Il maiale nei nostri paesi dal passato ad oggi

Il maiale nei nostri paesi dal passato ad oggi

 La nostra storia

 - di Giovanni Altobelli -

 

Premessa. Il maiale chiamato anche suino o porco, il maschio si chiama verro, la femmina scrofa i cuccioli lattonzoli. La vita di una scrofa può arrivare anche a 15 anni di vita. Una scrofa può partorire anche 10 o 15 suinetti.  Il maiale non è altro che una variante del cinghiale, l’uomo fin dall’antichità da circa 10.000 anni si è nutrito della carne di questo animale il quale vivendo soprattutto allo stato brado, si cibava di ghianda, radici, insetti e erbe varie. Il maiale ha un carattere mite, può arrivare ad un peso di 2 o 2,5 ql.li con un solo anno di vita.  Vita e morte del maiale nei nostri paesi nel passato. Il maialino veniva acquistato dai cosiddetti “porcari” i quali avevano dei veri allevamenti di maialini, venivano da altri paesi a venderli alle famiglie, sia il mese di marzo che di novembre, il maiale veniva messo in una stalla, dove sopra c’era la casa, in un angolo della stalla veniva ricavato un piccolo “porcile” privo di fogne di scarico all’epoca, dove si accumulavano urine che emanavano cattivi odori, che gli stessi proprietari erano costretti a sopportare.  Al maiale quasi sempre veniva messo un ferro alle “froce o narici” per non permettere di “scavare o scarufolare ” per terra non essendoci un vero pavimento.  Al maiale veniva dato da mangiare la mattina e la sera, nutrito di “orzo, granturco, segala e patate squagliate ed altro”.  Nell’avvicinarsi dell’inverno quando si abbassavano le temperature nei primi di dicembre si iniziavano ad ammazzare i maiali.  Nel passato l’uccisione del maiale era considerato un antico rito della cultura contadina come una festa di gioia tanto è vero che quando veniva sgozzato con tanti strilli, si avvicinavano ragazzi e bambini, fino al dissanguamento dell’ultimo respiro.  Nel mio paese Filetto ogni famiglia aveva un maiale, qualcuno anche due, fino al 1965/70 si ammazzavano circa 120 maiali.  Il giorno prestabilito dell’uccisione del maiale, la famiglia già dalla sera precedente organizzava il da farsi per la mattina presto: (preparare coltelli e coltelle, il grande contenitore “cottora” per scaldare l’acqua per la pelatura del maiale e varie attrezzature).  Di buon’ora la mattina, una volta invitati parenti e amici per reggere il maiale prima di essere scannato, dal porcile gli veniva messo alle narici un “tenagliozzo” per immobilizzarlo e trascinarlo su un cavalletto di legno tipo panca mettendolo sdraiato, dove ognuno dei presenti doveva reggere le gambe, il corpo e la coda del maiale per non farlo muovere.  Il norcino esperto con “il coltello da scannatore” lo infilava fra la gola e sotto il costato tagliando la vena della trachea per arrivare a farlo dissanguare, mentre una donna reggeva un recipiente per recuperare il sangue, facendo infine col coltello un segno di croce come ringraziamento.  Appena ammazzato veniva messa l’acqua bollente sul corpo per pelarlo con le coltelle, poi veniva portato nell’apposita cantina e sistemato “l’ammone” legno curvo infilato ai nervi delle gambe posteriori e messo a testa in giù per aprirlo e togliere le parte interne inutili da asportare quali feci ed altro.  Il maiale rimaneva appeso nelle serene fredde per farlo asciugare per due o tre giorni prima di essere spezzato. La spezzettatura del maiale. Il capo famiglia con amici e parenti iniziava a spezzettare già dalla sera per continuare il giorno seguente di mattina: venivano tagliati e preparati i prosciutti, lardo, strutto, guanciale, pancette, lombi, coppa, lonza e selezionate le carni per salsicce, salami, fegati e sanguinacci ed altro.   Durante la giornata venivano terminate tutte le operazioni della carne del maiale. La sera stessa in casa veniva organizzato un pranzo speciale per i collaboratori, venivano invitati gli amici più stretti e parenti. Ognuno portava un fiasco di vino o altre vivande per collaborare al pranzo serale.  La cena oltre a un bel piatto di pasta, veniva cucinata la carne nei vari modi “arrosto, polpette con contorno di patate” panunte, sfrizzoli e tante altre cose del maiale.  La serata si prolungava fino alla mezzanotte, fra una chiacchiera e l’altra si raccontavano le storie del passato.  Il maiale fin dai tempi lontani è stato di grande sostentamento delle famiglie che dovevano tenerlo con cura e razionalizzarlo per la durata di tutto l’anno per la loro sopravvivenza.  Fin dal 1980/90 nei nostri paesi è scomparso l’allevamento del maiale di ogni famiglia come si faceva una volta, esistono oggi solo pochi allevatori di maiali con sistemi moderni e controllati.  Un nostro paesano di Filetto “Eusebio Marcocci” emigrato in Australia nel 1956 nella città di Melbourne ha creato una serie di macellerie-norcinerie diventando insieme alla sua famiglia un uomo di grande prestigio, oltre a gestire una serie di commerci e costruzioni edili.  In questo mio racconto del maiale voglio anche accennare delle più importanti macellerie-norcinerie aquilane.  Nel lontano 1924 nei pressi delle 99 Cannelle Borgo Rivera Marco Giuliani inizia l’antica tradizione dei norcini aquilani, allevava bestiame e macellava nella zona, questo lavoro appassionò suo figlio Giuseppe nel 1934 che venne chiamato Peppone lasciando il mestiere ai suoi figli che tutt’ora gestiscono una grande macelleria-norcineria.  Altra grande macelleria-norcineria artigianale aquilana nata verso la fine degli anni 50 è quella Giorgio Mastrantonio della vecchia generazione, personaggio storico apprezzato da tutti.  Conclusioni.  Con questo semplice racconto ho voluto parlare della tradizione del maiale del passato nei nostri paesi fino alle moderne macellerie-norcinerie.  Rimane che la carne del maiale sfama milioni di persone e si può cucinare i tanti modi, ma la porchetta rimane sempre la meglio.

Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli.



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