Morto in montagna, la verità nelle telefonate

(Da Il Centro) - Tutti conoscono una canzone nota come «Il Signore delle cime». Una delle prime strofe è «Signore, un nostro amico hai chiesto alla montagna». Domenica pomeriggio il Gran Sasso si è preso Massimiliano Giusti tradito forse dal suo grande amore per le alte vette.
 Quando la morte appare assurda e ingiusta ci si interroga per ore, giorni, mesi, anni. Spesso le risposte non arrivano e il vuoto viene colmato solo con il dolore. Massimiliano lascia una moglie a cui era legatissimo e una figlia di pochi anni che era il sole della sua esistenza.
 Ed è stata proprio la moglie, domenica pomeriggio, intorno alle 14 a raccogliere l’ultimo grido di aiuto di quell’uomo abituato ad affrontare discese pericolose sulla neve ma che all’improvviso si è trovato al centro della tempesta di neve e con un vento a oltre 130 chilometri l’ora. I funerali di Massimiliano Giusti potrebbero esserci domani a San Pio X al Torrione. Il ritardo probabilmente si deve al fatto che i carabinieri della stazione di Assergi hanno deciso di non trascurare nessun aspetto di quanto accaduto durante l’ascesa al monte Corno di Giusti e del suo compagno di escursione Paolo Scimia che è riuscito a salvarsi raggiungendo il rifugio Garibaldi.
 Gli investigatori si stanno concentrando sulle telefonate fatte dai due quando la situazione si era fatta problematica. Da quanto è stato possibile ricostruire una prima telefonata giunge al 118 fra le 13,30 e le 14. A chiamare è Paolo Scimia che dice di essere in difficoltà e chiede i soccorsi. Poco dopo arriva anche la telefonata di Giusti. Gli operatori del 118 capiscono che la sua condizione è difficile e gli consigliano di non muoversi dal posto in cui si trova e magari scavare una buca nella neve. Poi Massimiliano chiama la moglie. Il loro colloquio è breve e concitato. L’impressione è che l’escursionista che ha sempre avuto sangue freddo abbia perso il controllo dei nervi. Quella situazione tanto inattesa quanto drammatica lo getta nel panico. Non c’è visibilità, il vento spezza i muscoli, orientarsi è impossibile. Anche la moglie consiglia a Giusti di non muoversi e di attendere i soccorsi. Lui replica bruscamente, ha perso il contatto con il suo compagno di avventura e pensa che restare fermo significherebbe morte certa. Allora si sposta ma va nella direzione sbagliata e trova quel canalone dove la sua vita si fermerà. Alle 16 il suo cellulare già non risponde più.
 I carabinieri vogliono capire se tra Giusti e Scimia ci siano stati contatti telefonici e che cosa si sono detti. Ci sono i tabulati certo ma il contenuto degli eventuali colloqui può rivelarli sono l’escursionista che si è salvato. Le carte come sempre faranno il loro corso. Ora c’è solo la rabbia, di chi resta, per una morte di un uomo con tanta voglia di vivere tradito dalla montagna che amava.
 



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