ESCURSIONI DI MEDIA E BASSA QUOTA - Monte Archetto e Convento di Santa Maria del Monte

ESCURSIONI DI MEDIA E BASSA QUOTA

“Monte Archetto e Convento di Santa Maria del Monte”

Montagna di Campo Imperatore  

- di Giovanni Altobelli - 

Premessa.  Siamo nell’autunno 2022 fine di ottobre, sembra esserci ancora una seconda estate come fosse il mese di agosto, nelle montagne del Gran Sasso mentre gli escursionisti arrampicatori esperti ancora frequentano le varie cime.  Io insieme alla mia amica mattacchiona “Cristina Bravi” maestra artigiana detta “Le Mani d’oro del tombolo aquilano” ogni tanto quando c’è tempo facciamo le nostre camminate di media e bassa quota in questo periodo, poiché condividiamo la comune passione per la montagna e per la fotografia.  In questo fine ottobre col bel tempo abbiamo deciso di fare l’escursione su (Monte Archetto a m. 1809 e l’omonimo Rifugio Montano proseguendo nella Valle dei Monaci fino ad arrivare ai ruderi del Convento di Santa Maria del Monte e a m: 1573 e Lago di Passaneta a m 1571). Con la mia semplicità cerco di raccontare l’escursione inserendo anche alcuni cenni storici delle due località.  

 

Racconto. Sono le otto e trenta di mattina, al curvone della S.Pr. 17 Bis della “Fossa di Paganica” vicino il ponticello parcheggiamo le vetture.  Zaini in spalla ci incamminiamo verso il canalone che porta in venti minuti al valico, il sentiero è ben tracciato dalle mucche quando si dirigono nell’alto pascolo. Poi senza tanta fatica arriviamo alla cima di Monte Archetto, rivolgendo lo sguardo davanti verso la catena montuosa osserviamo: (Monte Brancastello - Torre di Casanova – Monte Prena e Monte Camicia).  Appena qualche minuto di sosta, scendiamo a valle nei pressi del rifugio montano di Monte Archetto, dove facciamo una sosta e colazione.  Incominciamo a fare foto osservando che il rifugio si trova in pessime condizioni per infiltrazioni d’acqua e muri e volte cadenti.  Fu costruito dopo i primi anni venti della Prima Guerra Mondiale nel vasto territorio del Comune di Barisciano, dove ve ne sono sparsi a decine in tutta la montagna.  Questo rifugio fra la fine del 1943/1944 durante la Seconda Guerra Mondiale fu teatro, nascondiglio e scorribande di partigiani della banda Giovanni Di Vincenzo che “Il 7 giugno 1944 scesero a valle a Filetto con il loro comandante colonnello Aldo Rasero per contrastare l’esercito tedesco, ma purtroppo le cose andarono male, vennero uccisi alcuni soldati tedeschi ma per rappresaglia furono catturati diciassette cittadini di Filetto e trucidati durante la notte”. Questa storia è già stata da me raccontata in altri servizi. Riprendiamo il nostro cammino, a cinque minuti in basso troviamo un pozzo per recupero di acque piovane e relativa fontana, tutto abbandonato sempre costruito negli anni venti per abbeveraggio animali. Proseguiamo il nostro cammino verso la Valle dei Monaci per raggiungere la grangia.  La mia amica Cristina avvista da lontano verso il costone di M. Mesola a m. 1706 un “lupo maschio fuggitivo” che riprende con teleobiettivo le sequenze dello spostamento.  Arrivati alla grangia dell’antico convento scattiamo una serie di foto, “la mia immaginazione con la mente torna indietro di 800 anni come facevano in quei tempi quei poveri monaci con la grande fede che essi avevano, la cristianità il rigore, l’estenuante lavoro per la loro sopravvivenza, duri sacrifici cui erano sottoposti per accumulare nei sotterranei e nelle grotte sottostanti viveri, accumulavano nelle grandi cisterne acqua necessaria per trascorrere le lunghe e fredde invernate.  Furono loro quei monaci cistercensi di Santa Maria del Monte a organizzare con le popolazioni della montagna la grande transumanza per il tavoliere delle puglie dal periodo federiciano, normanno fino ad arrivare al regno di Napoli e delle due Sicilie, già 1000 anni fa iniziarono lotte intestine per i possedimenti delle montagne, le erbe serbatoio di vita per mantenimento degli animali al pascolo, dove anche oggi nel terzo millennio con l’Europa avvengono mali affari per i pascoli”.  In questo mio racconto ho fatto le mie modeste ricerche, prima di descrivere un po’ la storia della grangia di Santa Maria del Monte bisogna parlare dell’ordine Cistercense. “Cistercense (o cisterciense) dal latino medievale, cistercense, dal nome di Cistercium, città della Francia orientale (odierna Cieteaux) ove nel 1098 Roberto di Molesme fondò l’abbazia che vi fu il primo nucleo dell’ordine cistercense). Relativo o appartenente all’ordine dei monaci cistercensi, diffuso in Europa nel 12° Sec. da Bernardo di Chiaravalle, i cui membri seguivano una regola basata su uno stretto rigorismo morale (solitudine assoluta, obbligo di lavoro manuale, di povertà ed altro, e si dedicavano alla bonifica e alla colonizzazione delle terre: monastero, regola cistercense; abbazie cistercense; monaci cistercensi. Esempio monaci dell’Abbazia di Casamari “FR” e l’Abbazia di Fossanova di Priverno “LT” nel 1170. Le abbazie cistercensi anche in Italia ne nacquero tante, anche di Santa Maria del Monte, dove la cristianità anche in alta montagna venne diffusa. Brevi cenni storici sul complesso della grangia di Santa Maria del Monte. Venne fondata dall’ordine dei monaci cistercensi tra il 1222 e 1303 e se ne hanno notizie certe della sua attività fino al 1568, quando ebbe il suo declino a causa dei continui terremoti e mutamenti climatici. Il termine grangia deriva dal latino granea o grangiarius, ossia dal grano, granaio o farina di grano, la struttura aveva il compito di occuparsi della sussistenza di una abbazia monastica, l’altra legata all’agricoltura e alla pastorizia. La struttura è di circa 2.000 metri quadrati, ma nelle vicinanze si trovano i cosiddetti “mandroni” i quali avevano una capienza di circa 9.700 capi di bestiame dove veniva stazionato.  La grangia dista circa 12 Km da Santo Stefano di Sessanio dove era di competenza territoriale.  I monaci cistercensi della grangia nel periodo della loro presenza pare quando si verificavano delle dure invernate scendevano a valle oltre tre chilometri in località “Gondole” a metri 1396 dove avevano le loro “casette” abitative in pietre con copertura a botte utilizzate per fini agro-pastorali.  L’Università di architettura di Roma La Sapienza, tempo fa ha effettuato rilievi e studi sull’insediamento della grangia, mentre il professore Fabio Redi di archeologia dell’Aquila nel 1997 ha effettuato piccoli rilievi e scavi. La grangia nella Piana di Campo Imperatore ha una bellezza inestimabile, visitata da tanti escursionisti della montagna. La nostra escursione sta quasi per terminare, ma facciamo una puntatina al Lago di Passaneta a 5 minuti dalla grangia, un lago nel territorio di Barisciano bellissimo con tante mucche in abbeveraggio dove passano i confini fra i due paesi.  Facciamo le solite foto e con mezz’ora arriviamo verso il Lago di Racollo a m. 1573 dove al bivio inizia la Str.Pr. 97 per Santo Stefano di Sessanio. Mentre noi riprendiamo il nostro percorso lungo la Str. !7 bis per il bivio di S. Egidio per proseguire a sinistra e riprendere le vetture dove siamo partiti la mattina. La giornata è finita, ci piacerebbe ripeterla ancora un’altra volta.

Conclusioni.  La montagna è bella, bisogna rispettarla, non lasciare rifiuti nel manto erboso e non transitare con vetture nell’erba, essa da tante soddisfazioni, fa bene alla mente e al corpo, bisogna fare frequenti camminate.  In montagna si incontrano le migliori persone, come Cristina Bravi e ultimamente l’ing. Toto Di Carlo e sua moglie Dott.ssa Betti Leone che mi hanno fornito notizie storiche sulla grangia di Santa Maria del Monte. L’amicizia è quando c’è serietà, altruismo, rispetto reciproco, bontà e umiltà.  Consigli per gli amici  escursionisti,  prima che scende la neve di fare le seguenti camminate: (Santo Eusanio di Filetto nella Piana di Fugno a m. 1402  strada piana fino a Santo Stefano – Rocca Calascio – Calascio “34.000 passi  pari a 24 Km”  oppure Lo Schizzataro di Filetto – insediamenti Rupestri – Abbazia di San Crisante a m. 1202 – Monte Rofano – Piana di Fugno e ritorno a Filetto; oppure da Assergi fino alla Valle del Vasto fino a S. Pietro della Jenca e la storica Grotta a Male e Assergi Acqua di San Franco. Il racconto finisce qui, altro racconto alla prossima escursione.

                 Foto di Giovanni Altobelli e Cristina Bravi

 



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