Dall'America, "Un canto per un pastore di Assergi..."

Cari amici di "Assergi Racconta", Eugenia Vitocco Sacco (uno dei nostri lettori che ci seguono da oltroceano) ci ha inviato dall'America un canto dedicato al mitico pastore di Assergi: "Giappone".

Un canto per un pastore di Assergi

In Assergi nostro paese natio c'era un uomo un pastore (come tanti altri suoi antenati pastori).

Nella storia si sono immortalati e idolatrati scienziati, scrittori, pittori, attori, ed eroi di ogni genere ma nessuno ha mai pensato d'immortalare un semplice uomo di montagna che e` vissuto tra pecore e monti, tra valli e piani nell'armonioso e dolce suono e rintuono di rumori naturali che si armonizzano li` nelle nostre compagne.

Il rumore del Raiale, prodotto da un'acqua limpida e pura che scorre eternamente nel suo letto fluviale, gli uccelli che cantano innalzando a Dio i loro cori, l'odore dell'erba dei prati, il soffio costante di vento che accarezza il tutto facendo ondeggiare rami e foglie delle piante e dei cespugli tutto attorno, creano tutti insieme una musica melodiosa che penetra il cuore di ogni anima vivente. Una visione inebriante e` il beh beh degli agnellini che saltano attorcigliandosi nell'aria festeggiando come bambini innocenti le nevicate di Marzo, mentre la neve scende a larghi fiocchi che si disfanno al sol toccare la terra, gia` tiepida per la vicina venente primavera. Questo e` ed era il mondo del pastore li` nelle nostre appenniniche alture. Un pastore alto, snello sempre col suo sostenitore, il bastone e l'ombrello con il suo zaino a tracollo in cui custodiva le poche provviste alimentare giornaliere, la borraccia dell'acqua e un po'di vino nel fiaschetto ristoro speciale della sua giornata e la pagnottina nera per i suoi cani, che al suo ordine andavano a prenderla rovestando col muso nell suo zaino per poi condividere il piacere e la gioia di un pranzo con lui e con le sue pecore che lietemente riposavano.

Chiamava le sue pecore per nome e ci parlava. Erano cosi bene abituate al suo richiamo da riconoscerci gli orari di sveglia e di ritorno alla stalla. Lo precedevano come soldati in fila, l'una seguiva l'altra. Le custodiva con una relazione alimentata da segni, da un bastone santo che non bastonava nessuno e da fischi di richiamo aiutato dai suoi fedeli cani che rispondevano muti alla sua voce, mantenendogli il gregge sempre ai limiti dei terreni seminati su pendii e siepi comuni.

Non c'era un lagno altrui sulla sua devota arte pastorale e sulla sua condotta di uomo buono e di pastore. Quando sostava godendo di un posto dove le sue pecore sorelle avevano trovato tanta extra erba da masticare, lui riposava impersonando quella posizione patriarcale e pastorale, immagine eterna dei libri biblici rimanendo in piedi appoggiato al suo bastone in maniera statuaria delle sculture greche, stringendolo fortemente aggrappato con ambedue le mani e con in volto un'espressione di gioia e di pace, che creava in se` stesso guardando le sue pecore mentre assaporavano quell'erba in piu` che madre natura aveva elargito con generosita` in quell'angolo speciale per loro tutte. I monti, i piani le fontanelle di compagna, "gioielli delle nostre montagne" i ruscelli dove era solito abbeverare il suo gregge erano altri suoi ospitali compagni del giorno. Guardava il cielo e le sue nuvoli. Studiava il corso e le direzioni dei venti, prediceva la pioggia, la neve, il freddo, e il caldo ed era cosi` l'astronomo del paese. Il suo mondo era solo Assergi natura selvaggia ed aspra, monti, valli, cielo, acqua e la sua pace innata nel suo cuore di uomo nato per essere pastore.

Vestito con umili indumenti, con un cappello di feltro consumato dagli anni e dal sudore con le falde pendenti che gli coprivano gli orecchi, ammorbidito e sgualcito dal tempo, di colore scuro che i raggi solari facevano scintillare come oro, ma pienamente efficiente per proteggere dal freddo e dal sole pungente dell'estate la testa di un pastore contento e felice con le sue pecore compagne, ed il creato tutto attorno.

Di sera all "Ave Maria" spesso lo si vedeva andare in chiesa forse per palesare agli altri il suo amore per Dio con cui conversava silenziosamente giorno dopo giorno eloggiandolo per noi tutti con un grazie sentito per questo meraviglioso pianeta "TERRA" regina del nostro sistema solare. Solo conducente del suo gregge su pasture e tratturi antichi risentendo in silenzio il calpestio e il belato delle sue pecore nei suoni e rintuoni dell'eco delle nostre valli e monti scoscesi ed aspri, ha camminato e ricamminato sulle orme dei nostri antenati, maestri devoti della nostra pastorizia abruzzese.

Con questo mio ricordo sia anche lui immortalato tra i grandi avi terreni.

Il suo nome era "Giappone" un pastore come migliaia di altri che l'hanno preceduto nei secoli; un dedicato nato per essere pastore, un saggio, isolato, obbliato, e sconosciuto che senza computer sapeva leggere il cielo, dava le previsioni del tempo, conosceva le sue pecore ed amava la natura; rispettava la gente, elargiva un "Buon Giorno" a tutti quelli che incontrava nel suo percorso giornaliero e consacrava i pascoli perenni del nostro Gran Sasso, emblema degli appennini Abruzzesi.


Eugenia Vitocco Sacco
USA Luglio



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