Maxi risarcimento alla famiglia di nazionalità greca per i danni legati alla morte nel terremoto

Un maxi risarcimento alla famiglia di nazionalità greca per i danni legati alla morte nel terremoto dell'Aquila del 2009 del giovane figlio universitario, per le lesioni dell'altra figlia salva per miracolo ma anche per la depressione e lo stato di prostrazione permanente di madre, padre e della stessa figlia: il Tribunale civile dell'Aquila ha condannato il Ministero dell'Interno e il Ministero per le Infrastrutture ed i Trasporti a risarcire oltre 1,9 milioni di euro ai familiari per la scomparsa di Vasileios Koyfolias in un palazzo di via Campo di Fossa crollato totalmente nel terremoto dell'Aquila del 2009, e per le lesioni di sua sorella Dionysia uscita miracolosamente viva dopo essere rimasta sotto le macerie con suo fratello.

Nella sentenza del giudice Ciro Riviezzo, risalente ai mesi scorsi, oltre alle responsabilità nella costruzione della struttura ad enti pubblici, riconducibili ai due Ministeri, è stato sancito l'elemento ripreso in pronunciamenti successivi, della depressione e dello stress attraverso il riconoscimento del danno biologico e della invalidità permanente.

 

 

Lo stabile di via Campo di Fossa è stato al centro di una sentenza choc del giudice Monica Croci che ha stabilito il concorso di colpa del 30% a tre vittime del sisma.

 

 

Il risarcimento, al termine del processo civile di primo grado nel quale la famiglia è stata rappresentata dall'avvocato Isidoro Isidori, del foro dell'Aquila, è stato attribuito, in due filoni separati, ai coniugi Georgios Koufolia e Anna Koufolias, e alla figlia Dionysia. 

 

"Innanzitutto - si legge nella sentenza - va riconosciuto il danno da morte del figlio, che, come è noto, non abbisogna di particolari prove, dovendosi ricorrere alle presunzioni e valutare le particolarità del caso di specie. Nella fattispecie concreta, vi è da considerare la giovanissima età del defunto e quella ancor giovane dei genitori, il forte rapporto che legava i genitori al figlio che era stato mandato a studiare in Italia per dargli un futuro migliore di quello che poteva attenderlo in patria, nonché le assolute peculiarità dell'evento mortale (nel quale è stata coinvolta anche l'altra figlia della coppia, fortunatamente con esiti non letali), avvenuto in occasione del noto sisma del 6 aprile 2009".

 

Sul danno biologico, nella sentenza si sottolinea che "una CTU ha accertato che entrambi i genitori presentano un disturbo post-traumatico da stresso cronico grave e depressione maggiore grave ad andamento cronico. Il Consulente ha descritto le condizioni di comprensibile prostrazione in cui si trovano i genitori del povero ragazzo, che sono ormai focalizzati sul ricordo del figlio così tragicamente perduto, tanto da far presumere che tale loro stato psicologico ormai non avrà più fine". Nel giorni scorsi il Tribunale civile dell'Aquila, giudice Baldovino De Sensi, ha condannato ad un risarcimento complessivo di 1,5 milioni di euro le famiglie di due vittime del sisma, un 30enne morto nella frazione di Onna e un 60enne nel crollo di via Campo di Fossa, riconoscendo la invalidità permanente dovuto alla depressione per aver perso ì proprio i cari. Ad essere condannati la Presidenza del Consiglio dei ministri l'allora vice capo della protezione civile nazionale, Bernardo De Bernardinis, al quale sono stati inflitti due anni nel processo agli esperti della commissione Grandi Rischi che a pochi giorni dal sisma del 6 aprile 2009 per aver rassicurato gli aquilani durante lo sciame sismico inducendo i cittadini a non adottare le precauzioni tradizionali, come l'uscita di casa dopo una forte scossa.

 



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