Reportage di un visitatore nel Laboratorio del Gran Sasso

L'idea di visitare i Laboratori INFN del Gran Sasso, all'invito della nostra amica Paola, ci convince immediatamente. Quasi come se non stessimo aspettando altro.
Ricerche di base, sulla natura "ultima" della materia, sulle particelle più sfuggenti, vengono svolte in laboratori "misteriosi" e "lontani" come quello. Eppure bastava solo telefonare, prendere appuntamento, organizzare un gruppo di persone.
Da Roma, percorriamo l'autostrada A24 per l'Aquila, uscendo al casello immediatamente successivo al capoluogo, quello di Assergi. Arriviamo quindi alla sede dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con gli uffici e gli studi, dove i dati provenienti dal laboratorio vengono raccolti e studiati.
Oggi è sabato e la sede è quasi deserta, molto diversa dal quotidiano brulichio di studiosi e ricercatori che giungono da tutto il mondo, collaborano ad uno degli esperimenti, poi tornano nel loro paese, per continuare le loro ricerche magari in attesa di novità e scoperte dall'Italia.
Siamo circa una ventina, ci accoglie un giovane ricercatore che in una saletta conferenze ci spiega le modalità della visita e presenta i vari esperimenti che vengono lì condotti.
L'idea di costruire dei laboratori sotterranei viene al prof. Zichichi nel 1979, in occasione dei lavori per il traforo autostradale del Gran Sasso. Sotto la montagna la moltitudine di raggi cosmici, radiazioni, particelle che pervadono il cosmo e in parte attraversano l'atmosfera terrestre, non arriva; tranne che per alcune particolarissime eccezioni, particelle debolmente (molto, molto debolmente) interagenti, come i neutrini, che giungono invece fin sotto questi 1.400 metri di roccia senza "accorgersene", e anzi in altissima percentuale attraversano tutta la Terra e vanno oltre...
Qui si misurano le proprietà dei neutrini e si cercano le evidenze sperimentali della cosiddetta "materia oscura", cioè quel tipo di materia che gli astronomi non riescono a vedere ma che in qualche modo "deve" esistere in quantità molto maggiore della materia "normale", altrimenti le galassie si allontanerebbero tra loro a velocità molto maggiori di quanto misurato. Si cerca quindi di individuare le ipotetiche particelle che costituirebbero questa materia oscura, chiamate "WIMP".
Terminata l'esposizione dei diversi esperimenti in atto, saliamo su tre pulmini, reimbocchiamo l'autostrada, percorriamo tutti i 10 km di galleria, appena fuori effettuiamo una inversione di marcia costruita apposta per raggiungere i laboratori, e rientriamo nella galleria in direzione sud, verso l'Aquila.
Aver costruito i laboratori contestualmente ai lavori per l'autostrada ha consentito un notevole risparmio rispetto ai costi che sarebbero stati necessari per costruire laboratori così da zero. È l'unica struttura pensata e costruita per sfruttare il "silenzio cosmico" in tutto il mondo, laboratori come questo sono dislocati in cave e miniere dismesse.
I pulmini a metà galleria mettono la freccia, rallentano e imboccano il tunnel laterale che porta ai laboratori. Dopo cinquanta metri ci fermiamo e scendiamo. Un enorme parete di acciaio blocca il nostro passaggio. Sembra di essere come James Bond al cospetto dei laboratori segreti della Spectre. Muniti di caschetti di sicurezza oltrepassiamo la barriera attraverso le porte tagliafuoco.
La struttura è costituita da un corridoio da cui è possibile accedere a tre grandi sale in cui vengono condotti gli esperimenti. Facciamo foto, parlottiamo guardandoci intorno. Queste grandi attrezzature, alte dieci-quindici metri, non raccontano nulla ad un visitatore distratto. La nostra guida, un laureando che studia all'Aquila, collabora per la tesi all'esperimento DAMA, ma già sa che che dovrà puntare all'estero per continuare a lavorare nella ricerca, ci chiama a raccolta.
Ecco l'esperimento Opera, costituito di migliaia di blocchetti fatti di strati alternati di piombo e e lastre fotografiche. Quando un neutrino interagisce – capita 1-2 volte l'anno – viene individuato ed estratto il mattoncino interessato (pochi centimetri, 10 kg di peso) per ricostruire le modalità dell'evento.
Le sale del laboratorio, ci fa notare la guida, sono state scavate puntando verso il Cern di Ginevra. Questa accortezza, frutto ancora della progettualità di Zichichi, permette oggi l'esperimento Opera. Un fascio di neutrini (di tipo muonico) viene prodotto negli acceleratori del CERN ed inviato a 730 km di distanza verso il Gran Sasso, impiegando un lasso di tempo, meno di tre millisecondi, sufficiente per verificare l'oscillazione del neutrino, cioè la trasformazione dei neutrini da muonico a tauonico. Attraverso questi esperimenti è possibile misurare la massa dei neutrini e comprenderne qualche sfuggente proprietà.
In un'ora e mezza di visita, osservando anche l'esperimento Borexino (misure sui neutrini solari), LVD, DAMA/LIBRA (per individuare caratteristiche delle fantomatiche WIMP), e tanti altri acronimi difficili da ricordare, ci accorgiamo sempre più che i laboratori sono freddi (sono infatti riscaldati) e umidi (sorgenti di montagna scorrono sulle pareti dei tunnel corridoio), e che tutto sommato è meglio analizzare i risultati degli esperimenti nella più confortevole sede di Assergi, e venire nei laboratori solo per le attività per cui è necessario, come intervenire direttamente sugli apparati o farne manutenzione.
Eppure, quando posiamo i nostri caschi e risaliamo sui pulmini per tornare alla base, sentiamo una specie di nostalgia per le grandi questioni universali su cui si indaga in questi luoghi inospitali che stiamo lasciando.



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