I sindaci del cratere delusi e arrabbiati: pronti a dimetterci

Sulla legge che deve normare la ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del cratere siamo arrivati alla farsa. Il decreto o maxiemendamento – che sarà “allegato” alla legge Passera che andrà in Parlamento blindata (il governo chiederà la fiducia) – ancora ieri sembrava un’araba fenice: tutti sanno che c’è ma nessuno sa dov’è. Il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca e le sue teste di cuoio continuano a giocare a nascondino e solo questa mattina all’Una (ore 13 a Roma Largo Chigi 19) Barca svelerà il testo (da depositare poi alla Camera) che in nottata potrebbe aver subito ulteriori aggiustamenti rispetto a quello che ieri è stato fatto girare. Il terremoto dell’Aquila _ 309 morti, migliaia di feriti, una città capoluogo distrutta, paesi cancellati _ è stato trasformato in un gioco dell’oca per il diletto di politici, politicanti, tecnici, burocrati, avventurieri , presenzialisti, boriosi, professorini che sul dolore degli aquilani si trastullano e alimentano le loro aspettative di carriera. La proposta di legge per L’Aquila è diventata meno che carta straccia, ognuno a contendersi il pezzettino che gli fa comodo. Il Comune dell’Aquila, che crede di aver ottenuto tutto o quasi dal ministro Barca (della serie : l’importante era cacciare Chiodi e Fontana che però, di fatto, sono ancora lì), sta alla finestra e stamani si terrà un consiglio comunale solo per cercare di raddrizzare qualche comma contestato dai portatori di interessi pronti a spolpare l’osso fino alla fine. A ritrovarsi nei guai, per adesso, sono i sindaci dei Comuni minori che hanno scoperto che le promesse fatte dal ministro e dai suoi pasdaran erano fumo. Niente otto uffici nelle aree omogenee ma un solo ufficio che di fatto ri-commissaria i primi cittadini. Niente soldi per le seconde case fuori dagli aggregati come invece avrà il centro storico dell’Aquila (ma solo quello perché storicamente per gli amministratori del capoluogo le frazioni sono state sempre poco più che baraccopoli e oggi lo sono veramente), procedure concorsuali _ quindi lunghe e macchinose _ per l’assunzione del personale per gli uffici che dovranno curare le pratiche e nei quali due dirigenti avranno uno stipendio da 200.000 euro l’anno (alla faccia dei tagli alla spesa).Di questo ieri mattina si è parlato a Palazzo Silone, nel corso di un’assemblea fra i sindaci dei Comuni minori e alcuni parlamentari abruzzesi: Giovanni Lolli e Giovanni Legnini del Pd , Paola Pelino , Filippo Piccone e Fabrizio Di Stefano del Pdl, Alfonso Mascitelli dell’Idv. In serata con un comunicato è intervenuto Pierluigi Mantini dell’Udc. Tutti d’accordo che il decreto va cambiato, e subito. Dopo ampia discussione anche i sindaci non si sono trovati tutti d’accordo su come reagire allo “schiaffo” del governo . I falchi capitanati da Pierluigi Biondi sindaco di Villa Sant’Angelo (non a caso uno dei paesi maggiormente segnati dalla tragedia) hanno chiesto manifestazioni eclatanti a cominciare dalle dimissioni in massa (tra l’altro 5 sindaci si sono dimessi da coordinatori di alcune aree omogenee: Sandro Ciacchi, Francesca D’Andrea, Angela D’Andrea, Francesco Di Paolo , Luciano Mucciante). Il coordinatore di tutte le aree omogenee Emilio Nusca ha insistito sulla necessità di chiedere modifiche per riottenere gli otto uffici e le provvidenze per le seconde case. Fino a tarda sera i burocrati del ministero, all’Aquila per l’ennesima passerella del ministro Barca, hanno di nuovo fatto promesse e rassicurato. Stamani si saprà se i “marinai” sono anche nei palazzi del governo.

-Il Centro-


 



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