Depositata la perizia per la morte sul Gran Sasso di Massimiliano Giusti

Massimiliano Giusti, è morto «per insufficienza cardio-respiratoria acuta da emorragia». È quanto sostiene la consulenza tecnica medico-legale del dottor Cristian D’Ovidio dell’Università D’Annunzio in relazione alla morte dell’alpinista aquilano di 37 anni, rinvenuto morto il 29 febbraio di quest’anno dopo una rovinosa caduta in un crepaccio del Gran Sasso, durante il tentativo di ritrovare la strada del ritorno. Fa dunque un passo avanti l’indagine del pm Stefano Gallo e dei carabinieri della stazione di Assergi, che ha iscritto sul registro degli indagati ipotizzando il reato di omicidio colposo il compagno di avventura dell’alpinista deceduto, Paolo Scimia, anche lui dell’Aquila, riuscito miracolosamente a salvarsi dalla bufera in atto e a dare l’allarme. Per il consulente dunque le lesioni riportate da Giusti sono «riconducibili agli effetti di una precipitazione da grande altezza» con «primitivo interessamento traumatico cefalo-toracico». Infine D’Ovidio conclude sostenendo la natura «accidentale» della morte dell’escursionista. Il deposito della consulenza consente ora al pm di poter chiudere le indagini preliminari. L’indagato è assistito dall’avvocato Ferdinando Paone mentre la parte offesa dall’avvocato Roberto Madama. La scoperta del corpo dell’alpinista era avvenuta a vista. Da Campo Imperatore si era alzato in volo un elicottero del Corpo forestale dello Stato con a bordo un maresciallo del Soccorso alpino della Guardia di Finanza per il recupero della salma. Dopo una manovra molto difficile il velivolo aveva individuato il giovane e poi due soccorritori, uno della Finanza e l’altro del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico erano intervenuti per primi per il recupero.
 



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