Mussolini libero al Gran Sasso con patto tacito Badoglio-tedeschi

La liberazione di Mussolini dallo stato di detenzione al Gran Sasso fu con ogni probabilità frutto di un accordo di un accordo tacito tra il Governo Badoglio e le forze tedesche. A fornire nuovi elementi, che contrastano decisamente con la versione dell'impresa audace a Campo Imperatore da parte dei militari nazisti, è lo scrittore Vincenzo Di Michele con un'intervista a Nelio Pannuti, uno degli addetti alla sorveglianza del Duce sulla montagna abruzzese in quel settembre 1943 che mette in luce dettagli finora sconosciuti della vicenda, già affrontata dallo stesso Di Michele nella sua ultima opera "Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso" e approfondisce il tema della mancata reazione da parte delle forze di sorveglianza italiane.

Ricorda Pannuti: "Su quell'incursione dei tedeschi, qualcosa non quadrava in riferimento ad un'azione militare vera e propria. Sì è vero che gli alianti tedeschi atterrarono sul pianoro di Campo Imperatore, ma di fatto da parte nostra non ci fu alcuna resistenza non avendo avuto nessun ordine circa una nostra possibile reazione, né esisteva alcun piano di difesa" Si trattava insomma, ribadisce l'ex militare, di qualcosa che "sembrava un'azione concordata". Un particolare resta ancora impresso nella mente di Pannuti: "Un volta liberato il Duce e prima della sua partenza per la Germania ebbe luogo un incontro tra noi e i tedeschi nella sala dell'albergo, tutti con le armi in spalla, pacificamente. Fu proprio allora che davanti ai miei occhi il Generale Soleti si avvicinò al Tenente Skorzeny e gli intimò di restituirgli la sua pistola. Tale intimazione fu ripetuta una seconda volta ad alta voce. Sta di fatto che Skorzeny dopo una titubanza iniziale infilò una mano nella giacca da cui estrasse una piccola pistola consegnandola al generale Soleti".

 



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