Berardino Giusti nel ricordo di Giacomo Sansoni

- di Giacomo Sansoni -

 

La dolorosa notizia mi è giunta ieri sera e fino alla fine ho sperato che vi fosse omonimia con un Berardino Giusti sperso all'estero. Non posso crederci ci eravamo salutati poco tempo fa al funerale di Bruno Ludovici ed ogni volta che ci incontravamo era per me tornare di botto alla nostra limpida infanzia e bella amicizia. Un amico vero sei stato per me Berardino, anzi Brardine come ti chiamavamo per levigatura del vernacolo, l'artefice del mio ingresso in questa preziosa oasi privilegiata della natura, in questa valle, diventata per me mitica al cospetto della serrata gelosia dei monti. La scoprimmo insieme nelle nostre scorribande per ogni dove, sotto tutti i cieli e i diluvi e quando tornavamo a tarda sera, a volte bagnati fino al midollo ancora tenero e quello tuo Berardino perpetratosi tenero per sempre, ci riacconciavamo asciugandoci i capelli col fono di tua sorella, strumento che conobbi a casa sua, come la frequentazione della televisione e quelle fraterne serate a palpitare per la nostra Juventus e mai non vi fu la generosità di un piatto anche per me alla tavola condivisa con bonomia da tutta la famiglia. Tua madre, madre anche mia d'elezione, tuo tenero padre, uomo votato indefessamente al bene della famiglia e non poteva non essere che anche tu fossi dotato di altrettante virtù, ricevute per lascito mendeliano e mite esempio culturale. Dai 8-9 anni fino ai 18 fummo amici inseparabili, io sempre sulla sella della tua bicicletta e tu a pedalare anche per me, che benché fossi scheletricamente un peso leggero ero pure però già da allora più lungo di te di buoni 20 cm, eppure così scorribandammo per il mondo intero, tu a pedalare con una forza e prestezza di gambe, io a farmi ancor più leggero per non esserti di peso. La tua velocità e prestezza di gambe di cui davi prova nelle nostre interminabili partite di calcio e se solo qualcuno in quegli nostri anni lontani da tutto, ti avessero visto giocare ti avrebbero portato via fors'anche alla nostra amata Juve e, benché lo avessi potuto credere, sarebbe stata una perdita. Che dire per il pallone Berardino tu eri meglio di Rossi per sveltezza e di Maradona per dribling e precisione di colpo. Alla stalla andavamo a governare gli animali e con te ebbi la prima confidenza con le vacche egli animali. Mi facesti scoprire i pelosi e teneri porcellini d'India. Condividemmo l'amore per la natura e i fiori. Tu mi insegnasti il metodo di riproduzione della margiotta e così andavamo a scegliere le più belle piante di rose alle quali allestire il sotterfugio per riprodurle. Ricordi il periodo dell'amore per la archeologia e noi a rubare i vasi e i cocci di terracotta, che avessero sembianza antica e qualcuno ancora residua a casa di mia madre di quei furti ingenui sdoganati alla passione della vitalità. Ho una marea di ricordi Berardino, ricordi che mi vivificano, che mi fanno tornare vivo e speranzoso e vivo e speranzoso sarai per sempre per me Tu. Mai Berardino hai dato peso a qualsiasi gravità, sempre leggero di quelle leggerezze che provano i dei. La tua mitica e rassicurante sconsolatezza, la tua ilarità, le tue pantomime a cantare l'amicizia, la tua inimitabile imitazione dei cartoni animati di Joghi e Bubu. Adesso che sei nella conoscenza globale ricorderai i nostri irreali festeggiamenti a fine giugno quando gli esiti dei nostri studi fino agli anni delle superiori erano per noi discordi e tu sempre ogni anno a voler festeggiare imitando, come tua idea, come fossimo avventori dei saloon del Far Wuest, con i bicchierini di liquori lanciati sul tavolo della tua sala. Ogni anno mi sentivo in colpa per avere passato l'anno scolastico e tu no, avrei voluto dartene qualche etto della mia fortuna, ma tu non ti sei mai doluto ed hai sempre voluto festeggiare in modo scanzonato, anche il bene che non ti era stato concesso. Berardino che dire, ora che anche le parole tendono a cariare, che il cielo che adesso ti accoglie sia dello stesso colore e sapore tenero di quel cielo che hai nei tuoi occhi. Berardino tu se sempre vivo e non lo siamo tanto più noi che restiamo, per un altro battito di ciglia, che è il tempo degli uomini: Grazie Brardì.



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