I PALUMBO DI FILETTO DELL’AQUILA NELLA STORIA

- di Giovanni Altobelli -

 

Premessa. Il cognome Palumbo ha origine da soprannomi attaccati al vocabolo latino Palumbus (“Uccello dal piumaggio grigio scuro” ossia il colombo).  Questo cognome è assai diffuso in tutto il territorio nazionale, in Italia ci sono circa 8.000 persone con questo cognome Palumbo.  La maggior parte si trova nel sud e nelle isole per il 68%, nel nord per il 17% e nel centro per il 15%.  In Abruzzo è assai diffuso nel Teramano, relativamente in alcuni paesi dell’Aquilano. I Palumbo di Filetto. E’ stata una grande e ricca e potente famiglia del 900 a Filetto, verso la fine dell’800 fanno la loro comparsa a Filetto i fratelli Giuseppe e Antonio Palumbo, allevatori di ovini provenienti dalla frazione di Roio Piano (AQ).  Non ho notizie da dove siano arrivati prima di Roio Piano questi Palumbo. Giuseppe Palumbo il figlio maggiore, nasce a Roio Piano il 26/4/1871 è figlio di Orazio Palumbo “capostipite” e Rachele Equizi morta il 22/12/1915, Antonio Palumbo il secondo figlio nasce a Roio Piano il 17/4/1879.  Prima di raccontare la storia dei Palumbo di Filetto, devo descrivere un’altra famiglia agiata filettese: I Cialone.  A Filetto nel passato ci sono state diverse famiglie con il cognome Cialone, verso il 1850 il benestante filettese Antonio Cialone possidente di case e terreni sposa una certa Angela Sacco di Assergi nata il 28/6/1862 figlia di Ascenzo Sacco e Luigia De Paulis di Paganica.  I coniugi Angela e Antonio Cialone vivono a Filetto, hanno un grande palazzo in Via del forno e un’altra casa in Piazza della Chiesa, gli nascono due figlie: Ercolina Cialone nasce il 26/2/1881, Onorina Cialone nasce il 22/2/1885. Nel corso della loro vita queste due sorelle a Filetto vennero soprannominate “Le Scalone” ossia le Cialone.  Ora torniamo ai fratelli Giuseppe e Antonio Palumbo. Cominciamo con Giuseppe Palumbo, si unisce in matrimonio con Ercolina Cialone, gli nascono i seguenti figli: Amilcare nasce il 27/4/1898 a Roio Piano e successivamente sposa Elena Totani nata a Roio il 7/5/1898 e da questo matrimonio nasce il figlio Giuseppe il 18/9/1924 il quale da giovane sposa la giovane camardese Maria Casilli nata il 28/11/1928, mettono al mondo due figlie Elena e Franca.  L’altra figlia di Giuseppe e Ercolina   è Antonia Isolina Italia nata il 4/5/1901, la quale sposa Giovambattista Di Benedetto di Castel di Ieri (AQ), da questo matrimonio nascono due figli Raffaele e Orazio Di Benedetto.   In questo racconto bisogna fare un passo indietro, parlando ancora di Giuseppe Palumbo del 1871, dopo la nascita dei due figli: Amilcare e Antonia Isolina Italia, il 23/7/1903 gli muore in giovane età la moglie Ercolina Cialone. Rimasto vedovo, si risposa con Angela Mattei di Sella di Corno, la cui famiglia aveva ricevuto lo stemma baronale dal Re di Napoli Alfonso d’Aragona. Da questo secondo matrimonio nascono i seguenti quattro figli: (Ercolina, Enrichetta, Lidia e Dante). Abbiamo notizie di Enrichetta Palumbo la quale nella sua vita diventerà insegnante nelle scuole elementari di Camarda, dove ancora oggi viene ricordata dagli anziani allievi.  Infine abbiamo notizie del figlio maschio Dante Palumbo, nasce nel 1913, il quale nella sua vita diventerà sottufficiale dell’esercito nell’8 Lancieri di Montebello, prestando servizio a Guardiagrele in provincia di Chieti, negli anni 60 veniva ogni tanto a trovare il fratello Amilcare a Filetto, era un assiduo cacciatore. L’anno 1915 nel giro di otto mesi, muoiono i coniugi: “Angela Mattei e Giuseppe Palumbo. ”Di conseguenza Don Antonio Palumbo fratello di Giuseppe viene nominato tutore dei sette nipoti: i due ragazzi del primo matrimonio e cinque in tenera età del secondo, messi nei migliori collegi aquilani. Ora cominciamo a parlare di Antonio Palumbo personaggio del 900 di Filetto,  è stato un uomo intelligente, istruito e ricco, dall’unione matrimoniale con Onorina Cialone,  gli nascono sette figli, cinque maschi e tre femmine: il primo figlio  Orazio  nasce l’1/2/1905 il quale muore a Roma il 10/5)1925 con un incidente con la moto, il secondo Armando nasce il 2/5/1907,  il terzo Antonino o Nino nasce il 25/12/1910, il quarto figlio Dino nasce il 5/6/1913, morirà appena sa sei anni il 23/7/1919, dopo qualche anno nascerà Dino Palumbo che nella sua vita diventerà Preside della Scuola di Avviamento Industriale negli anni 60 alla Villa a L’Aquila.  La nascita delle figlie femmine di questa famiglia Palumbo: Michelina o Lina nasce il 2/2/1904, Angela nasce l’8/4/1922 e Lidia nasce il 14/10/1925.  STORIA DELLA FAMIGLIA DI ANTONIO PALUMBO.  Una delle famiglie predominanti del 900 a Filetto è stata la famiglia Palumbo, dopo la decadenza dell’antica famiglia Facchinei.  Era un bell’uomo Don Antonio insieme a sua moglie Onorina, come si nota nella foto concessami dal nipote Orazio.  Credo che abbia conseguito gli studi da maestro a L’Aquila. aveva già negli anni 20 vicino le carceri di S. Domenico fra Via del Falco e Via Amiternina un grande palazzo.   Fu Sindaco diverse volte a Filetto, la fontana in Piazza della chiesa venne realizzata quando amministrava Lui, alla inaugurazione venne posta una piccola lapide commemorativa così recita: “L’8 NOVEMBRE DEL 1907 I CITTADINI DI FILETTO CON A CAPO ANTONIO PALUMBO, VOLLERO ED EBBERO DAL COMUNE SOTTO IL GOVERNO DEL DOTTOR GIULIO GIACOBBE QUESTA FONTANA” La targa fu danneggiata durante la guerra da alcuni coniugi “poveri con tanti figli” nemici di Don Antonio Palumbo.  L’anno 1956, un prete della provincia di Lecce che era stato a Filetto e conosciuto prima degli anni 40 Don Antonio Palumbo, prese l’iniziativa e fece rifare la targa con una piccola somma come l’originale.  Cerco di raccontare la vita e le vicende di Don Antonio: essendo un benestante, oltre ad essere un grande allevatore era azionista della Società cementificio di Cagnano Amiterno.  Mentre agli inizi del 900, l’antica famiglia Facchinei si sgretolava lentamente come già accennato in precedenza, perdendo ogni interesse delle proprietà di Filetto, si trasferivano per sempre nella residenza di Picenze, ove questa famiglia aveva terreni e case.  L’anno 1923, Don Antonio Palumbo, abile affarista, segretamente fece l’acquisto di tutte le proprietà, case e terreni dei Facchinei di Filetto.  In una notte del 1923 Don Antonio insieme al suo amico fidato e compare Romualdo Baglioni di Camarda, notte tempo partirono da Filetto con due cavalli alla volta di Picenze per incontrare il vecchio Don Raffaele Facchinei per acquistare con la somma di 100 mila lire dell’epoca, tutte le proprietà di Filetto compreso l’antico palazzo Facchinei  al centro storico del paese,  costruito durante la dominazione spagnola.  Sborsata l’intera somma alla presenza del notaio Galeota,  l’affare venne  fatto!  In mattinata presto, Don Antonio e Rumualdo Baglioni riprendono la strada del ritorno verso Filetto, ad un certo momento verso le cinque del mattino, arrivati in località “Callararo” fra Pescomaggiore e Filetto,  incontrano alcuni cittadini di Filetto che qualche mese prima erano tornati dall’America ed avevano intenzione di acquistare qualche proprietà alla famiglia Facchinei.  Don Antonio alla vista dei filettesi domando loro: “Dove andante paesà a quest’ora?”  I filettesi risposero: “Andiamo a comprare qualche proprietà a Don Raffaele Facchinei a Picenze?”  Don Antonio in senso ironico rispose!  Non andate, ormai la frittata è fatta?  Ho comprato tutto io!  Significava che non valeva la pena recarsi a Picenze, perché Lui era già diventato proprietario, quindi i poveri filettesi dovettero tornare indietro a bocca asciutta. Mentre gli affari di Don Antonio andavano a gonfie vele, dopo l’acquisto delle proprietà, pensò alla ristrutturazione dell’antico palazzo Facchinei, facendo anche la sopraelevazione del secondo piano. I lavori furono affidati all’impresario Romualdo Baglioni amico di Don Antonio, infine si fece costruire al cimitero la cappella mortuaria.  Ormai Don Antonio era proprietario della maggior parte della campagna di Filetto, aveva una servitù eccezionale (domestici, contadini, butteri, pastori e guardiani personali). Nell’antico palazzo Facchinei, dove si trova la grande terrazza, le donne bisognose per un pezzo di pane, dovevano fare i lavori più umili per la famiglia Palumbo. Durante l’800 e inizi 900 i piccoli allevatori di bestiame che oltrepassavano la Piana di Fugno fino alla Micciuna, con l’arrivo dei Palumbo non poterono superare la montagna del Compustone e Monte Rofano.  Essendo Don Antonio Sindaco, protetto dal Comune e governanti dell’epoca poteva fare quello che gli pareva.  Don Antonio si era circondato di alcuni referenti filettesi, spioni che vennero soprannominati in paese “I ruffiani di Don Antonio”.  Erano persone che per un tozzo di pane o una sacco di patate o un piccolo favore, riferivano tutto dell’andamento di quello che succedeva nella campagna e in paese.  In quel periodo storico a Filetto vi era tanta fame, avvennero contrasti e dissapori fra alcuni filettesi e Don Antonio, teste calde e ribelli cominciarono a lottare contro la supremazia di Don Antonio.  Alcune persone pensarono di fargliela pagare, facendogli di notte diversi dispetti: “Gli bruciarono grano e granturco, gli uccisero oltre 200 pecore, gli tagliarono la vigna in località Treo ed altro”.  Bisogna riferire che tutti i figli di Don Antonio avevano studiato e facevano una buona vita, facendo la spola fra Filetto e L’Aquila.  Era passato meno di un ventennio, quando le cose si cominciarono a mettere male per Don Antonio.  Verso l’anno 1938, Don Antonio avendo contratto diversi debiti con il Barone Berlingeri, mentre pure la società “Cagnano Amiterno cementificio” aveva dichiarato il fallimento, fu messo alle strette dai suoi creditori e dovette vendere quasi tutto. Il barone Berlingeri per il recupero dei crediti nominò un suo fido, amico di Foggia, un certo “Don Corradino Corradini”, il quale alla vendita del palazzo Facchinei e terreni, venne aiutato da Don Amilcare Palumbo, nipote di Don Antonio che aveva dissapori con lo zio. Il vecchio palazzo Facchinei, fu acquistato da due famiglie filettesi: “Il lato verso Piazza della chiesa venne acquistato da Sabatino Riccitelli per 40.000 lire e l’altra metà in direzione delle aie venne acquistata da Vittorino Ianni per altre 40.000 lire. Il terreno rettangolare di circa 16.000 metri quadrati fra via Paganica e Via Camarda confinante con l’aia di sotto fu acquistato da altri filettesi: “Sante Celestini e Cesidio e Clemente Altobelli”. Don Corrado Corradini una volta recuperati il crediti per il “B.B.”, consapevole del favore ricevuto da Don Amilcare Palumbo, gli regalò due rimesse in Via Paganica e il terreno del “Colle”  all’inizio del paese,  dove dopo gli anni 40 prese il nome: “Il Colle di Amilcare”  che nel 900  prima dei Palumbo era stato di Angelo e Don Raffaele Facchinei.  Questo colle e terreno negli anni 90 passa ad altri proprietari.  Compravendite nel 900 in questa storia. Una parte del grande terreno dei Facchinei di Filetto fra Via Paganica e Via Camarda di 2.000 metri quadrati, ha avuto i seguenti passaggi: (I Facchinei sono stati proprietari dalla fine del 1500 fino al 1923 quando l’acquista Don Antonio Palumbo, anno 1938 acquista Sante Celestini e poi passa al figlio Ferdinando, successivamente vende a Onofrio Chiarizia e nel1989 vende a Gino Donati il quale fra il 1990/2000 costruisce un grande palazzo.  Il palazzo Facchinei passa ai Palumbo nel 1923, poi viene venduto a Sabatino Riccitelli, poi successivamente passa agli Ilato e Celestini che successivamente vendono ad un’altra famiglia dei Marcocci.  Ma torniamo al nostro Don Antonio Palumbo,  gli ultimi anni della sua vita diventa un uomo docile e collaborativo  con tutti i filettesi è un contadino come tutti gli altri, prende iniziative per i vari problemi sociali e le guardie campestri, ha diminuito molto l’allevamento del bestiame. Durante la disfatta di Filetto del 7 giugno 1944, Don Antonio fu la prima vittima ad essere uccisa dai tedeschi, mentre usciva dalla porta di casa di Via del Forno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale di questa famiglia a Filetto rimaneva a fare il contadino solo Don Nino con la vecchia madre Onorina.  Dopo gli anni 50, gli altri figli si trasferirono definitivamente a L’Aquila. Mentre Don Amilcare Palumbo e suo figlio Giuseppe, svolgevano con impegno gli allevatori, facendo anche i contadini.  Conclusioni.  I Palumbo è stata una grande famiglia, forse qualche errore l’ha pure fatto Don Antonio, se avesse avuto il senso dell’umanesimo quei scapestrati giovani del 900 non gli avrebbero fatti quei dispetti del passato, comunque quelle azioni non si fanno!  Si discute e si ragiona.  Come tutte le famiglie del passato anche questa ha avuto la sua storia e il suo declino. Questa è una storia del passato di un tempo che fù.

Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli.



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