VITA DEI PASTORI DEL PASSATO

- di Giovanni Altobelli -

 

 

(Premessa). La pastorizia è un antico mestiere, da sempre è stata la maggiore risorsa e sostentamento per la sopravvivenza umana. Il mio paese, Filetto dell’Aquila, situato alle falde del Gran Sasso, da secoli ha avuto un fiorente sviluppo della pastorizia.

Ripercorrendo dal 1910 quando in paese c'erano 20.000 pecore delle quali 5.000 erano dell'Azienda Pastorale dei F.lli Antonio e Giuseppe Palumbo, 10.000 pecore di proprietà del barone Berlingeri, ma amministrate dai Palumbo, mentre la rimanenza di 5.000 erano dei piccoli allevatori, dei quali ognuno ne possedeva 40, 50,  o 100 per ogni allevatore a seconda delle proprie possibilità.  Cerco di raccontare la vita dei pastori del 900 con un’inedita documentazione fotografica. Ripercorrendo dal 1920 quando in paese c’erano circa 25.000 pecore delle quali 20.000 erano dell’Azienda Pastorale dei F.lli Antonio e Giuseppe Palumbo, mentre la rimanenza di 5.000, erano dei piccoli allevatori, dei quali ognuno ne possedeva “40 o 50 o 100” a testa a secondo delle proprie possibilità. Nel 1940 gli allevatori di Filetto avevano costituito circa 10 “morre”, ogni morra come venivano chiamate in Abruzzo era formata da più allevatori organizzati fra di loro. Le principali “morre di Filetto” in quel periodo storico furono così chiamate: I Francischella, I Marcocci di Luigi e Demetrio, Gli Ianni, I Ciampa, La Partita, I Facchinei, I Mazzamoregli, quelli più scadenti, ed altri. Mentre l’azienda dei Palumbo era abbastanza organizzata, con tanti pastori, butteri e personale vario, faceva la transumanza nel tavoliere delle Puglie fino al 1939, i Palumbo favoriti dal governo dell’epoca fino a quel periodo ebbero delle dispute con gli allevatori di Filetto perché non volevano che essi oltrepassassero la montagna del Combustone prima della Piana di Fugno.  Dall’anno 1950 fino al 1966, alcuni allevatori di Filetto cominciarono a portare al pascolo nel periodo invernale il loro gregge nelle campagne romane, fra i quali: (Valentino Ciampa, Vittorio Ianni, Dario Facchinei, I F.lli Marcocci) si organizzarono alla meglio e fecero il loro dovere per tirare avanti. Gli altri che rimanevano in paese a partire dalle lunghe invernate quando scendeva la neve e le condizioni atmosferiche erano sfavorevoli, le pecore venivano ricoverate nelle stalle o nelle lunghe grotte scavate sotto le case del paese.  I proprietari portavano foraggi e acqua, aspettando che finisse l’inverno. Con la buona stagione le pecore venivano portate nella montagna di bassa quota e la notte venivano ricoverate nelle grotte scavate nell’800 nelle seguenti località: (Le Cocce, S. Crisante, Rola, Piedi Ruzza e Piedi la Forca). Prima della tosatura nel mese di maggio le pecore venivano portate al “bagnatoio di Fonte Bella” dove veniva lavato il vello. Durante il periodo di Pasqua venivano ammazzati “gli abbacchi” e venduti alle locali macellerie.  Una volta tolti gli agnelli iniziava la mungitura e veniva ricavato il formaggio e la ricotta.  Durante la seconda guerra mondiale nel 1943 gli allevatori di Filetto, ebbero dagli eredi dei marchesi Dragonetti De Torres in affitto un pezzo della montagna di Campo Imperatore di 470 ettari nella parte bassa verso l’albergo denominata “Schioppatore, Conca D’oro, Fontari fino alla salita della Scindarella”.  Gli allevatori di Filetto, i primi anni ristrutturarono gli antichi stazzi in pietra e sassi per l’utilizzo abitativo. Secondo i racconti dei vecchi del paese, la montagna di Campo Imperatore già nel 500 era stata posseduta e pascolata dagli abitanti di Filetto, dove costruirono una serie di stazzi in pietra e sassi. Sotto la dominazione spagnola, la montagna essendo un immenso serbatoio di erba scatenò delle lotte intestine per il possesso di essa che venne usurpata alle frazioni più deboli che la possedevano ed assegnata dal Vicerè di Napoli ai Signorotti e potenti dell’epoca. Alla fine degli anni 60 gli allevatori costruirono una serie di casette in cemento, essi per raggiungere Filetto gli stazzi in montagna ci mettevano quattro ore di viaggio con asini o muli.  Ogni tanto i pastori si davano il cambio, riportavano con le apposite cassette di legno formaggio e ricotte in paese. Intorno all’anno 1966/67 la Società Campo Imperatore e Monte Cristo voleva annettersi il lotto assegnato a Filetto. Alcuni allevatori di Filetto: (Valentino Ciampa, Dario Facchinei, Alfredo Marcocci e Livio Cupillari) promossero una causa contro il rappresentante delle Società Vittorio Rimondi. La sentenza del Tribunale dell’Aquila Sezione Agraria n° 102/70 in data 4/3/1970 dette ragione agli allevatori di Filetto che avevano mantenuto e migliorata la montagna. Continuarono a pascolare fino al 2000 quando detta montagna fu venduta al Comune. Gli allevatori di Filetto nel passato hanno fatto la storia sia a Campo Imperatore che alla montagna di Filetto. Durante l’autunno le pecore venivano stanziate alla Piana di Fugno con le reti e le varie tende tipo militare dove dormivano i pastori durante la notte, essi spesso erano anche armati con fucili per difendere il loro bestiame e la mandria era circondata da innumerevoli cani pastori per la guardia. Verso sera prima del tramonto un componente della famiglia del pastore portava la cena e il pasto per il giorno dopo.

(Conclusioni) La storia dei pastori di Filetto nell’ 800/ 900 è stata bellissima, ha sfamato molte famiglie povere, i pastori del passato hanno mantenuto la montagna, costruito stazzi e casette, poi con la modernità e il benessere le nuove amministrazioni hanno rovinato per sempre il territorio ambientale. Oggi ne sono rimasti pochi di allevatori, sono solo 800 le pecore. Le stagioni sono cambiate, le continue desertificazioni, le montagne non hanno più le abbondanti nevicate di una volta, le fontane sono quasi tutte secche, i pastori stanno quasi scomparendo. Qui finisce una storia di un tempo che fu. 
                   Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli.

 



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