L'Aquila, il rimpallo delle colpe

(L'Espresso) - Sta per riprendere il processo ai sismologi che pochi giorni prima del terremoto si riunirono per un'ora e poi tranquillizzarono tutti. Alle prime ammissioni («qualcosa quel giorno andò storto») sono seguiti gli scarichi di responsabilità. Ma di chi fu la colpa, se una colpa ci fu?
 - Ancora qualche giorno e riprenderanno a sfilare, in una piccola aula del tribunale de L'Aquila dove a malapena c'è posto per tutti gli avvocati. Sono amici, genitori, fratelli di chi ha perso la vita tra le macerie del sisma del 6 aprile 2009. E compaiono sulla lunghissima (oltre 270) lista di testimoni di questo "processo alla scienza" le cui udienze riprendono il 12 gennaio. Vengono tutti a raccontare la settimana prima del terremoto, la loro paura, e cosa cambiò dopo le parole dei "capoccioni", come li chiama la madre di una ragazza scomparsa nel crollo della Casa dello Studente.

I "capoccioni" sono sismologi, ingegneri, dirigenti della Protezione civile che parteciparono a una riunione della commissione Grandi rischi, a L'Aquila il 31 marzo 2009, sei giorni prima del terremoto. E che dal 20 settembre si trovano sotto processo per omicidio colposo. Sono Bernardo De Bernardinis (allora vice capo della Protezione civile), Franco Barberi (presidente vicario della commissione Grandi rischi), Enzo Boschi (fino alla scorsa estate presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Ingv), Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti, dello stesso Ingv), Claudio Eva (ordinario di fisica all'Università di Genova); Mauro Dolce, (direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile) e Gian Michele Calvi (presidente della Fondazione Eucentre di Pavia). A tutti, il sostituto procuratore de L'Aquila Fabio Picuti rimprovera una "valutazione dei rischi connessi all'attività sismica approssimativa, generica e inefficace", in cui indica la causa indiretta della morte di 32 tra le vittime di quella notte.

Lo scorso anno, quando partirono gli avvisi di garanzia, 4 mila scienziati da tutto il mondo firmarono un appello al presidente Napolitano, perché i sismologi non pagassero colpe altrui. Perché prevedere i terremoti, lo dice tutta la scienza del mondo, è impossibile. Questo però lo sanno anche i pm, che infatti accusano gli imputati di qualcosa di molto diverso: essere andati un passo più in là di quanto quella stessa scienza consentisse nel "rassicurare" (la parola chiave del processo) la popolazione.

Per capirci qualcosa, si deve tornare a quel marzo 2009. In Abruzzo le scosse vanno avanti da quattro mesi, fino a una di magnitudo 4.1 il 30 marzo. La paura di un Big one abruzzese si fa ogni giorno più forte, amplificata da Giampaolo Giuliani, un tecnico dei Laboratori del Gran Sasso che, misurando il gas radon sprigionato dal terreno, afferma di prevedere l'arrivo di una grande scossa. L'idea non è completamente campata per aria: il radon ha probabilmente una relazione con l'attività sismica (lo stesso Ingv conduce da anni ricerche su di esso), ma non abbastanza chiara da consentire previsioni. Tanto è vero che Giuliani "prevede", si fa per dire, una scossa a fine marzo a Sulmona che non si verifica, e non quella dell'Aquila.

Nel tentativo di mettere ordine, il 31 marzo la Protezione civile convoca a L'Aquila la commissione Grandi rischi, il gruppo di accademici cui si affida per la prevenzione delle catastrofi naturali. La riunione è insolitamente frettolosa: poco più di un'ora, e nemmeno la paginetta di raccomandazioni scritte che di solito gli scienziati consegnano alla Protezione civile. Il verbale (verrà, altra anomalia, firmato solo a terremoto avvenuto) racconta un veloce giro di tavolo in cui gli esperti cercano di rispondere alla domanda che tutti a L'Aquila si fanno: la sequenza sismica può annunciare un terremoto devastante? Impossibile dire sì o no, e infatti il fisico genovese Claudio Eva spiega che "in tempi recenti numerosi sciami non hanno preceduto grossi eventi, anche se non è possibile dire che non ci saranno terremoti". Enzo Boschi definisce "improbabile" il ritorno di un terremoto come quello del 1703, ma non "può escluderlo in maniera assoluta". Un po' tutti concordano sul fatto che una sequenza sismica non permette di fare previsioni certe, e che la soluzione è rafforzare le costruzioni e migliorare la preparazione dei cittadini a un'emergenza.

 



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