STORIE DI GUERRA, EDOARDO MARCOCCI (Soldato – allevatore e contadino del 900 di Filetto)

- di Giovanni Altobelli -

Premessa del racconto. Edoardo Marcocci nacque a Filetto il 13.9.1922 da Luigi Marcocci e Berenice Capricorno. Trascorse l’infanzia e la gioventù a Filetto, aiutando il padre nell’allevamento del bestiame e nel lavoro dei campi per tirare avanti la famiglia insieme agli altri quattro fratelli.

 

Mentre dal 1939, imperversava la guerra in tutta l’Europa, appena ventenne senza barba nel 1942, venne inviato a combattere nei “Balcani”. Nei monti la guerra era dura, a volte veniva anche drogato per combattere la paura e uccidere quei popoli invasi ingiustamente da italiani in Jugoslavia nelle loro terre: (serbi, montenegrini, sloveni, croati e greco albanesi) era un nemico comune da combattere.  Molte volte Edoardo insieme ad altri soldati avevano sperimentato il cosiddetto “sistema dei campanelli”. Lungo un determinato territorio dove sarebbero dovuti passare i ribelli, mettevano una serie di campanelli a 40 cm da terra, quando passavano di notte per aggredire i soldati italiani suonavano e i militari si difendevano cominciavano a sparare all’impazzata con le mitragliatrici falciando i ribelli. Una volta passando con un camion lungo una strada fecero salire una donna con una cesta coperta da un panno che diceva di andare a vendere le uova in paese, invece incuriositi scoprimmo che portava bombe a mano ai ribelli…i soldati furono clementi e non la uccisero.  Un’altra volta in pieno inverno in montagna Edoardo con altri soldati sentirono belare delle pecore, capirono che era strano in quel periodo ci fossero le pecore,  pensarono subito ad un agguato da parte dei ribelli e si misero subito a sparare uccidendone diversi… Mi raccontò che durante la guerra in Kosovo un gruppo di giovani kosovari gli diedero un sacco di botte  lo stavano quasi per ammazzarlo, quando all’improvviso si presentò un “Omone” anch’egli kosovaro forse capo del paese che per compassione fece fuggire gli aggressori e lo salvò  risparmiandolo dalla morte.   Fu fatto prigioniero nel “Fronte Greco Albanese”. Edoardo Marcocci da militare faceva parte del 151 Guastatori della Divisione Perugia; per circa 3 anni di guerra ha passate di tutti i colori. Insomma, una esperienza che gli ha formato il carattere di duro deciso a tutto.  Il racconto di Edoardo è focoso ma interessante, ho cercato di memorizzare il più possibile delle sue storie e avventure di guerra. Mancava quasi un anno alla fine della guerra, quando gli si presentò un’occasione… LA FUGA DA DURAZZO. L’8 settembre 1943 era stato firmato l’armistizio e nostro nemico erano anche i tedeschi, prosegue Edoardo nel suo racconto, dovevo fuggire da quella maledetta guerra…Verso i primi giorni di settembre del 1944 Edoardo Marcocci trascorreva i migliori anni della sua gioventù in terra Albanese e precisamente presso Durazzo. Un bel giorno al porto di Durazzo con un mezzo di fortuna: su un piccolo battello clandestinamente si imbarcò per l’Italia, raggiungendo Brindisi. Arrivato a Brindisi, prese un treno per Pescara. Nei paraggi del piazzale della stazione c’era un grosso camion di un commerciante diretto a L’Aquila, strapieno di uomini, donne e bambini che non volevano far salire sul camion quel povero militare straccione mal messo pieno di pidocchi e cimice, ridotto anche male con un orecchio distrutto e un rene quasi bucato. Edoardo Marcocci ribellandosi, estrasse dalla tasca un coltellaccio gridando verso quei poveri passeggeri dettando ordini al camionista di farli scendere tutti e disse: “Anch’io devo tornare a casa, manco da tre anni a causa della guerra”. Salito sul camion ordinò al camionista di far risalire tutti i passeggeri e ripartì alla volta dell’Aquila. Arrivato nei pressi di Bazzano, Edoardo si diresse a piedi verso il quartiere “Il Colle” di Paganica dove incontrò il filettese “Giuseppe Facchinei” commerciante con la biga e una muletta, mentre faceva le compere alle cooperative di alimentari. Pensava di ritornare con la biga di Facchinei a Filetto, ma poiché il Facchinei passava da una cantina all’altra a bere e si tratteneva ancora a fare gli acquisti.  Edoardo si avviò a piedi verso la vecchia strada mulattiera per Filetto. A metà percorso incontrò la filettese Maria Cupillari che lo informò che a Filetto i tedeschi tre mesi prima avevano ammazzato il fratello Tito ed altri cittadini di Filetto e bruciando tutto il paese. Edoardo rimase addolorato a quelle brutte notizie e pensò di ritornare in guerra ma non ce la fece e proseguì per Filetto.  Il rientro a Filetto fu drammatico, trovando bruciato tutto il paese e il fratello morto. Il padre di Edoardo, Luigi Marcocci nato il 18 ottobre 1892 si ferì gravemente rimanendo invalido durante la fucilazione nazista del 7 giugno 1944 mentre correva per salvarsi la pelle. Edoardo tornato dalla guerra malaticcio fu curato dalla famiglia per diversi mesi. Nel 1945 finita la guerra, Edoardo Marcocci anche con il morale ancora basso cominciò a riprendere la vita normale all’età di 23 anni. Il pensiero che continuò ad assillare Edoardo era la morte del fratello Tito ucciso dai tedeschi. Dopo qualche anno cominciò ad indagare su come si erano svolte le cose. Qualcuno gli riferì che il fratello Tito tre giorni prima dell’esecuzione aveva bevuto con alcuni giovani di stampo fascista nelle cantine di Paganica. E pare che il giorno 7 giugno 44 di pomeriggio insieme ai tedeschi ci fossero gli stessi giovani che avevano bevuto insieme a Tito ad accompagnare i tedeschi a Filetto prima della strage. Ormai Edoardo aveva dimenticata quasi la guerra e il dolore della morte del fratello Tito e successivamente della morte della sorella Genovina nata il 5.5.1929.  “Genovina” giovane filettese di quattordici anni il 25 settembre 1943 assistette all’esecuzione di un soldato tedesco da parte di altri quattro commilitoni per divergenze di opinioni nella montagna di Filetto località (Piedi La Forca) . Il soldato tedesco venne caricato sul basto del mulo di Genovina che avrebbe dovuto riportarlo al cimitero di Filetto e questo la spaventò molto.  Inoltre molto spavento lo ebbe quando vide la testa del fratello Tito crivellata da proiettili sparati dai tedeschi durante l’eccidio di Filetto. La giovane donna si ammalò gravemente e morì nel 1947. Dopo gli anni 50 Edoardo Marcocci ormai aveva dimenticato gli orrori della guerra e il dolore della perdita del fratello e della giovane sorella. Il fratello maggiore di Edoardo: “Orlando Marcocci” emigrato in Australia nel 1950 fece l’atto di richiamo al fratello Edoardo per farlo emigrare in Australia, il padre Luigi avrebbe anticipato il viaggiò pagando 2000 lire, ma Edoardo rifiutò e volle rimanere a Filetto per sempre a fare l’allevatore e il contadino. Il 4 gennaio 1953 sposò la giovane filettese Maria Marcocci da cui ebbe tre figlie. Riprese con grande vigore ed entusiasmo l’attività di allevatore e agricoltore con impegno. Edoardo Marcocci trascorse serenamente la vita a Filetto, morirà all’età di 81 anni precisamente il 9.4.2003.

Concludo questo racconto di Edoardo Marcocci che è parte integrante di tante storie di guerra di uomini di donne del passato del nostro paese.

          Foto della collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli



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