IL SOGNO D’UNA BIBLIOTECA AD ASSERGI - di Fernando Acitelli -

IL SOGNO D’UNA BIBLIOTECA

AD ASSERGI

- di Fernando Acitelli -

 

Al civico 47 della Piazzetta del Forno sarebbe un evento meraviglioso allestire una Biblioteca. Lì da bambino vedevo rincasare la comare Sarina Rapiti (Sarinella affettuosamente) e si trattava d’una cucina che era come uno scrigno, qualcosa di prezioso dunque e se quell’ambiente poteva considerarsi una preziosità, lo stesso si sarebbe potuto dire per chi ospitava, ovvero la sempre sorridente Sarina. E se quella era una cucina, sopra di essa c’era una bella camera, distinta con il civico 49, dove avevano dormito in tempi remoti zio Beniamino e zia Carolina. La scala esterna era un ricamo come pure la finestra che s’apriva lungo di essa e che dava luce alla cucina. Quante persone ha ospitato nel tempo quella scala! Quanti discorsi avrà sentito! Dunque due ambienti adatti ad ospitare una Biblioteca nel cuore del paese, luogo interdetto alle macchine e devoto al silenzio e alla riflessione. Era una casa di mia cugina Francesca, la figlia di zia Brigida di Paganica e di Alfredo Bernardi, ed io contavo su quella vicinanza d’affetti per poterla acquisire ma non con la brama di possesso che non m’appartiene quanto per affrescare di purezza Assergi. E questo, appunto, con una Biblioteca. Ora che Francesca non c’è più, probabilmente sarà della sorella, Raffaella, ma ormai è un discorso di lontananze e dunque rimane il sogno con tutte le sue implicazioni.

Pavimento da lucidare, pareti da rinfrescare, camino che rimarrebbe al suo posto ma inattivo e soltanto per il necessario sapore d’epoca, e poi un altro sogno d’allestire: rintracciare i passi serali della comare Sarina che lì si rifugiava dopo il tramonto. Ancora la rivedo rientrare e, voltandosi verso di me, salutarmi: «Comparù, bonasera!». Non vorrei sbagliarmi ma mi sembra di ricordare che mia nonna Maria l’avesse tenuta a battesimo e così lei quando vedeva mia nonna erano continui moti d’affetto.

Una Biblioteca dove si potrebbe trovare di tutto, dai romanzi ai saggi filosofici, dalla Religione al Teatro, dalla Storia alla Poesia, dall’Architettura alla Pittura. A proposito della Pittura: con i libri a partire dalle prime manifestazioni artistiche con i graffiti nelle grotte spagnole di Altamira e poi da Giotto a Michelangelo, da Caravaggio a Tiepolo, da Picasso a Rotko fino a Jean Micheal Basquiat e Keith Haring. E poi, naturalmente, le monografie per i singoli pittori. Tutto questo per avvicinarsi sempre più all’avventura umana o, per dirla con Balzac, alla Commedia Umana. Avvertire un tepore nel profondo, un sentimento di bene per i tentativi romantici, gli slanci d’assoluto, i rimandi celesti, le constatazioni ultime.

Due piccoli tavoli in quella cucina, recuperati nella casa di qualche notabile de L’Aquila, un notaro, forse, dalle parti di Palazzo Camponeschi e via Accursio dove mi pare resistano quei cortili con colonnato e pozzo centrale e poi un’atmosfera di testamenti, di rotoli e pergamene e timbri a ceralacca. Per non parlare d’uno scricchiolante notaro con il sigaro a pendere dalle labbra e sempre lucido di mente. Quei tavoli recuperati sarebbero poi rimessi in sesto dall’eccellente ebanista Elio che durante il suo lavoro guarnirebbe il tempo con descrizioni e tuffi a capofitto nel passato. Poi, in quell’ambiente della Biblioteca, delle lampade a luce attenuata e tutte le pareti rivestite di scaffali. Naturalmente tali scene si ripeterebbero anche nella stanza di sopra e anche lì tanti libri da leggere in loco o da prendere in prestito. Una casa salvata, dunque, un luogo dove si creerebbe pensiero e forse si modellerebbero le spigolosità di ognuno.

Avvertire un inesprimibile silenzio lì dentro, fin dal primo passo. La constatazione del carattere sacro dei libri che nulla chiedono e tanto donano. Il bello potrebbe essere anche rifugiarsi lì dentro mentre fuori impazza una solenne nevicata, e allora con addosso delle coperte continuare in una estenuante ma piacevole lettura con i passi lievi di qualcuno fuori, da avvistare dalla sopraelevata finestrella. Tossire per farsi coraggio ma in verità si sta benone. Qualche lucetta dalla casa di Giuseppina Napoleone, ovvero Ciu Ciu, e poi avvistare sempre in alto, accanto alla casa di Peppe e Filomena, la maestrina de gli Cascere che, come ai suoi tempi, scende piano piano e con le braccia larghe come una farfalla. Sognare un transito di Cesare Massimi con Teresa a fianco ed Antonio a dettare i tempi della saggezza. Loro sì abituati alla neve e alle schiaravente. E l’idea, nel profondo, che i morti siano ancora tra noi.

Naturalmente fuori di quella stanza distinta con il civico 47, sulla sinistra e sotto le scale per non intaccare la cornice di marmo, ci sarebbe un riquadro di porcellana e la Biblioteca sarebbe giusto forse da intitolare a Sarina, se non altro perché lei fu a lungo in quel luogo.

La verità è che nei libri si cercano le persone che non ci sono più e lodevoli sono i nostri tentativi d’incontrare qualcuno che assomigli (anche un poco) ai nostri cari. Nei libri i personaggi sono descritti fisicamente e anche spiritualmente e, addirittura, parlano.

 



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