Roio ricorda San Franco

- di Fulgenzio Ciccozzi -

 

Via San Franco, a Roio Piano, è un’altra denominazione (oltre a quella della frazione in cui ha sede la casa del santo, o quel che ne è rimasto) con cui viene chiamato un tratto di strada di campagna, naturale proseguimento di via Giovanna d’Arco, che taglia via Cullicigliu per dirigersi nella vicina altura, in direzione di Lucoli. Chissà quante volte il monaco Franco dovette percorrerla per recarsi all’abbazia di San Giovanni, e poi di ritorno per riabbracciare i suoi genitori nel suo paese natio. E chissà quante volte si recò a pregare insieme ai suoi compaesani nella chiesetta di Sant’Agnese la quale doveva trovarsi lì vicino, poco distante da Roio Piano che allora contava poco più di un pugno di case. La piccola pieve sarà poi soppressa (nel 1313) dal vescovo aquilano Filippo Delci poiché le fonti dell’epoca narrano che era mal servita. Proprio in quel periodo (XII secolo), con la ripresa della transumanza, il piccolo paese conobbe un notevole sviluppo che lo pose al centro delle ville dell’altopiano e lo portò a stringere rapporti sempre più stretti con Lucoli, tanto che molte famiglie del lucolano si spostarono in loco contribuendo alla sua crescita. Dunque, la vita della gente della vallata venne stravolta da un crescere di attività strettamente legate alla ripresa dell’industria armentizia che contribuì a trasformare anche l’ambiente dell’altopiano, sino ad allora prettamente boscoso, con l’incremento di pascoli e coltivi. Roio stava cambiando adattandosi ai nuovi modelli di società che l’organizzazione ecclesiastica e normanna stavano di pari passi imponendo. Il giovane pastore, Franco, non rimase estraneo a questi cambiamenti, che evidentemente in buona parte si rifiutò di accettare, tanto da indurlo, mosso da fervore religioso, a fare scelte più austere che lo avrebbero avvicinato a Dio, all’uomo e alla natura. Un cammino, questo, che sarà poi ripreso in un’altra forma e con tratti poetici da Francesco d’Assisi. Il 5 di giugno, in un anno imprecisato dei primi decenni del XIII secolo, al canto del gallo, il mondo che ruotava intorno alle cime del Gran Sasso, che l’eremita aveva scelto come suo luogo ideale di ascesi, pianse la morte di un figlio che aveva donato l’anima al Signore e il corpo al suo paese d’adozione: Assergi.
 



Condividi

    



Commenta L'Articolo