Dopo 12 anni rientrano nelle case al rione Colle a Paganica

- di Raffaele Alloggia –

 

 

Non c’è dubbio che le abitazioni del Rione Colle, nel terremoto di quel 6 aprile del 2009 ebbero la peggio rispetto agli altri Rioni. La causa principale sicuramente è da addebitarsi al materiale povero con cui erano state costruite le antiche case, mentre ad altre negli ultimi decenni avevano fatto loro, dei cordoli di cemento armato, i quali avevano appesantito in modo abnorme le vecchie mura sottostanti. Senza contare poi che, parecchie abitazioni erano rimaste vuote e quindi senza la dovuta manutenzione, sin dai primi anni settanta in quanto i proprietari si erano trasferiti alle nuove abitazioni costruite in seguito al nuovo Piano Regolatore.

Nonostante ciò al Colle, il terremoto ha causato alcuni feriti, ma nessuno dei 5 morti di Paganica, ciò come fu scritto all’epoca, grazie anche alle telefonate a privati, del tecnico dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani in cui, anche se interdetto dalle autorità preposte, annunciava che in quella notte ci sarebbe stata una forte scossa. Le persone che avevano ricevuto quel messaggio, quella sera, convinsero andando casa per casa gli abitanti, la maggior parte di essi immigrati ad abbandonare le abitazioni del centro storico, evitando così di rimanere sotto le macerie delle loro case.

In questi 12 anni, troppe persone anziane ci hanno lasciato, forse prima del tempo dovuto, con l’amarezza e l’angoscia che di anno in anno diventava certezza, che non sarebbero tornati a vivere nelle loro case. Ad oggi molti sono i paganichesi che sono tornati alle loro case, ma ancora tanti sono nel progetto Case, che però da lì vedono ormai la luce in fondo al lungo tunnel.

Delle giovani famiglie, da poco sono tornate a vivere nelle loro nuove case del Rione Colle e alcune di esse sono state affittate a forestieri che condividono con loro i disagi dovuti alla ricostruzione degli aggregati nelle immediate vicinanze e l’assenza di illuminazione pubblica nelle ore notturne. In quei vicoli che mi videro muovere i primi passi, tutto e cambiato tranne, per fortuna, gli imbotti di pietra delle porte e finestre che ne ricordano il fascino identitario delle murature in pietra, comuni nei nostri paesi.

Alla vista dei ricordi mancano quei piccolissimi orticelli posti tra un’abitazione e l’altra, recintati con muretti di pietra a secco imbruniti dal sole nel tempo, in cui non mancavano mai le spezie per la cucina povera di quella millenaria “Civiltà Contadina”, che da alcuni decenni è scomparsa, portando dietro di se anche antiche tradizioni socio-culturali, sempre più difficile da riproporre dopo questa pandemia. In quei vicoli, non si sentono più quei profumi che salivano dalle finestrelle e porte sgangherate delle cantine; oggi tutto sa di calce e cemento.

Nel giro di qualche anno, la ricostruzione del centro storico di Paganica sarà completata. Tutto sarà ricostruito, “dov’era e com’era”! Un vero peccato perché non in linea con le esigenze delle nuove generazioni che dovrebbero poi abitarci. Pochi spazi pubblici, nessun parcheggio, niente verde e come tutti i paesi di impostazione medievale, dedali di vicoli stretti, scale e scalette in cui non possono transitare o sostare le automobili a cui nessuno di noi vuole rinunciare.

E’ facilmente immaginabile che decine di abitazioni del centro storico resteranno vuote, il terremoto del 2009, aveva dato l’opportunità di ricostruire il centro più grande tra le frazioni del Comune dell’Aquila, con strade e servizi adeguati ai nostri tempi, un’occasione mancata.



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