Paolini: come ci somiglia il Seicento di Galileo

La Stampa.it - Dopo l’ex manicomio Paolo Pini ( Ausmerzen ), dopo lo spazio container del porto di Taranto ( Miserabili ) e l’ex cava Arcari ( Il sergente ) per la sua prossima diretta tv Marco Paolini ha scelto le viscere della terra, i tunnel e i macchinari del laboratorio sotterraneo dell’Istituto di Fisica NuclearedelGranSasso.A1400mdalla superficie, porte di metallo che ti si aprono davanti per entrare in una specie di antinferno di una fantascientifica Divina Commedia: lasciate ogni speranza o voi che entrate.

È il più grande al mondo, quello di cui tanto si è parlato di questi tempi causa neutrini più o meno veloci e presunti tunnel che lo mettevano in collegamento con il CERN di Ginevra. È qui che oggi metterà in scena il suo ITIS Galileo , spettacolo che da oltre 2 anni gira per l’Italia (tappe future a Pinerolo il 2/5 e ad Asti il3/5)echeoraconoscel’ormaiconsueta consacrazione tv su La7. Gli fa seguito un approfondimento condotto da Natasha Lusenti, L’importanza della carta stagnola : collegamento con Paolini, ospiti nell’aula magna dell’Istituto scienziati vari che hanno scelto di restare in Italia.

Parlare di Galileo Galilei, l’uomo che con le sue ricerche nel 600 ha dato uno scossone alle scienze e alle coscienze, non poteva non richiedere un contesto adeguato, evocativo, anche se complicato da ottenere (ma i vertici dell’Istituto sono stati entusiasti) e difficile da collegare all’esterno (uno dei veri problemi è fare arrivare a «riveder le stelle» un segnale tv che parte da un luogo schermato, pensato per fermare le particelle cosmiche che non siano i neutrini). Instillando dubbi e amore per la ricerca, Galilei ha dato avvio a un processo di cui è pronipote anche questo luogo: tunnel e tre sale tubolari, piene di strutture metalliche e accumulatori. In genere percorsi dai pochi studiosi per volta, immerse in un’atmosfera sospesa dove temperatura e umidità sono controllate, questi luoghi sono ora percorsi da un popolo estraneo che ne intacca la ieraticità: e infatti solo 99 persone per volta possono entrare. Qui Paolini ha montato la scarna ribalta. Alle spalle Icarus, gru, ponteggi, luci lampeggianti: più che un laboratorio aperto sul nostro futuro, le viscere di una fabbrica metalmeccanica: l’insostenibile leggerezza della ricerca.

Per l’occasione, nello spettacolo ci sarà qualche novità: l’occhio della regia che apre all’ambiente, ai macchinari, una campana che batte lugubri rintocchi, mentre Galileo abiura, in testa il lungo cappello conico dell’«asino». Dopo una vita passata cercando di dribblare i rischi di teorie non gradite alla Chiesa e a far calcoli per stilare oroscopi, pronto soprattutto a tendere la mano per averne riconoscimenti e denaro, alla fine Galileo scrive il libro - Dialogo sopra i due Massimi Sistemi - che gli varrà, a 70 anni, la condanna per eresia. Studiosotra i più popolari dell’epoca, vecchio, piegato dalla pubblica sconfessione delle proprie posizioni (il testo dell’abiura letto in tutte le università cattoliche), parrebbe non più in grado di nuocere. E invece. Tra i 70 e gli 80 anni, «ai domiciliari», controllato a vista da suore, riesce a fare uscire e a pubblicare in Olanda un libro ancora più squassante, la summa delle sue ricerche di gioventù, quelle che aveva messo da parte per sostenere che è la Terra che ruota intorno al Sole e non il contrario. Parla d’altro, ma in controluce lì va a parare... È il trionfo dei deboli, del pensiero che non si arrende, di chi resiste ovunque e comunque.

Paolini si issa sulla mina-pendolo che incombe sulla scena: e se prima vi era come crocifisso, ora oscilla al ritmo liberatorio di un Eppure si muove scritto per lui e per l’occasione da Bandabardò. Manca solo il cappellaccio western ed è la scena finale di Dottor Stranamore . «L’uomo che ha cambiato la storia della fisica e dell’astronomia ha scritto l’opera che aprirà la strada a Newton ed Einstein davecchio - dice Paolini -: toglie ogni alibi a questo Paese per vecchi, a chi, oggi, nelle stesse condizioni decide di andare in crociera. Non a casoho scelto il 25 aprile,data della Resistenza, per la diretta tv». In un 600 tanto simile al 2011, in cui «più che di censura del pensiero egemone si può parlare di autocensura della convenienza», Paolini spera«con uno spettacolo che viaggia sul confine della retorica, dell’antinformazione e della guitteria» di risvegliare almeno una delle tante giovani menti intorpidite che mai penserebbero di darsi a studi fisici o matematici solo perché non rendono. «Sono un attore, non un maestro di pensiero, ma non posso continuare ad aspettare le cosiddette autorità morali».

 



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