FERNANDO FERRONI: IN ITALIA ABBIAMO I FISICI PIÙ BRAVI E LI LASCIAMO FUGGIRE ALL'ESTERO

Non c’è ricchezza senza conoscenza. Non c’è sviluppo senza innovazione. E dunque la ricerca scientifica è la base del progresso di ogni civiltà. E della ricerca hanno fatto il loro pane quotidiano schiere di fisici in tutto il mondo. Ai loro studi si deve la scoperta di molte tecnologie: i televisori al plasma, i computer, i lettori di musica portatile, le carte magnetiche sono solo alcuni prodotti di uso quotidiano che esistono grazie alla ricerca dei fisici.
Lo studio sui cosiddetti orologi atomici, sulle proprietà degli atomi, ha contribuito non poco a mettere a punto strumenti come il «GPS», la rete di satelliti che permette di sapere in qualsiasi momento dove si trovano una persona, un veicolo, una nave. E una delle applicazioni più familiari di questo sistema è il navigatore che si può installare su qualsiasi automobile. Non solo, la Fisica salva vite umane. Grazie agli studiosi di questa scienza è stato possibile realizzare molte macchine che oggi vengono normalmente usate in medicina come la Tomografia assiale computerizzata, meglio nota come la Tac, e la Risonanza magnetica nucleare. Sono questi alcuni semplici esempi di quanto la Fisica contribuisca a rendere più facile la vita, e quale potentissima risorsa rappresenti per un Paese poter contare su strutture di ricerca all’avanguardia per migliorare il benessere dei propri cittadini e assicurare un durevole sviluppo economico.
In Italia esiste dal 1951 l’Istituto nazionale di Fisica nucleare, l’INFN, nel quale opera la comunità scientifica più numerosa del Paese: 5 mila persone. Vi sono 1.200 studiosi stranieri che usano per la loro ricerca le strutture dei quattro laboratori nazionali dell’INFN che si trovano in Abruzzo sotto il Gran Sasso, nel Lazio a Frascati, nel Veneto a Legnaro, e in Sicilia a Catania.
Presidente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare dall’ottobre dello scorso anno è Fernando Ferroni: nato a Roma, dal 2000 è ordinario nella Sapienza, università romana in cui si è laureato in Fisica nel 1975. Si è da sempre occupato di aspetti sperimentali della fisica delle particelle elementari. Ha lavorato per il Cern di Ginevra, dapprima negli esperimenti sui neutrini fino agli anni 80, poi in quelli del Lep, Large Electron Positron, uno dei più grandi acceleratori di particelle mai costruito, restato attivo fino al 2000. Era un anello circolare di 27 chilometri di circonferenza, posto in un tunnel sotterraneo. È stato sostituito con l’LHC, Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle più grande e potente finora realizzato nel mondo.
Ferroni è stato, tra l’altro, uno dei protagonisti dell’esperimento «Cuore» nei Laboratori nazionali del Gran Sasso, una ricerca che punta a verificare l’esistenza delle particelle previste dal grande fisico italiano Ettore Majorana. È autore di alcune centinaia di articoli su riviste scientifiche e ha partecipato a numerosi comitati internazionali nell’ambito della Fisica delle Alte Energie.
Domanda. Qual’è la situazione della ricerca in Italia? È ancora grave come nel passato la fuga di cervelli all’estero?
Risposta. Sì, c’è ed è ancora molto grave perché i nostri giovani vedono poche opportunità in Italia, ma soprattutto non vedono un cammino lineare. Se il Paese riuscisse ad organizzare il proprio futuro in modo chiaro, se indicasse la disponibilità di posti effettivi, gli aspiranti potrebbero di fatto competere per ottenere incarichi sicuri; ma ciò non accade. Non sappiamo quanti saranno quest’anno i posti disponibili, e si va avanti così, come in un terno a lotto: affidare il proprio futuro a una lotteria non mi sembra la scelta migliore. Da questo deriva la fuga dei cervelli.
D. Può quantificare l’entità del fenomeno?
R. Perdiamo circa il 50 per cento delle persone, le stesse che in altri Paesi avrebbero un posto nelle accademie o nella ricerca. Vi sono nostri ricercatori emigrati che hanno contribuito a nuove scoperte, con chiari vantaggi per i Paesi che li ospitano. Per ognuno di questi studiosi che se ne va, regaliamo a Paesi come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, la Svizzera ed anche alla Spagna, quanto abbiamo pagato di tasse per il loro intero iter scolastico, senza ricavarne alcun beneficio. In ogni università europea c’è una personalità italiana che ha un posto di vertice, così come in centri di ricerca stranieri. E questi nostri connazionali attirano a loro volta altri italiani, giovani promettenti. Insomma, facciamo beneficenza a tutti.
D. A quali progetti sta lavorando l’Istituto in questo periodo?
R. Stiamo operando su molti fronti. Intanto sull’esperimento LHC, nel quale è in corso la sfida decisiva: l’individuazione del bosone di Higgs, soprannominato la particella di Dio, l’ultimo «mattone» che forma la materia ancora da scoprire. Noi italiani siamo in prima fila, al Cern abbiamo tutti i capofila dei diversi esperimenti, c’è un riconoscimento straordinario della nostra capacità scientifica.
D. Quali altri studi avete in corso?
R. Il nostro fulcro in Italia sono i Laboratori nazionali del Gran Sasso che attirano ricercatori da tutto il mondo. Ovviamente percepiscono gli stipendi pagati dagli Stati di origine, i nostri sono molto più bassi. Poi stiamo realizzando, nell’area di Tor Vergata vicino Roma, il SuperB, che dovrebbe vederci primeggiare nel mondo alla fine di questo decennio. Il SuperB è un superacceleratore di particelle che servirà ad approfondire la conoscenza dei meccanismi che hanno prodotto la scomparsa dell’antimateria a seguito del Big Bang e all’analisi delle forze che tengono uniti i componenti fondamentali della materia.
D. Qual’è la situazione dei quattro laboratori che dipendono da voi? Hanno problemi?
R. Incontriamo difficoltà nel rimpiazzare il personale che man mano invecchia. Non possiamo sostituirlo tutto perché c’è un limite del 20 per cento sul rimpiazzo del turn over. Per ogni cinque persone che vanno via possiamo riassumerne una. Mi sembra una disposizione paradossale. Se le norme non cambieranno, prima o poi chiuderemo tutto.
D. Con il nuovo Governo dei tecnici si sono aperti spiragli di cambiamento?
R. Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo mostra buona volontà e pronuncia parole di grande saggezza, ma vorrei vedere i fatti. In politica esiste purtroppo sempre un certo distacco tra le promesse e le azioni concrete.
D. Può descrivere i quattro laboratori?
R. Quelli situati sotto il Gran Sasso sono i più belli del mondo per la fisica sotterranea. Un vero gioiello. Poi c’è il Centro di Frascati che ha il proprio futuro nella costruzione del SuperB insieme all’Università di Tor Vergata che non è lontana. Per quanto riguarda Legnaro nel Veneto, è in costruzione un acceleratore destinato alla produzione di ioni radioattivi per scopi medici; sarà operativo tra due anni e darà nuova vita al laboratorio che ha anche un altro compito rilevante. Costruisce macchine per il progetto Iter, la fusione nucleare che si fa a Cadarache, nel sud della Francia. A Catania c’è una macchina, per la cura dei melanomi dell’occhio, che è un nostro vanto, inoltre c’è un grande progetto per un telescopio sottomarino di fronte a Capo Passero.
D. A che cosa servirà?
R. A rilevare neutrini ad altissima energia che vengono dall’universo. Ci darebbe, in sintesi, delle informazioni sulla struttura del cosmo nella sua formazione.
D. Quali risultati delle vostre ricerche sono stati trasferiti nei campi della medicina, dell’ambiente e dei beni culturali?
R. Sulla medicina ho ricordato l’acceleratore di Catania per la cura dei tumori dell’occhio. Abbiamo poi partecipato alla realizzazione del Centro nazionale di adroterapia a Pavia. Si tratta di un acceleratore di particelle, un sincrotrone, che è già stato inaugurato e presto entrerà in funzione. Servirà a curare i tumori interni: un fascio di ioni viene irradiato sulla parte malata senza intervento chirurgico e senza danneggiare i tessuti sani. In medicina realizziamo molti altri oggetti, ma questo è il più significativo.
D. E per i beni culturali cosa fate?
R. Abbiamo una struttura straordinaria a Firenze, un laboratorio, il Labec, nel quale possiamo compiere analisi e datazioni, e veder se sotto un quadro vi sono altre immagini. Abbiamo esaminato ad esempio il papiro attribuito al geografo Artemidoro di Efeso, che si fa risalire al primo secolo dopo Cristo.
D. Per l’ambiente invece quali interventi effettuate?
R. Abbiamo svolto e svolgiamo test realizzando mappe sulla radioattività ambientale. Abbiamo un accordo con la Regione Toscana e speriamo di estenderlo a tutta Italia. Siamo in grado di produrre una mappa generale sulla radioattività che nessuno ha mai fatto. Noi possiamo essere all’avanguardia in ogni attività e settore, ma occorrono persone e denari.
D. Quanto rende la vostra attività in termini economici?
R. Gli studi macroeconomici che ha compiuto anche il Cern dicono che per ogni euro speso in ricerca ne tornano tre in applicazioni nei diversi settori, industria compresa. L’Italia è agli ultimi posti nel mondo per i fondi destinati alla ricerca: secondo dati recenti essi rappresentano solo l’1,3 per cento del prodotto interno. L’Istituto ha in bilancio una disponibilità di 250 milioni di euro, ai quali si aggiungono altri finanziamenti per particolari lavori che ci vengono richiesti. Inutile chiedere se sono sufficienti, la risposta sarebbe paradossale: manca il personale e se non abbiamo abbastanza collaboratori, come li spendiamo i fondi disponibili?
D. Quali sono le migliori università italiane dalle quali prendete i vostri ricercatori?
R. Per le nostre scelte sono avvantaggiate le grandi università di Torino, Padova, Milano, Roma, Napoli, Pisa, Bari. La spiegazione è semplice: i grandi atenei, a differenza dei piccoli, offrono un maggior numero di laureati tra cui trovare le eccellenze in Fisica nucleare.
D. Quali saranno i nuovi campi in cui indirizzerete le vostre ricerche?
R. Noi vogliamo lavorare, scoprire la materia oscura sia con l’LHC, sia nei laboratori del Gran Sasso. Vogliamo studiare la materia e l’antimateria con l’acceleratore SuperB, desideriamo trovare soluzioni innovative nei campi della medicina, dei beni culturali e dell’ambiente. Ripeto, però, che occorrono persone e risorse finanziarie. Ma le prime costituiscono il vero problema, perché, se occorre, i finanziamenti li cerco io stesso. Ma se devo prima sopravvivere, non posso pensare a crescere. Quaranta persone, rappresentanti un costo di circa due milioni di euro, se ne vanno ogni anno. Possiamo reimpiegare in assunzioni solo il 20 per cento di questa somma, 400 mila euro, con i quali assumere otto persone tra ricercatori e altre figure professionali. Restano un milione e 600 mila euro; come li spendo se non ho la gente da far lavorare?
D. Chi vi impone questi sacrifici?
R. La legge finanziaria del 2010. Prima potevamo sostituire tutto il personale che andava in pensione. Ora non più. La Finanziaria si applica a tutto il settore del pubblico impiego, non viene compiuta alcuna distinzione tra un’Asl, un Ministero e un Istituto come il nostro. È assurdo. Pensavamo di essere una risorsa per il Paese, non un problema, un ostacolo.



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