La tragica lezione della Maiella. Sull’Appennino ghiacciato servono piccozza, ramponi e attenzione

- di Stefano Ardito -

- da Montagna.tv -

 

Se un escursionista muore per un incidente in montagna, la prima cosa da fare è inchinarsi al dolore di chi resta. Ha fatto bene Daniele Perilli, responsabile del Soccorso Alpino e Speleologico dell’Abruzzo, a concludere con queste parole il suo comunicato sulla tragedia avvenuta sul Monte Focalone, una delle vette più alte della Maiella, in cui ha perso la vita Roberto Testa, 34 anni, di Colleferro in provincia di Roma. Ma anche informare sulle cause dell’incidente è importante, se non altro per evitare tragedie simili in futuro. Su questo punto, i siti e i giornali del 21 novembre non hanno fatto chiarezza. Chi li legge può pensare che a causare l’incidente siano stati il maltempo e la partenza troppo tardi dal rifugio Pomilio. Le cose non stanno così. Certo, domenica sulla Maiella il tempo era brutto, e in quelle condizioni, a novembre, è bene non spingersi in alto. Certo, i due escursionisti arrivati dal Lazio sono partiti tardi. Ma la tragedia sarebbe avvenuta anche in una giornata di sole, e anche se i due si fossero incamminati la mattina presto.

In casi come questo chi scrive dell’Appennino ha la dolorosa impressione di tirare fuori dal cassetto o dal computer un pezzo già scritto molte volte, per mettere in guardia contro un pericolo a cui molti camminatori abituati all’estate non pensano. D’inverno e alla fine dell’autunno sull’Appennino la neve è poca e dura, e spesso lascia il posto al ghiaccio vivo. Su questo terreno scarpe da trekking, ciaspole e bastoncini non servono, e bisogna essere attrezzati con piccozza e ramponi. Può essere utile una corda, che però bisogna saper usare correttamente.

Ogni anno, in questo periodo, la mancanza dell’attrezzatura adatta causa incidenti sulle creste e sui pendii dei Sibillini e del Terminillo, dei monti del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise e del Velino. Lo stesso accade più a nord sull’Alpe di Succiso o sul Cusna, o più a sud sul Sirino e sul Pollino. Quest’anno la neve è ancora poca, e finora nell’Appennino centrale il pericolo esiste solo su Gran Sasso e Maiella. La facilità di arrivare ad alta quota con la funivia o con la strada di Campo Imperatore, o salendo in auto al rifugio Pomilio o al Piano del Laghetto, rende più facile mettersi nei guai.

Tre anni fa, alla fine del 2019, il ghiaccio particolarmente duro e compatto su Maiella, Terminillo e Gran Sasso è costato la vita a una decina di persone. In quelle condizioni calzare i ramponi e impugnare la piccozza non basta, ed è necessario essere molto abili nel loro utilizzo. Domenica al posto del sentiero che sale al bivacco Fusco, oltre la Tavola dei Briganti il “fontanino” dell’Acquaviva, c’era una lastra di neve dura e di ghiaccio. Nella salita iniziale, tra i mughi, non si rischiavano scivoloni pericolosi. Più avanti, dove il sentiero estivo taglia in diagonale i ripidi pendii del Monte Focalone, il rischio era molto alto. Uno dei due escursionisti è riuscito a non scivolare, ha dato l’allarme, e ha atteso i soccorritori sotto agli strapiombi rocciosi che si affiancano al sentiero nei pressi di una piccola fonte. Gli uomini del Soccorso sono intervenuti con i ramponi ai piedi, e in discesa, per non scivolare, non li hanno tolti fino alla strada del Blockhaus. Hanno rischiato la pelle” commenta il responsabile Daniele Perilli. Come altre casi, l’abilità e la disponibilità a mettersi in gioco di questi uomini si è rivelata preziosa.

Il problema, oggi come negli scorsi inverni, è capire cosa fare per evitare altri incidenti simili. Più volte, anche nelle riunioni del “tavolo sulla sicurezza in montagna” convocato dalla Regione Abruzzo dopo la tragedia del 2021 in Val Majelama, si è parlato di istituire dei filtri all’inizio dei percorsi a rischio. Primo indiziato l’arrivo della funivia di Campo Imperatore, da cui molti incoscienti, negli inverni poveri di neve, salgono con le scarpe da trekking verso il rifugio Duca degli Abruzzi e la cresta della Portella ghiacciata. I filtri del Soccorso Alpino lombardo hanno funzionato qualche estate fa sulla Grignetta, dove molti escursionisti privi di attrezzatura hanno rinunciato ad affrontare sentieri attrezzati e ferrate. Altri filtri, più severi, vengono messi in atto dalla Gendarmerie francese al Nid d’Aigle, alla base della via normale del Monte Bianco per l’Aiguille e il rifugio del Goûter. Utilizzano un altro metodo le guide alpine de La Grave, ai piedi del massiccio francese della Meije, dove una cabinovia porta al margine del ghiacciaio della Girose, facile ma tagliato da crepacci. Spesso degli inesperti si avventurano sul ghiacciaio e finiscono nei guai. Le guide propongono di andarci in cordata e in sicurezza. Il prezzo è basso, e comprende guida, cabinovia e materiale.

Negli anni scorsi, nonostante i “tavoli” regionali, né il CNSAS, né i Carabinieri Forestali né la Guardia di Finanza hanno organizzato filtri a Campo Imperatore o in altre zone dell’Appennino, né in estate né d’inverno. E né il Collegio delle Guide alpine dell’Abruzzo, né il Centro Turistico del Gran Sasso hanno provato a proporre ai clienti della funivia delle facili e spettacolari uscite in cordata sulla cresta della Portella innevata. Decine di sezioni del CAI, ogni inverno, propongono corsi di escursionismo invernale e alpinismo. Alcune guide abruzzesi, sull’esempio di Giampiero Di Federico, organizzano delle uscite, gratuite o a basso costo per familiarizzarsi con l’uso della piccozza e i ramponi. Le guide alpine delle Marche potrebbero organizzare uscite simili a Forca di Presta e in altri luoghi dei Sibillini. Le guide del Lazio, che la Regione continua vergognosamente a ignorare, potrebbero fare lo stesso al Terminillo, a Campo Catino o a Campo Staffi. Iniziative preziose, ma che si rivolgono a persone che si rendono già conto del problema.

Dagli enti pubblici, invece, arriva un silenzio assordante. Ci auguriamo che non accada più nulla, che gli escursionisti partano con un’attrezzatura corretta, e (soprattutto) con la disponibilità a rinunciare se le condizioni sono diverse dal previsto. Il rischio, se non ci saranno iniziative di questo tipo, è che qualche Comune e qualche Parco, per evitare guai giudiziari in caso di incidenti, impongano dei divieti di accesso che penalizzano anche chi va in montagna con attrezzatura ed esperienza adeguata. Gli esempi dei divieti alle attività in neve fresca ordinati dai sindaci dell’Aquila, Ovindoli e Roccaraso, e del divieto di accesso alla Val Majelama disposto da novembre ad aprile dalla Riserva del Monte Velino sono troppo recenti per essere ignorati. A volte, però, dalle tragedie, possono nascere atteggiamenti e provvedimenti positivi. Ci auguriamo che accada, sul Gran Sasso, sulla Maiella e altrove.



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