STORIA SPORTIVA AQUILANA - di Enrico Cavalli -

STORIA SPORTIVA AQUILANA

- di Enrico Cavalli -

Le scienze sociali, hanno tardato ad indagare sul fenomeno sportivo in Italia.
Proprio dalla comunità accademica abruzzese, veniva una storia sociale dello sport italico e regionale.
La tradizione ludico-sportiva aquilana, antesignana extra Abruzzi, nel tempo è impiantata da soggetti forestieri e outsiders della vita civica.
Tra’800 e’900, l’internazionalismo del CAI., ed “olimpiade”d’expò, denotano la sensibilità municipale verso lo sport, che si dirama anche in caratterizzazioni religiose, nella ginnastica, ciclismo ju footteballa, o, negli elitari tennis e motorismo.
L’Aquila, è fra le capitali sportive d’Italia, per l’avanguardistico stadio comunale degli anni’30, e, per l’ascesa anche al femminile, di varie pratiche agonistiche, tipo i rossoblù in serie B e fenomenologia rugbystica.
Dopo il 1945, il discorso sportivo, prosegue entro schemi volontaristici e di confronto regionalistico, fino alla vetrina olimpica del 1960.
Mecenatismi e politica trasversale, sostengono il calcio in C e gli scolastici basket e volley, ma è il rugby scudettato che porta visibilità al capoluogo regionale, che nella recessione, contempla attività minori, tipo il pattinaggio, a patto di risultati vincenti.
Lo sport universitario, permette l’agonismo, che a parte le discipline natatorie, cercano logici allacci agli impianti, qui, scontando difficoltà le arti nobili, dall’atletica al pugilato, i cui campioni in erba, prendono corsie professionistiche.
 Mentre si ritrae la imprenditoria dagli impegni verso un calcio, dalle repentine ascese e cadute, e, i nuovi sport puntano alla implementazione mediatica, con gli anni Duemila, riemerge la frontiera di sviluppo sportivo, della più alta stazione invernale del Sud Europa.
Nella riaggregazione collettiva del post sisma 2009, la tenuta dello sport aquilano, si lega sempre alla capacità di concepirlo, come aspetto identitario.

 



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