LA NOSTRA STORIA, LA FALCIATURA NEL 900 A PIANO DI FUGNO DI FILETTO (AQ)

- di Giovanni Altobelli -

 

 

La falciatura nella “Piana di Fugno” di Filetto dell’Aquila nel 900 era considerata una vera festa paesana. Ogni anno, durante la prima decade del mese di giugno in paese, veniva fatto il bando per la riunione serale in piazza della chiesa con tutti i capi famiglia, per discutere e stabilire il piano organizzativo della falciatura. Una volta fissato il giorno della falciatura, ognuno si preparava i vari attrezzi necessari per il lavoro: (falci, martelli particolari, piccole incudini  per ribattute le falci, ferro di sostegno, rastrelli, forche , lenzuola, funi, basti, pietre di paragone “per dare la lama alle falci”, acquario “arnese di corno di bue per infilare la pietra di paragone o coda in dialetto filettese,” piccoli legni appuntiti per conficcare nel manto erboso per legare: “asini, muli e cavalli). I proprietari che all’epoca possedevano molti prati da falciare, dovevano richiedere la manodopera ai paesi limitrofi: “Assergi-Camarda-Pescomaggiore”. Il primo giorno di falciatura, quando si doveva salire in montagna il paese si preparava alla “festa contadina”. Gli uomini si alzavano presto la mattina  per recarsi con i somari e muli tutti insieme verso la montagna nella Piana di Fugno. La Piana  diventava una vera distesa umana di falciatori e centinaia di animali da soma che emettevano continue ragliate. Verso le nove di buona mattina i falciatori facevano una piccola colazione. Alle ore 10 dall’alto della montagna, scendeva il vaccaro con centinaia e centinaia di mucche  per il consueto abbeveraggio mattutino. Alcuni proprietari delle mucche, si recavano vicino il lago per riconoscere i proprii animali, portandogli un po’ di sale…Successivamente il branco di animali si avviava verso il “mandrone”, (antico recinto in pietrame dove stazzavano le mucche durante la notte e le  ore dal tardo mattino al pomeriggio). Il mandrone era distante 400 metri dal lago verso nord. Alle prime ore di pomeriggio le mucche facevano una seconda abbeverata al lago per poi ripartire per gli alti pascoli a trovare erba sempre più fresca. Verso mezzogiorno o dopo…,  le donne dal paese arrivavano  con il canestro sul capo a portare il pranzo ai  falciatori, portando con se anche i bambini gioiosi alla vista di quella immensa prateria con tanta di quella gente occupata nel lavoro del fieno. In passato a Filetto le bestie da soma erano tante: (asini, muli, cavalli), venivano legati vicino le loro proprietà con dei legni appuntiti conficcati nel manto erboso. I falciatori che prestavano la mano d’opera degli altri paesi, a volte rimanevano a dormire a Filetto.  Mentre la falciatura durava appena due o tre giorni, rimanevano alcuni ritardatari come: (Levantino Ciampa, Ianni Vittorio detto “upoaru”  e Don Amilcare Palumbo possidente filettese). Ho sentito raccontare inoltre dai vecchi del paese che fra gli anni 20/40, il possidente filettese Antonio Palumbo, aveva una squadra di giovani falciatori, “circa dieci” dei paesi vicini: (Assergi, Camarda e qualcuno di Filetto) per un paio di giorni per la falciatura. I falciatori di Antonio Palumbo con poco tempo falciavano una coppa di prato, (equivalente a 625 mq.). Ogni sera Palumbo essendo un benestante, estraeva dai pantaloni il portafoglio pagando in moneta ogni falciatore.  Una volta effettuata la falciatura il fieno veniva essiccato e rivoltato con le apposite forche.  Quando era tutto pronto e la falciatura stava alla fine, si preparavano le lenzuola per riportare il fieno in paese con le bestie da soma nei vari pagliai. Si formavano dell’intere carovane di bestie che scendevano a valle cariche di fieno. Tale lavoro veniva assegnato a giovani ragazzi che con un giorno appena potevano effettuare quattro viaggi.  Nei primi giorni della falciatura, verso sera, “i falciatori” stanchi del lavoro si riunivano in gruppi per cantare canzoni paesane, scolando interi fiaschi di vino delle antiche vigne nostrane.  Al tramonto, nella piana quando scompariva il sole, le donne si avviavano per scendere a valle in paese per preparare la cena ai falciatori. Qualche falciatore, essendo già caldo ed entrata l’estate rimanevano la notte a dormire in mezzo ai mucchi di fieno o in qualche tenda. In quel periodo storico, quando il progresso e il benessere non era ancora arrivato e serpeggiava ancora una certa “miseria”, la gente del paese reciprocamente si rispettava gli uni con gli altri con tanta stima, soprattutto con  le persone più anziane.   Ora, dopo mezzo secolo, le cose sono cambiate: prevalgono gli egoismi, l’ignoranza e il benessere sfrenato ha cambiato l’intera società.  Fino a qualche anno fa ancora c’erano diversi allevatori che falciavano ancora con moderni mezzi meccanici, ora ne sono rimasti ben pochi. La piana, ora invece è rimasta quasi tutta abbandonata. L’antica prateria sostentamento vitale del passato dei nostri avi, ora tralasciata a se stessa, danneggiata dalle scorribande dei cinghiali e dalle fuoriuscite delle talpe. Questi sono solo racconti e storie del passato di un tempo che fù…Ora scomparso.

Foto della collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli.
(I falciatori nella Piana di Fugno dell’ antica famiglia “ Facchinei” di Filetto  – Il bestiame durante l’abbeveraggio nel lago) anno 1966 (primi di luglio)

 



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