Emigrazione e Civiltà Contadina degli anni 50

- di Raffaele Alloggia -

 

L’immagine risalente ai primi anni cinquanta, evoca lontani ma vividi ricordi di quella ”Civiltà Contadina”, che nel decennio successivo sarebbe poi sparita sotto i nostri occhi. Un carretto di letame ancora fumante appena caricato dalla stalla, sopra alla quale abitavano, in uno dei tanti grovigli di vicoli della Paganica antica.

In quegli anni, durante il periodo invernale, per poterci difendere dal freddo glaciale, la sera si passava dentro le stalle insieme agli animali e all’immancabile mucchio di letame di cui non ne sentivamo neanche più il cattivo odore, tanto era il freddo!

In quel periodo, intere famiglie emigravano verso l’Australia, l’Argentina, Venezuela, Canada ma anche in alcuni Stati Europei come Francia, Svizzera e Germania, alla ricerca di un lavoro che potesse permettere di vivere una vita più dignitosa. Le persone più anziane delle famiglie che restavano, spesso la sera nella stalla, raccontavano del lungo viaggio, del loro lavoro, dei sacrifici costretti a fare in quel mondo in cui erano ospiti, a volte indesiderati e spesso indotti a fare i lavori più umili!

Con i loro racconti ci rendevano partecipi alle loro preoccupazioni, angosce, sofferenze dovute anche all’enorme distanza che li separava, anche perché, in molti casi avevano la certezza che non avrebbero più rivisti i loro cari, così a volte nel racconto, un groppo in gola gli spegneva la voce, mentre la luce del lume a tratti gli nascondeva il volto.

Noi ragazzini, accovacciati su un tratto libero della mangiatoia, ascoltavamo imperterriti, con la stessa attenzione, di altre circostanze, quando i nonni raccontavano storie della Prima Guerra Mondiale e i padri quelle della Seconda!

Ricordo che nel 1956, l’intera famiglia di Giovanni, un vicino di casa, emigrò in Australia. I giorni precedenti alla partenza, la moglie Assunta veniva spesso a casa con degli oggetti per raggranellare qualche lira, come la conca di rame per prendere l’acqua alla fontanella, il bidente con il quale il marito zappava la terra per il sostentamento della famiglia, “ju capisteru” con il quale lei selezionava i fagioli e i legumi in genere dalle impurità, ed altri oggetti vari.

Di ogni attrezzo, Assunta aveva un ricordo che nel racconto a mia madre, veniva soffocato dal pianto che cercava di trattenere per fare in modo che noi ragazzini che dormivamo nella cameretta a fianco, non lo sentissimo! Io ero amico dell’ultimo dei loro cinque figli che si chiamava Bruno, andavamo a scuola insieme e giocavamo tutti i giorni con l’acqua alla vicina fontanella. Il giorno della loro partenza, ricordo che la notte non dormii pensando alla sua partenza, non me la sentii di salutarlo perché ero certo che non l’avrei più rivisto, così me ne andai in giro nelle colline sovrastanti il paese, senza neanche mangiare e con un nodo in gola, rientrai a casa all’imbrunire.

Dopo qualche anno che si erano stabiliti in Australia, scrissero ai parenti che per le feste di Pasqua avrebbero mandato i saluti per radio, tramite la trasmissione radiofonica, “Saluti degli Emigranti Italiani all’Estero”. In casa avevamo una radio, così una Domenica mattina la piazzetta davanti casa si riempì tra parenti di Giovanni e gente del vicinato, con la finestra del balcone spalancata e la radio a tutto volume, aspettavamo tutti quel momento con il fiato sospeso.

Quando sentimmo la voce di Giovanni alla radio, che fece gli auguri di “Buona Pasqua” ai parenti e a tutto il vicinato, non vi dico cosa successe, c’era gente che piangeva, chi saltava per aria, gente che si abbracciava , insomma per qualche minuto fu come se fosse tornato tra noi con tutta la famiglia"

PUBBLICHIAMO IL COMMENTO DI ROSA MIOT (MELBURNE AUSTRALIA)

"Emigrare non è una decisione facile. C'è molto da prendere in considerazione. Lasciare i propri cari è stato molto traumatico per mia madre che ha salutato la sua anziana madre, mia nonna e i suoi 4 fratelli. Per non parlare della perdita della rete di amicizie, dei riti religiosi e della cultura. Non ha mai voluto lasciare Sulmona, ma ha anteposto gli interessi a lungo termine dei suoi figli ai suoi. Un lungo e tormentato viaggio via mare e il ricongiungimento con il resto della famiglia 1952. Quei milioni di italiani che lasciarono l'Italia prima del 1900 e del 2000 sono stati coraggiosi. Alcune delle loro storie sono stimolanti mentre altre sono strazianti. Ci auguriamo che chi è rimasto in Italia apprezzi i sacrifici; un saluto da Melbourne"

Rosa Miot



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