Benigni e Berlusconi a L'Aquila

"Ieri è venuto Berlusconi, ma non mi hanno avvertito. Se fossi venuto anch'io, ci sarebbe stato un altro terremoto. Avremmo fatto Berlusconi, Verdone e Benigni, i tre più grandi comici italiani all'Aquila". E' un fiume in piena Roberto Benigni quando arriva a Paganica, tra gli sfollati del campo numero 3, dopo un breve giro nel centro storico dell'Aquila che ha aperto la sua giornata fra i terremotati. Il premio Oscar entra nel tendone, dove la protezione civile di Trento ha allestito la mensa, sguscia sotto la tavola imbandita, prende in braccio la corpulenta cuoca Valeria e si mette a servire lo spezzatino. Arrivano a salutarlo gli psicologi volontari: "Meno male che siete qui!", esclama Benigni. Poi il rito degli autografi. Il tempo per una foto con i volontari della Croce Rossa, che lo prendono in braccio, e si riparte in pulmino alla volta di Onna, paese simbolo del sisma. Qui ad accogliere Benigni c'é, accompagnato dalla moglie, Giustino Parisse, il vice capo redattore del quotidiano Il Centro che nel terremoto ha perso i figli Domenico e Maria Paola e il padre. Una sosta davanti all'Albero della memoria, il possente acero sotto il quale sono state deposte le 40 vittime del paese appena estratte dalle macerie, poi un breve giro nel cuore di Onna, sventrato dalla scossa. E' provato Benigni quando arriva nella tendopoli a ridosso del piccolo centro, ma subito scherza con un signore, che porta scritta dietro la maglietta l'ora del terremoto, 6 aprile 3.32. "Mi chiamo D'Ascenzo Giovanni: in tv la facevo più brutto", dice l'uomo a Benigni, che risponde: "Anch'io lo pensavo di Berlusconi, e dal vivo è ancora più brutto". Poi, commosso, saluta la gente di Onna e dice: "Essere qui con voi è per me un grande regalo. Siete un esempio per tutto il mondo! Noi non vi dimentichiamo: se le promesse non vengono mantenute, urlate e chiedete, non vi zittite mai!". Ancora una tappa ai cantieri di Bazzano, poi lo show finale a Coppito, nell'auditorium della scuola della guardia di finanza, dove lo accolgono con una standing ovation quasi 2mila persone: "Non sono venuto qui a parlar male di Berlusconi e del governo", esordisce scherzando Benigni. "E' come l'Italia: giusto o sbagliato che sia, è il mio paese. Sbagliato o sbagliato che sia, Berlusconi è il mio presidente. Ma non vi preoccupate, perché manterrà le promesse: ha detto che le prime case saranno pronte a settembre e così sarà. Io e Bertolaso siamo andati a casa sua, vestiti di nero e con poco trucco come piace a lui, e glielo abbiamo raccomandato". E ancora: "Il governo ha fatto tante promesse che, se ne mantenesse la metà, L'Aquila sarebbe più bella di New York. Ma noi controlleremo che vengano rispettate". Infine, un impegno: "Spero di tornare quando la ricostruzione sarà avvenuta, per gioire con voi". 


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