RICORDO DI ANTONIO MARCOCCI - PERDONO' I NAZISTI CHE UCCISERO IL PADRE NELLA STRAGE DI FILETTO

- di Giovanni Altobelli -

 

Premessa. E’ un onore e un dovere civile e morale, ricordare Antonio Marcocci, paesano e amico.  Questa breve storia ha il senso dell’umanità di quest’uomo, che nella sua vita è stato una persona perbene, educato, buono e impegnato nel sociale.  Prima di iniziare il racconto su Antonio, vorrei parlare delle sue origini e dei suoi antenati. Il capostipite di questa famiglia a partire dall’800 è Domenico Marcocci nato a Filetto il 19/3/1826 è figlio di Luigi e di Marta Dell’Orso, Lui fa l’agricoltore e Lei è una filatrice.  In paese questa famiglia, veniva chiamata dalla gente “Quissi de Menichegliu o Menicucciu” ossia la razza di Domenico.  Il nostro Domenico da giovane sposa la filatrice filettese Candida Ciampa nata il 21/2/1833 è figlia di Antonio e Angela Maria Ciampa. Da questo matrimonio nasce Antonio Marcocci il 9/3/1862, il quale da giovane si unisce in matrimonio con la filatrice filettese Antonia Donati nata il 15/9/1870 è figlia di Diodato Donati e Vincenza Celestini.  Dopo l’unione di questo matrimonio nasce Domenico Marcocci il 14/6/1908, il nostro Domenico diventato grande dopo gli anni 30 si un unisce in matrimonio con Esterina Alfonsi di Giuliano e Maria Ercole di Pescomaggiore.  Mettono al mondo tre figli: (Antonio, Americo e Vincenzo) questo terzo figlio Giulio Vincenzo nasce il 25/5/1939 morirà bambino all’età di 11 anni nel 1950.  Antonio Marcocci nasce a Filetto dell’Aquila il 4/7/1934.   Il secondo figlio “Americo” nasce il 25/5/1936.  Ora incomincio a raccontare la storia di questa famiglia: durante la Seconda Guerra Mondiale, nella rappresaglia di Filetto del 7 giugno 1944 vennero uccisi dai tedeschi 17 inermi cittadini, fra i quali Domenico Marcocci; Esterina rimasta vedova con duri sacrifici, fece studiare i due figli.  Antonio da giovane conseguì il diploma di geometra, io lo ricordo bene prima degli anni 60, quando frequentavo la scuola di avviamento industriale, accompagnava gli studenti orfani di guerra dall’istituto lauretana in Viale Don Bosco, fino alla scuola alla villa, sapevo che era originario di Filetto, pur ancora non conoscendolo abbastanza, già avevo stima e apprezzamenti verso di Lui.  Va ricordato per quanto sono a conoscenza, Antonio già da giovane è stato un fervido religioso e una persona spirituale, frequentava molto la chiesa e stava sempre con il parroco Don Demetrio.  Antonio avendo conseguito il diploma di geometra vinse il concorso alla Provincia, dirigendo alcune strade del comprensorio.  L’anno 1965 forma la famiglia, gli nascono due figlie: “Gabriella e Esterina”.  Ricordo Antonio che nell’ambito del suo lavoro fu un integerrimo e scrupoloso tecnico, persona precisa e non manovrabile, ogni tanto mi dava delle dritte per risolvere i problemi del paese.  Il secondo fratello, Americo Marcocci, dopo gli studi, l’anno 1966 si forma la famiglia e va a vivere a Teramo, gli nascono due figli: “Giampiero e Domenico”, il 30 Giugno 1985 il Pontefice Giovanni Paolo II in visita al Santuario di San Gabriele fu accolto da Americo Marcocci in qualità di Commissario Prefettizio di Teramo, fu una circostanza emozionante vicino il Papa.   Ricordi di Antonio Marcocci e il Caso Defregger.  Mentre nell’anno 1969 il giornale tedesco “De Spiegel” fece scoppiare il Caso Defregger, rivelando che ad ordinare l’eccidio di 17 inermi cittadini di Filetto il 7 giugno 1944, fu il Capitano Matthias Defregger, che finita la guerra ripresi gli studi teologici, divenne prete nel 1948 nell’anno 1968 fu nominato Vescovo ausiliare di Monaco di Baviera.   Filetto nell’anno 1969, dopo queste rivelazioni, venne conosciuto da tutta la stampa mondiale, arrivarono giornalisti e televisioni, in paese si crearono due correnti di opinione: (la prima per il perdono, capeggiata dal parroco del paese Don Demetrio Gianfrancesco, appoggiata anche da Antonio Marcocci e da tutta la chiesa in generale, la seconda quella per l’estradizione e il processo in Italia, capeggiata dal deputato comunista Eude Cicerone ed altri simpatizzanti della sinistra.  Mentre Don Demetrio Gianfrancesco, con l’ausilio del Vaticano per non far dilagare lo scandalo internazionale dell’ex nazista diventato Vescovo, e placare gli antichi rancori provocati dalla guerra, tesseva buoni rapporti con il cardinale Dopfner e tutta la diocesi di Monaco di Baviera.  Su invito di Don Demetrio il 21 dicembre 1969, una delegazione di religiosi tedeschi guidati dal sacerdote Don Hans, parteciparono ad una messa solenne in chiesa in onore dei martiri di Filetto e alla fine ci fu uno scambio di saluti.  Antonio Marcocci, in qualità di orfano di guerra, in quella occasione in chiesa lesse una lettera molto toccante rivolgendosi ai parrocchiani di Filetto e alla delegazione tedesca. “Da sempre avevo appoggiato la strada della riconciliazione e del perdono, prosegue nel suo discorso Antonio… Tra qualche giorno il Signore manderà sulla terra il suo Figlio per portare la pace agli uomini di buona volontà.  Noi raccogliamo l’invito e ci auguriamo che questo gesto che stiamo compiendo, nel paesino di Filetto, sperduto in un angolo della terra, sia di esempio a tutti gli uomini, perché non vedano solo nell’odio e nella guerra il loro modo di vivere e di dominare. Forse moltissime persone criticheranno questo nostro gesto; non dobbiamo dolercene, anzi ne dobbiamo gioire poiché siamo sicuri che i nostri cari ci giudicheranno con un metro diverso, poiché già fanno parte del mondo dei giusti, da quello degli esseri terrestri, che vedono solo ricchezze, dominio e prepotenze. Il gesto che or ora abbiamo compiuto non deve essere interpretato male, deve essere e deve rimanere quello che è, e cioè riconciliazione ed esempio per i nostri figli e che non si avventurino più in follie che potrebbero procurare agli altri ed a loro stessi un senso di sgomento e di raccapriccio per quello che hanno fatto. Questo paesetto, che ha attirato l’attenzione mondiale per i tragici fatti del 7 giugno 1944, ora deve attirare simpatia e deve essere preso a modello per tutti i popoli per l’esempio di fratellanza che da esso parte. Ci dobbiamo ricordare che dinanzi a Dio noi siamo tutti fratelli e come fratelli dobbiamo amarci ed aiutarci affinchè siamo degni di colui che per redimerci non ha esitato a dare la vita.  Ritornate pure in Germania e portate ai vostri connazionali questo messaggio: Filetto non odia, i congiunti dei caduti non sanno odiare, in loro c’è rassegnazione, c’è fiducia e soprattutto c’è la consapevolezza che dinanzi a Dio siamo fratelli e come fratelli dobbiamo saperci amare”.  Alla fine del discorso di Antonio venne applaudito da filettesi e tedeschi in lacrime e commozioni.  Queste le parole espresse da Antonio Marcocci, uomo di fede che già da ragazzo quando era al seminario, aveva acquisito una buona educazione, la tolleranza, il rispetto e il perdono.  Nel luglio del 1970, una delegazione partita da Filetto, composta dal parroco Don Demetrio Gianfrancesco, Antonio Marcocci e Levantino Ciampa a cui nell’eccidio vennero uccisi due fratelli, si recarono in visita a Monaco di Baviera per incontrare la delegazione tedesca: (il Vescovo Defregger, Cardinale Doepfner ed altri), questo incontro serviva per tessere buoni rapporti con l’Italia e il perdono per il Vescovo Defregger. In quell’incontro la delegazione di Filetto, ricevette grande ospitalità, fu proposto di realizzare un sacrario dei martiri di Filetto entro il cimitero, degno della loro sepoltura.  Venne raccolta una somma di denaro dalle parrocchie di Monaco e con altri fondi offerti dalla Cassa di Risparmio dell’Aquila, per somma totale di 3.100.000 lire, il geometra Antonio Marcocci, dignitosamente progettò gratuitamente il sacrario dei 17 martiri, aggiungendo altre due lapidi di morti di guerra in altre circostanze.  I lavori marmorei furono realizzati dalla ditta Elia marmi dell’Aquila, il 7 giugno 1971 venne fatta l’inaugurazione alla presenza di tanta gente: “vedove e orfani di guerra” autorità civili e religiose, venne celebrata la S. Messa.  Antonio Marcocci, uomo di fede già da giovane ma negli anni successivi nella sua vita, aveva nel suo cuore e nella sua mente di perdonare gli aguzzini nazisti che gli avevano ucciso il padre.  In questo racconto sul “Caso Defregger”, va ricordato che fra l’anno 1969/70 venne girato un film: (Quel giorno Dio non c’era) del regista Osvaldo Civirani, inoltre nel 1970 il comandante dei partigiani della banda Giovanni di Vincenzo, colonnello Aldo Rasero scrisse un libro: “Morte a Filetto”, altro fatto importante che Don Demetrio Gianfrancesco, in qualità di parroco di Filetto e storico, nel 1986 scrisse un libro intitolato “Filetto” parlando dei noti fatti della guerra.  Va ricordato che Matthias Defregger mori a 81 anni il 23 luglio 1995, Don Demetrio alla metà di agosto in una messa in suffragio a Filetto per la morte di Defregger fu contestato da tanta popolazione, e una sola ragazza entrò in chiesa. In questo racconto di Antonio Marcocci, non posso dimenticare che fra il 1975/1985 arbitrò diverse partite di calcio nel campo sportivo “Callararo” fra Filetto-Pescomaggiore e stava sempre in mezzo ai giovani.  Infine, il 7 giugno 2014 Antonio Marcocci fece realizzare una targa per i 70 anni dalla strage in ricordo dei martiri, aveva espresso ai suoi cari che dopo la sua morte doveva essere sepolto al piccolo cimitero di Filetto.  Conclusioni.  A distanza di tre anni della morte di Antonio Marcocci avvenuta il 17/2/2018, ho voluto raccontare questa breve storia di un uomo buono che tutto sommato vale la pena di essere ricordato.

                      Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli

 



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