"Già tre anni"

(Di Cristina Spennati) - E questo è il terzo, chissà per quanti, domani sarà un giorno qualunque, non certo per noi che da tre anni viviamo vite mutate. I morti li portiamo nel cuore,  il dolore si è radicato in noi, ogni giorno seppur con rabbia cerchiamo di tirare avanti, all'imbrunire quando si spengono le luci del giorno ritorna il demone a impossessarsi di animi fragili e di visi spenti. Si, si tira avanti, per i figli, per i nipoti, per tutti i giovani che nel domani non debbono perdere fiducia, ma adesso è dura. Tre anni, di mute grida, si, mute grida perché non solo si ode il grido che esce dalle bocche, molto più forte è il grido che esce dagli occhi e dal cuore di chi non ha più vive le speranze ... intorno sentiamo solo chiacchiere accentuate da queste maledette elezioni (che siano benedette spero), chissà domani se rivedremo accesa quella fiamma, quella speranza, o solo accetteremo la sconfitta con accentuata resa, chissà ... intanto di anni ne son passati tre e di silenzi troppi e di chiacchiere troppe, perché si può parlare senza dire nulla come abbiamo udito in questi mesi ... e cambiano i governi e si accentuano i dolori, i nostri problemi sono grandi e gravi, ma anche in Italia tanta gente muore non ce la fa più, strozzati dai problemi che incombono e tolgono la volontà di resistere, speriamo che non succeda anche a noi  ... ma si può vivere con l'eco del dolore dentro i cuori e con nuovi problemi a trucidare definitivamente vite già ridotte allo stremo ? non ho risposta, solo mi spinge ad andare avanti la speranza, e l'amore incondizionato per la mia bellissima terra natia, non posso accettare l'idea che per la mia città il destino sia quello di rimanere terra da visitare, rovine, no aspetto di rivedere l'Aquila come era e anche meglio di prima, con i ragazzi in centro a passeggiare, i vecchietti al castello a camminare, il fracasso del mercato a piazza duomo, e ogni altra cosa che vive dentro la memoria di ognuno di noi, aspetto di rivedere l'Aquila viva con me che passeggio con i nipotini, e con i piccioni, sono volati via anche loro, che restano a fare in una città che muore ? ...                   

 

 

 

“Già tre anni”

 

Quella fu notte di dolore e rabbia

i focolari

avevano ingoiato la vita

in pochi attimi di giostra, mai così sgradita.

 

Le grida, i pianti, i tristi commenti

e poi le menti

perse in un mondo ovattato

a cavalcare eventi

 

Il giorno

giunse a portar chiarore, in vite fracassate

tra le macerie delle vite e delle case crollate

 

E poi ? …

 

Guardavo questo disegno dell’artista folle

e immaginavo di svegliarmi dall’incubo,

ma ...

 non mi svegliavo.

 

Vedevo gente, che persa nei meandri della mente,

vagava senza meta e con gli occhi spenti,

sentivo i pianti.

 

Nulla potei per alleviare i dolori,

tutti eravamo ignari,

le nostre vite,

divennero un romanzo da riscrivere,

ed io,

lo scrissi senza più pensare,

sperando poi di poter tramandare ai figli dei miei figli,

ricordi, frammenti,

di vite rubate

in soli pochi secondi.

 

A spettatori ignari

oggi, disegno lugubre si pone.

 

Di quella vita,

non resta che un ricordo ormai sbiadito

e le ferite che si credeva potessero guarire,

sanguinano ancora più di ieri.

 

In cuori stanchi,

esseri stolti,  ogni giorno conficcano pugnali

e il gusto amaro dell’indifferenza

sotterra con violenza  ciò che resta, 

di questa vita spenta

ormai, 

da  "già  tre anni”.

 

Cristina Spennati 26-03-2012



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