Ci scrive un Assergese negli Stati Uniti...

Cari amici di "Assergi Racconta", ci scrive un assergese negli Stati Uniti (come lui si definisce), dalle sue parole traspare tanta emozione e affetto per il suo paese di origine, invitiamo questo nostro lettore ad inviarci qualche notizia sulle sue origini e pubblichiamo inegralmente la sua lettera:

"Un saluto a te Giampaoli Antonio e grazie per “Assergi Racconta” anno 2012 , Assergi “Le Nostre Mura.” Assergi, cosí ti rivedo. Dal posto della porta sotto l’orologio e dalla porta del colle ci si trova dinanzi ad una catena ondulata di monti che per gran parte dell’anno é coperta da nevi argentate.

Una funivia lí a Fonte Cerreto ne raggiunge le cime conducendo lissú persone ansiose di vivere e di scoprire le meraviglie dell’infinito. A sera ai miei tempi quando il sole tramontava lí a ponente sulle montagne di Aragno collo scendere della notte ci si accorgeva che quel paradisiaco panorama si cambiava e le nostre umili case cadevano in un silenzio tombale che rattristava e spronava le nostre menti a sognare ed andare a scoprire nuovi orizzonti con nuove culture e nuove genti.

Questo paese é Assergi, il mio paese natio che riposa alle falde di questa catena del Gran Sasso e sembra essere costruito per le fiabe, con viuzze vecchie ed affumicate che resistono duramente all’erosione del tempo; archi archetti strutturati con ua fantasia di bambini che lasciano rivivere nel guardarli tutte le gioie e pianti di chi ci é vissuto nei secoli dei secoli.

Lo circondano mura altissime a difesa dei venti e lo caratterizzano castello murato. Oggi peró, considerando ed ammirando le belle case sorte al di fuori delle mura (“dopo tanti secoli di attesa” piene di agi e di bene per una vita adeguata alle esigenze dell’era), il mio paese in sé dalla fase tombale di prima é caduto in una specie di abbandono stagionale, l’estate é ultra popolato nelle altre stagioni riposa in un sonno letargico e tornandoci ci si affonda in una specie di desolazione rivivendoci e rimpiangendoci il felice tempo di gioie vissute; immagini eterne dei nostri ricordi. C’era gente buona e laboriosa che faceva fiorire tutto attorno, oggi purtroppo c’é tanto silenzio e desolazione con nidi pieni di conforti moderni che al contrasto coll’ere passate (hanno porte serrate a difesa delle circostanze malefiche dell’era.) Ai nostri tempi mettevano la chiave sotto una pietra vicino alla porta.

Noi suoi figli residenti in terre lontane ritorniamo in cerca di tutto quanto é nei nostri ricordi, cose, persone, amici, parenti ma nulla c’é piú. Ci sono soltanto le mura che nel rivederci si prostrano come giganti per abbracciarci e dirci: Siate ben tornati, siete nostri figli, su riviviamo insieme il vostro sghignazzare nelle nostre viuzze, restate, fateci felici, godete ancora le bellezze dei nostri monti perché noi siamo sopravvissute a terremoti (il piú micidiale l’ultimo del 2009) a malattie epidemiche e sterminanti, ad assalti di ladri e ladroni, all’invasione Normanna, Francese, Austriaca, Spagnola, Tedesca, Americana e perdurando in questo silienzio tombale e desolante difendendoci dall’erosione del tempo, vivremo eternamente per voi e per tutte le vostre generazione future.

Sono un’Assergese negli Stati Uniti, una devota figlia di queste mura dove spero che i gigli continuino a fiorirci eternamente per i bambini di Assergi come ai nostri tempi. Un reverentissimo abbraccio alle nostre mura, grazie a te per la tua opera, sei un soffio di ossigeno in piú per chi é all’estero e fuori d’Assergi. Grazie ancora".

EVS



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07-02-2012 - Bellissima lettera che ho il piacere di commentare e della cui pubblicazione, che ne ha permesso una fruibilità universale, mi congratulo. Nelle parole di questa breve epistola, è facile ritrovarsi, almeno per chi abita lontano e vede i propri luoghi natii cambiare negli anni lentamente, ma in modo inesorabile. Sembrano alberi che perdono le foglie durante l'autunno, i nostri paesi, con quelle case ormai così vecchie e vuote. Ed ogni anno che passa una foglia cede, si stacca, dondola nell'aria e tremolando si accascia sul manto dei ricordi passati. Ma per loro la primavera non verrà...La coltre di neve che oggi li copre è metafora triste del loro destino e del congelamento che li rende sempre più deserti e silenziosi... Esiste una soluzione a questo lento decadimento?Non lo so: forse il turismo, quello vero, quello vicino alle identità dei luoghi visitati, quello che incita a non abbandonare le tradizioni. Sì, forse questa soluzione potrebbe funzionare: almeno è una speranza! Grazie e a presto! Gianluca Barone Abruzzo Up n' Down

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