numerosi articoli e saggi e che davvero auspichiamo che il sito “AssergiRacconta.org, possa editare in una apposita Collana di Studi onde veicolare ad un pubblico sempre più numeroso, le suddette espressioni culturali del Nostro lodevole maître à penser.

     Come solito fare, e, non ce lo… facciamo… sfuggire, essendo tra i tanti Lettori del Lalli, Egli ad inizio Feste Natalizie (si può ancor dire sebbene a talune fenomenologie web non piaccia citarle e sì tacendo delle derive relativiste, ad esempio, nella prima patria Cristiano-Liberale ammirata dal cattolico Alexis De Tocqueville nell’800 e che ora cancella, persino, Abramo Lincoln!) ed alla vigilia della Epifania, allora, ha pubblicato due pezzi da ‘90 dei Suoi, meritevoli di grande approfondimento, piuttosto che delle nostre riflessioni modeste, eppure, ci proviamo.     

    Nel primo Suo articolo, “Quasi un Racconto di Natale” abbiamo un condensato di quotidianità e spiritualità che solo un seguace di Jean Guitton (primo laico uditore al Concilio VaticanoII), come Lalli, poteva svolgere, ovvero, incentrabile su di una invocazione da parte di una vispa e simpatica "vecchina" nel turbinio dei tavoli all'aperto di un bar-caffè del centro storico Aquilano, addobbato a festa per il Natale che è attesa e sensazioni annunciati da suoni ed effluvi nell’aria (qui, ci si anticipa, la Liguoriana piazzetta di napoletanissimi profumi "dolci, nocelle, mandarini"), un’atmosfera per una venuta “umile e gloriosa”, che però non vuole obliterare, appunto, il profano attorno, magari, dei compiti e sintesi della giornata a scuola che gli studenti meditano mentre si rifocillano di uno snack, tornando a casa, perché poi, il tempo e la prassi vanno sacralizzati, come rammenta la filosofa “cristiana” fuoriuscita dal marxismo del secolo scorso, Simone Weil.

     La "Vecchina" benedicente un suo congiunto od amico che gli chiede un viatico, forse, è l'anno ormai passato che ci accompagna come qualcosa che non possiamo mutare, la “storia è sempre contemporanea” (Croce dicitur!), forse, è la Befana che ci apre l'anno nuovo denso di prospettiva che bisogna escogitare ed agire, a dirla con il pre-idealista e romantico Johann G. Fichte; ma, soprattutto, a nostro avviso, siamo all’occasionalismo malebranchiano, cioè, al contrasto degli avventori nei tavolini adusi anche alla Preghiera, coi tavolini di una certa Città “terrena” adusa alla discussione esistenzialista (come nei tavolini parigini, di sartriana e camusiana memoria!?) e mai soddisfatta, perché dimentica della Città”celeste”, delle radici cristiane; pure, qui, vi rinveniamo una riflessione propostaci al tempo di nostra formazione in scienze religiose, quando, pensi che il laico dibatta di teodicea, non rifugiandosi nell'empirismo fallace, bensì, sul piano della critica della ragion pura kantiana, a mo’ di un laicismo che vorrebbe disegnarsi su misura il cattolico... in senso protestante, ripiegabile nel privato e mai esibente simbologie (come la "Vecchina"che prega pubblicamente!), ovvero, in questa frase apodittica: "vi è più Teologia in una beghina (in senso positivo e crociano!) che reca fiori alla Madonna, ogni giorno, che in mille libri ".

      Che la Nostra Maria Ad Silicem..., ci accompagni, dopo che queste Feste della Natività del Signore ci sono state limitate nella loro intimità familiare e spirituale, senza che i “nocchieri” traggano lezione dagli accadimenti, perché ormai parrebbe, per un supposto progressismo, di potersi cancellare le radici religiose (da ultimo, anche la tradizione Omerica!); ma per fortuna, i temi e riferimenti dell'articolo di Lalli sono stati come un antidoto ai segni del regresso morale (sic), e che non devesi più ignorare.

    E non ignorava certo gli atei illuministi che assicuravano in un Ventennio di écraser la Chiesa, il grande settecentesco Beato e Santo Alfonso Maria De’ Liguori, a sua volta non ignorato dal principe del neoidealismo, il conterraneo Benedetto Croce, qui, balzando nell'articolo secondo cronologicamente (Sant’Alfonso Maria De’Liguori e Benedetto Croce…”), quindi, …not the least, di Lalli e che fornisce una serie di notizie, aneddoti, espressioni di tenore culturale, assai difficile da sintetizzare, non fosse altro che Egli diparte dalla facies musicale, dall'inno natalizio dell'Apologista moderno per antonomasia, quel "Tu scendi dalle Stelle" suonato dagli zampognari Abruzzesi a Napoli, le ciaramelle d’antan (ma nemmeno poi tanto!) e che ci facevano capire la difficoltà di vita per i pastori e contadini lontani dai focolari domestici… .

    A questo punto, al netto dell'impegnativo compito di soffermarci sulla filologia musicale di questa kenosis del Salvatore messa in spartito e compresa dal colto all'inclito, ci sta da dire dell'aggancio sublime (per come lo realizza Lalli), fra il Santo Napoletano ed il Filosofo Abruzzese, che nella sua densa Estetica, avrà disconosciuto il miracoloso della agiografia liguoriana, ma ne avrà colto di tradizione e cultura teologica quanto basta, forse, per scrivere "Perché non possiamo non dirci cristiani".

    Ecco, vero che i miracoli non sono i segni per la fede ma sono segni della fede, e che Croce poteva meglio percepire (ma lo diciamo "cum juicio" manzoniano!), tuttavia, questo nostro piccolo e irriverente motivo di discussione, viene ben superato dalla brillante liaison crociano-liguoriana, che, da cattolico liberale, fa Lalli quando immagina Croce nella sua dimora attigua ai luoghi di A. M. De'Liguori, fra i Monastero di Santa Chiara e Gregorio Armeno, riflessivo di recite e canti natalizi intrecciati agli effluvi di cibi e luci di presepi (come anche non riferirsi alla prosa eduardiana!), di questa temperie sacra e che trascinano in una Chiesa per la Santa Messa di Mezzanotte, dove chissà (nostro artifizio retorico), una "Vecchina" fa gli Auguri di Natale mentre intona "Tu scendi dalle stelle o Re del cielo", devota davanti al “Ninnello” fra la Vergine e Giuseppe davidico... .

   Mi fermo, non potendo, oltre abusare, con una certezza che mi propala dal saggio di incomparabile bellezza letteraria di Giuseppe Lalli e sine qua non, perciò, domandandomi, e, se don Benedetto avesse scritto il suo pamphlet sul Cristianesimo in tempo di guerra mondiale, rievocando la suggestione del Santo Apologista, quasi, ad agognare la uscita dall’”ora più buia”?

  Ed oggi in pandemia, come non possiamo non essere votati a questo messaggio duplice di libertà interiore, tanto asserito in questo articolo pregnante tra “storia e spiritualità”, appunto, con la sicumera di poter, anzi di dover uscire dalla congiuntura?

   Merito, dunque, al Dottor Giuseppe Lalli per questi ultimissimi suoi eruditi lavori, di elevato contenuto civile e religioso e che già riscuotono il grande e giusto consenso dei Lettori.

SANT’ALFONSO DE’ LIGUORI E BENEDETTO CROCE - Tra storia e spiritualità

 

PUBBLICHIAMO IL COMMENTO CHE CI E' STATO INVIATO DA GIUSEPPE LALLI

"Ringrazio commosso l'amico professor Enrico Cavalli per la sua inattesa  e graditissima  recensione delle mie ultime due pubblicazioni "natalizie": il racconto di una giovanile memoria e il piccolo saggio sul rapporto ideale tra Sant'Alfoso da' Liguroli e Benedetto Croce.
Cavalli, con gesto squisitissimo, non esita a mettere in relazione  la mia modestissima figura di studioso di provincia con quelle di tre autentici giganti della cultura europea del Novecento, grandi maestri del pensiero dai quali io effettivamente prendo spesso ispirazione.
La cosa,  francamente, mi fa arrossire. La accetto solo come un augurio di buon lavoro per l'anno appena iniziato."

Giuseppe Lalli



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