Terremoto: i tempi si allungano

Dopo tre mesi dal terremoto che ha cambiato per sempre il volto della città dell'Aquila e dei paesi circostanti, la terra continua a tremare. Numerose scosse sono state registrate nella notte anche se di bassa magnitudo. Potrebbe durare un anno lo sciame sismico che segue l'evento principale del sei aprile. Dopo la scossa di domenica di magnitudo 4, che ha rigettato nel terrore gli aquilani che erano rientrati nelle case e che sono tornati a dormire in macchina , ieri altri movimenti tellurici sono stati registrati in una zona compresa in raggio di circa 40 chilometri. Ad essere provati non sono solo coloro che sono tornati a casa, con la paura di un nuovo evento di portata catastrofica, ma anche chi si trova ancora in tenda o in altre località dell'Abruzzo. Persone che vorrebbero tornare a casa e riprendere al più presto una parvenza di normalità, anche se dopo quello che è successo il sei aprile, nella scala individuale dei valori e dei bisogni molte cose sono cambiate. Secondo gli esperti bisognerà attendere ancora a lungo. «Dopo tre mesi - dice Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - è ancora elevato il tasso di sismicità. Questo - aggiunge - non è tuttavia un indizio di qualcosa che sta per ricominciare». Nella giornata di domenica dopo la scossa di magnitudo 4 sono stati rilevati altri 120 movimenti sismici. Anche questo aspetto si inquadra nella normale attività prodotta da un evento sismico di una certa portata. Ma quanto bisognerà aspettare perché le scosse cessino? «Tutto dipende dalla magnitudo. Se continua a a scendere - dice ancora il direttore del Centro Terremoti dell'Ingv - nell'arco di di qualche mese la sequenza potrebbe esaurirsi. Se si verifica però un evento più forte si allungano i tempi. È vero che dal 6 aprile le scosse si sono ridotte di intensità e che da migliaia sono ormai alcune decine. Tuttavia è possibile che in questa progressiva riduzione dell'intensità e del numero di terremoti possano avvenire delle scosse più violente, come è accaduto il 22 giugno scorso, quando un terremoto di magnitudo 4,5 è stato immediatamente seguito da repliche di magnitudo piuttosto elevata (3.8, 3.5 e 3.1)». L'attivazione della nuova sequenza sismica nella zona dei monti reatini potrebbe essere proprio una conseguenza dell'evento catastrofico del 6 aprile. «Il grande disequilibrio che produce un terremoto di forte intensità - spiega Selvaggi - interessa anche le aree adiacenti. Lo sforzo si accumula su nuove faglie, liberando energia sismica». Prevedere i terremoti è impossibile, ma l'esperienza insegna che anche escluderli è un errore. Per questo, è fondamentale la lungimiranza. «È nostro preciso compito - conclude Selvaggi - educare alla consapevolezza. L'Italia è una zona sismica. La consapevolezza è quella che fa aumentare la sicurezza».



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