BERARDO GIUSTI, PER NOI TUTTI BERARDINO

BERARDO GIUSTI, PER NOI TUTTI BERARDINO


Un altro ragazzo della mia generazione abbandona la scena e se ne va. Lo fa in silenzio, all’improvviso, lui sano e sempre sorridente. Ma la vita asfalta tutto e l’essere bravi, buoni, onesti e mostrarsi con il sorriso non basta ed è così sin dall’inizio dei tempi. Noi tutti cerchiamo un modo di vivere “in penombra”, cioè che sia il meno esposto agli agguati che il “campare creato” ci riserva. In fondo sarebbe come dicevano gli antichi, cioè vivere “sotto la protezione degli dèi”, naturalmente questo prima della venuta di Gesù Cristo. Ma neanche questo basta. Ed è proprio per queste aggressioni che ci si stringe sempre più in noi stessi, per tenere a bada, per tenere distante quell’istante fatale, riassuntivo di tutto e che spesse volte abbiamo sentore che si stia organizzando in gran silenzio.
Una persona si desta al mattino, si mostra sorridente ai propri affetti, organizza mentalmente la sua giornata, vede il sole fuori e avverte ancora la gioia di vivere. Poi, all’improvviso, accade qualcosa, il cosiddetto “imponderabile”, e si vede quella vita esaurirsi e quel viso pacificato per il dolore di chi rimane, ed il mondo che non vedrà più quegli occhi celesti e lui non accarezzerà più, col suo sguardo, il mondo. La mente dei famigliari riproporrà continuamente immagini, un lungo filmato che parte dalla metà degli anni ’50 e giunge fino ad oggi.
In questi momenti è faticoso scrivere ed scanso subito l’idea che debba farlo come un poeta che scrive “anche” per l’occasione, sia essa felice o luttuosa. Scrivo a fatica in questi momenti perché un amico di Assergi se n’è andato e vorrei che mi venissero soltanto frasi d’emozione e non troppo ragionate. Ed è in questa atmosfera di commozione che m’accorgo ancora una volta che la poesia è un distillato d’emozioni e servirebbero proprio dei versi, una manciata ma sentiti, a riassumere tutta una vita sottovoce. Ma la poesia non viene su ordinazione e sa lei quando presentarsi. In altre parole vorrei far palpitare il mio breve racconto/ricordo su Berardino: parole dolorose ma autentiche, che sgorghino dal cuore. La verità è che voglio dedicare un saluto a Berardino con tutto il mio affetto, da lontano, mentre avrei desiderato rivederlo a breve, sentirlo parlare come in certe sere d’estate a bar “Picnic” o in Piazza. Sentivo che era contento quando mi vedeva e subito iniziava con una frase di sapore ironico e goliardico: ero in fondo anch’io di Assergi e dunque conoscevo i codici della tradizione ed era per questo motivo la sua apertura di credito nei miei confronti. E insieme a noi c’era naturalmente il suo amico e confidente più grande, Franco Persichetti, ma anche Emidio. Erano loro gli amici più intimi, i compagni di strada ma nel senso più alto del termine.
Al bar Berardino non mi faceva mai pagare e grande era la sua generosità: era felice nel vedermi contento e mi faceva tante domande, dalla classica «Che si fa per Roma?» a quesiti sportivi, di calcio naturalmente. Se non ricordo male doveva tifare per l’Inter, e se consideriamo che Emidio era del Milan, Franco per la Lazio ed io per la Roma, ecco che le possibilità di spaziare in quel mondo erano tante. Ognuno con le proprie ragioni ed interpretazioni.
Ricordo anche che spesso, nei giorni di Ferragosto, la squadra di Assergi sfidava o quella di Camarda o quella dei villeggianti, composta per lo più romani. In un Ferragosto che ricordo nitidamente la rappresentativa di Assergi schierava sia Giusti Berardino senior (un passato il suo anche ne L’Aquila Calcio, e sia Giusti Berardino junior.  E se il primo aveva dalla sua l’aver giocato veramente al calcio (una volta con mio padre lo andammo a vedere a Roma contro l’Almas al “Campo Sant’Anna”), Berardino Giusti junior giostrava sul fronte d’attacco mettendo in mostra tutta la sua velocità ed il dribbling. Mi ricordo di quella partita contro Camarda perché quel giorno ci fu anche il telecronista nella persona di Ferdinando Giusti il quale, pur senza microfono, componeva la sua telecronaca. Indimenticabile fu quel riferire sulle gesta in campo e una delle frasi che mi rimasero impresse fu: «Ecco vediamo in azione Giusti Berardino senior che lancia la palla verso Giusti Berardino junior…». E naturalmente poteva accadere anche il contrario quando il Giusti Berardino senior dalla difesa avanzava sul fronte d’attacco. Se non ricordo male, era un bel duettare in avanti tra Berardino junior e Sandro, un altro coetaneo.
Sono frammenti da donare all’aria, a noi che restiamo (e resistiamo) anche se, lo ripeto, avrei desiderato per l’improvvisa scomparsa d’un amico che mi venisse qualcosa di più intenso, di più alto e staccato dal racconto di pochi fatti che ancora gironzolano nella mia mente. Ma sarebbe stato lo stesso, a pensarci bene. Quello che ancora oggi mi è rimasto di lui è che non lo vidi mai arrabbiato ed era il sorriso la sua distinzione. Il suo carattere gioviale, rivolto agli altri, si coglieva all’istante e allora, se si stava al bar, subito a farmi sentire parte della sua penombra: ero dunque accettato anche se arrivavo ad Assergi nei mesi estivi e nelle feste principali. Poco tempo fa riflettevo sul fatto che s’era superato il terremoto, che s’erano attraversati due anni con le nostre vite alterate a causa d’un virus e che la mia lontananza da Assergi era diventata eccessiva. Era forse giunto il momento d’essere là e invece fino ad ora ho potuto esserci soltanto smuovendo il caleidoscopio dei ricordi. Non ho fatto in tempo a rivederti, caro Berardino: una serata con te e Franco sarebbe stata memorabile. Non ti ho mai visto con le mani in mano, sempre a lavorare per il bene della famiglia, e di questo m’avvidi sin da giovanissimo. Ti abbraccio, come ero solito fare. Come eri solito fare. Tuo, Nando

 

 Fernando Acitelli
 

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