I giovani si riprendono il centro storico

Alle 23 di ogni sabato sera scocca l’ora del popolo della notte. E il centro storico zoppo e ferito come un vecchio soldato di ritorno dal fronte che si regge su «stampelle» di tubi e giunti o pali di legno, si veste di luci, suona musica «a palla» come una grande discoteca cittadina, si riempie di tacchi e minigonne, «botellòn» improvvisati e tanta, tanta voglia di divertimento. Perché i giovani aquilani costretti a vivere nelle 19 new town periferiche, lontani dai luoghi dove sono cresciuti, vogliono dimenticare il terremoto e i suoi infiniti problemi. Il domani è oggi, qui, per queste strade antiche coi sampietrini divelti, sotto i tigli che ancora resistono e profumano, dove i gestori dei locali s’inventano di tutto per far divertire studenti e cittadini e per sbarcare il lunario. E dove i pochi residenti rientrati nelle case fanno fatica ad abituarsi al rumore e ai bagni a cielo aperto di via Assergi. Almeno il sabato sera, l’incertezza della ricostruzione sparisce dai discorsi, la parola d’ordine diventa: «evadere». Allontanarsi tra un mojito e un flirt dalla noia di una città scomparsa e sparpagliata in mille rivoli, dove non trovi più nei loro luoghi le poste, i negozi, le scuole, le gelaterie storiche, la colonna sotto i portici, i finestroni di San Bernardino. E incontri Eleonora, aspirante giornalista vestita di rosso, che festeggia il suo compleanno con le amiche, davanti a Le Petit Clos. Hanno fatto la spesa al supermercato e festeggiano su una panchina con birre, spumante, Marramiero, crostata e patatine. Più in là alla Caffetteria centrale di via dei Sali, dj Marco Mastro suona musica house mentre il titolare prepara un cocktail inventato da lui, il Cocomerone, e un Japanees ice-tea per Martina e la sua amica. Al pericolo di una scossa «non ci pensa nessuno», dice sorridendo Chiara, 20 anni, seduta con le sue colleghe ai tavolinetti del Malacoda, «altrimenti qui non ci sarebbe tutta questa gente». E infatti appena oltrepassi la Fontana luminosa - e dopo aver girato per mezz’ora tra via Duca degli Abruzzi e via Castello alla ricerca di un parcheggio - è tutto un pullulare di teste, bicchieri alzati al cielo e risate. «La città dorme di giorno e si sveglia di notte», osserva Cristina, 21 anni, studentessa di psicologia. Eppure vengono i brividi al pensiero di cosa succederebbe se nel quadrilatero pieno di locali tra via Garibaldi-piazza Regina Margherita-corso Vittorio Emanuele-via dei Sali, una scossa o un semplice sospetto provocasse un fuggi fuggi. Ma questa è un’altra storia: il sabato sera, l’unica storia che vale la pena di vivere è quella che i ragazzi riescono a inventare per non far morire la città-fantasma. Per le polemiche c’è tempo anche domani.

da Il Centro



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