Cinema Naturalistico a Prati di Tivo

La carovana piena di visioni in celluloide del Festival internazionale del cinema naturalistico e ambientale è arrivata oggi 18 agosto a Prati di Tivo, sotto le altissime vette del Gran Sasso, per la quinta tappa attraverso gli incantevoli borghi dell'Abruzzo montano. ''Siamo felici – spiega il direttore del festival Riccardo Forti – di tornare in questi luoghi incantevoli, che sono stati essi stessi superbe scenografie per tanti documentari ed opere cinematografiche. A causa del terremoto la stagione turistica si è rivelata anche qui più difficile del solito, e allora la speranza è che il nostro Festival possa contribuire ad un lento ritorno alla normalità''.
Due come sempre i documentari che saranno proposti al pubblico di Prati di Tivo, a partire dalle ore 21.

 PRATI DI TIVO - Si comincia con ''Il custode dei boschi'', del talentuoso documentarista Alessandro  Di Federico, che nel 2007 si è aggiudicato al Festival del cinema naturalistico e ambientale l'ambito Premio per il giovane regista.

Di Federico esplora con la sua discreta e silenziosa telecamera, e soprattutto con capacità di vivere intimamente ciò che si racconta,  la Riserva naturale del lago di Penne, un piccolo angolo di paradiso caduto sulle colline del pescarese.  Attore pricipale è il pettirosso, il cui  canto melodioso fu imitato da Chopin nel tema principale della “Grande polonaise brillante”, e che deve il colore, vuole la leggenda, ad una goccia del sangue di Cristo, cui il pettirosso avrebbe cercato di alleviare le sofferenze sforzandosi di strappare le spine della corona. Una scolaresca, grazie all'attività del Centro di educazione ambientale della Riserva, attraverso l'osservazione e lo studio del pettirosso, ha l'occasione di fare esperienza di quel meraviglioso mistero che è la complessità della natura e  della bellezza  della loro terra, lì dove è risparmiata dall'avanzata del cemento e dei capannoni industriali.
Il secondo documentario proposto nella serata di Prati di Tivo è "Mystery of the Iceman", a firma di Brando Quilici  e realizzato per la Discovery Channel. La pluri premiata opera racconta, con ritmo e spettacolari immagini,  l'incredibile ritrovamento della mummia del Similaun. Il 19 settembre 1991 i coniugi  Erike e Helmut Simon scendendo dalla cima Finale, al confine tra  Austria e Italia, rinvennero casualmente a quota 3210 metri  le spoglie di un uomo dell'età del rame, strappato improvvisamente alla vita con i suoi indumenti e il suo equipaggiamento quotidiano. L'uomo, forse un pastore, ha sul suo corpo ben cinquantasette tatuaggi, che consistono in misteriosi punti, linee e crocette. Al suo fianco  è stato trovato un arco in legno di tasso,  una faretra con due frecce,  un'ascia in rame, una perla in marmo, esche ed acciarino ed uno zaino per contenere questi oggetti. Nella misteriosa morte dell'uomo di Similaun, fa comprendere il documentario,  è scritto anche il destino dell'intera umanità.



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