Paolini: "Resuscito Galileo il filosofo che aprì i cervelli"

(Da La Stampa.it) - Si aprono le porte dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto di Fisica Nucleare
MARCO PAOLINI

Quando la Signoria di Firenze propose a Galileo Galilei di cambiare cattedra e di trasferirsi armi, bagagli e cannocchiale in Toscana per sviluppare le proprie ricerche all'università di Pisa sotto l'egida dei Medici, lo scienziato pretese una cattedra per un solo studente, il granduca di Toscana. Così poteva avere finalmente più tempo per le sue ricerche. Pretese anche la nomina a filosofo di corte. Vista con gli occhi di oggi - sappiamo tutti quale bassa considerazione abbiano le facoltà umanistiche - la pretesa galileiana potrebbe apparire come un vezzo capriccioso, mentre per quel tempo significava essere investiti di un'autorità superiore a quella di un matematico (sottostante solo a quella dei teologi).

Dal Seicento al Novecento la storia racconta il riscatto della scienza, che da ancella diventa protagonista. Anche grazie alla «rivoluzione galileiana» il sapere scientifico ha dettato l'agenda del progresso, soprattutto quando si è convertita in successi tecnologici. Eppure la ricerca ha saputo mettere costantemente in discussione i principi che sembravano assodati, sottoponendoli a dialettica costante, fino a postulare insieme i principi della relatività e quello dell'indeterminazione quantistica, che non si parlano tra loro, ma dicono a noi cose ugualmente importanti.

È per confrontarci con questo linguaggio e con questa dimensione critica che abbiamo scelto di portare uno spettacolo che racconta di storia e di scienza come «Itis Galileo» nei Laboratori del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Perché, parlando di Galileo, si apre un confronto ampio sulla forza delle idee e sulla necessità di limiti del pensiero governato dalla dittatura economica della convenienza. La convenienza è più forte di ogni dubbio, perché è così ragionevole da rendere un idiota chi la mette in discussione, partendo da presupposti non economici. La convenienza è come il pensiero aristotelico al tempo di Galileo: una sfera che contiene tutto.

Ecco il punto: al tempo di Galileo c'era un pensiero fragile, ma fortemente innovativo e moltissime persone di buon senso non vi aderivano, perché non ne vedevano la convenienza, era rischioso. Lui è stato uno scienziato geniale, ma in tempi difficili. Ha saputo mettersi in ascolto e scorgere i segnali del mondo, ma allo stesso tempo ha dovuto mettere in campo una straordinaria «resistenza» all'oscurantismo e al tempo che indurisce la mente. Perché, allora come oggi, non è facile tenere il cervello aperto e mettere costantemente in discussione il proprio lavoro.

In questo senso credo che il nostro tempo abbia l'assoluta necessità di aprire un dialogo con la scienza per acquisire altri gradi di pensiero. Non in astratto, ma nel concreto delle scelte che ci rendono tutti cittadini, governanti e governati. Amo la politica, ma ritengo che non tutto possa essere frutto di mediazioni. Ci devono pur essere letture comuni dei dati di fatto (relativi, ma concreti), letture condivise che ci obblighino ogni tanto a cambiare idea, che ci aiutino a interpretare i segni del tempo alla luce della storia, anche di quella della scienza. Così, guardando il nostro pensiero, potremo dire con Galileo: «Eppur si muove».

 



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