DEPUTATI E PECORAI...

L'Aquila, 18 nov 2011 - «Sono i pecorai che fischiano, non i deputati», con questa frase Gianfranco Fini durante i lavori della Camera dei Deputati ha apostrofato alcuni suoi scomposti colleghi. L'infelice paragone ha spinto Nunzio Marcelli, presidente dell'Associazione Allevatori Ovicaprini a ricordare al presidente Fini come la figura del "pecoraio" non sia quella di un selvaggio, metà uomo e metà bestia, ma un lavoratore, come molti altri, con una antichissima tradizione alle spalle e un futuro incerto per l'insipienza di molte scelte politiche tutte italiane. Riportiamo integralmente il testo della lettera di Marcelli. «Sono i pecorai che fischiano, non i deputati» Egregio Presidente della Camera On. Gianfranco Fini, abbiamo sentito questa frase in diretta, grazie a RadioRadicale che trasmetteva i lavori parlamentari, e siamo rimasti senza parole. Un Suo intervento volto a moderare un comportamento non proprio esemplare e uno spettacolo poco dignitoso di civiltà parlamentare ci ha voluto chiamare in causa, non sappiamo se in maniera offensiva o puramente come termine di paragone. Sia nell'uno che nell'altro caso, siamo colpiti e feriti. E' davvero singolare, On. Presidente, che le istituzioni si ricordino solo così, con disprezzo, di un mestiere antico e nobile, che ha fatto grande questo paese (Le consigliamo la lettura di Braudel “Méditerranée”, dove la civiltà della lana e della pastorizia è molto ben descritta come l'oro dei tempi moderni, una civiltà che ha portato fino a noi palazzi storici, tratturi, riposi e templi, formaggi e tessuti che hanno contribuito a costruire quell'Italia sana che le nostre istituzioni dovrebbero rappresentare). Un disprezzo, del resto, che non è che l'altra faccia della totale assenza di consapevolezza ed interesse per le difficoltà in cui si dibatte questo settore, e non a causa di congiunture, ma per la costante persecuzione burocratica e l'assenza di ogni intervento di difesa dei nostri migliori prodotti e produttori da parte di quelle stesse istituzioni che Lei rappresenta. Onesti lavoratori dediti all'allevamento che non conoscono soste né interruzioni per festività, non hanno vitalizi né rimborsi spese, e che a oltre 50 anni dalla nascita della Comunità Europea si ritrovano schiacciati da un mercato governato dalle logiche della grande distribuzione, con prodotti di provenienza comunitaria ed extracomunitaria ma senza nessuna tutela per la qualità e la provenienza delle nostre produzioni, per il buon nome del nostro territorio, per la difesa di quella civiltà pastorale che noi sentiamo di rappresentare ancora, ultimi sopravvissuti. Forse Lei come molti, On. Presidente, metterà in tavola a Natale l'agnello o il formaggio che si trovano in vendita nel nostro paese, ma come gli altri cittadini non avrà la certezza che quel prodotto, comprato sotto l'etichetta di “nostrano” o “locale”, sia davvero delle nostre terre: perché quelle leggi che dovrebbero tutelarci, On. Presidente, voi parlamentari non le avete fatte. E se farà qualche giorno sui nostri monti in occasione delle Festività, avrà occasione di godere di quell'ambiente integro che le nostre attività, che non conoscono soste né per Natale né per Capodanno, garantiscono da secoli, continuando a condurre le greggi, a preservare la biodiversità, ad essere un presidio sul territorio. Un presidio il cui valore sociale e ambientale non è mai stato riconosciuto, On. Presidente, come avviene invece in altri paesi a noi vicini, dove i “pecorai” da Lei così sprezzantemente citati vengono remunerati per il loro ruolo fondamentale, richiesti dai migliori alberghi della Costa Azzurra per la funzione di prevenzione antincendio del pascolamento, difesi dalle istituzioni che valorizzano i loro prodotti e la loro immagine. Un presidio anche alla presenza delle comunità sulle nostre montagne che si stanno sempre più svuotando, dove la mancanza di prospettive occupazionali oggi più che mai fa scomparire le migliori tradizioni e i luoghi più belli del nostro paese, dove l'attività pastorale garantisce un'opportunità invece per i giovani di restare e costruire il loro futuro. Onorevole Presidente, ci auguriamo in questo che sarà un Natale difficile per tutti i cittadini e lavoratori onesti, che le istituzioni ripensino seriamente il loro ruolo e la loro funzione, e non paragonino lo spettacolo spesso indecente della politica italiana a chi duramente e faticosamente porta avanti un'attività che ha un orgoglio e una tradizione che si radica nel meglio della civiltà del nostro Paese. Non ci paragoni, On. Presidente, ai Suoi colleghi: noi siamo fieri di essere pecorai.



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