Assergi, la chiesa di S. Maria Assunta

  La chiesa di S. Maria Assunta (già S. Franco) sorge sullo sperone roccioso che chiude ad oriente l'abitato di Assergi. La chiesa mostra oggi un volto essenzialmente tardo romanico ma le sue strutture testimoniano ancora un passato artistico complesso ed articolato che ha visto nel corso dei secoli il succedersi di tanti e svariati interventi architettonici: ampliamenti, restauri, consolidamenti, ammodernamenti ed infine un discusso restauro in stile. In luogo di un più antico monastero, probabilmente dedicato a S. Maria in Selice, nel 1150 è edificata la nuova chiesa per volontà del vescovo di Forcona Berardo, come ricorda un piccolo cartiglio di pergamena rivenuto nella demolizione dell'altare dedicato a S. Egidio alla fine del Settecento; le strutture di questa primitiva chiesa, in seguito dedicata a S. Franco (eremita nato a Roio nel 1156 e morto santamente tra il 1220 e il 1230), possono essere individuate nella cripta dell'odierna S. Maria Assunta. La cripta è stata ricondotta alla sua "primitiva severa bellezza" (Gianfrancesco D, 1980) dai restauri condotti dalla Sovrintendenza tra il 1965-66, durante i quali furono elimiate le decorazioni barocche settecentesche. La cripta mostra oggi un impianto a tre navate con archi a tutto sesto e copertura a volta a crociera; i fusti delle colonne monolotiche si ergono senza base e sostengono dei larghi capitelli, due dei quali dalla "forma cubica pulvinata" (Gavini, 1937), gli altri scolpiti con un irregolare motivo a dentelli. Su di un capitello è leggibile l'iscrizione ALDO PR ET MONAHI (Aldo presbitero, o priore, e i monaci - Gianfrancesco, 1980). In seguito ai restauri sono emersi lungo le pareti interessanti brani di affreschi. Nella cripta è possibile ammirare opere di particolare valore artistico come la preziosa cassettina in argento dorato contente le reliquie di S. Franco, opera del maestro Giacomo di Paolo di Sulmona datata 1481 (vd. sezione Oreficeria, Arte Orafa, Oggetti), sorretta dal pluteo di un perduto ambone scoperto dal Gavini, sul quale in una "maniera secca e poco argomentata" (Gandolfo, p. 159) sono scolpiti quattro rosoni ed un pavone, accostabili per stile al pulpito pure frammentario di Castelli. Altre due pregievoli opere sono collocate nella navata sinistra: su un cassone in legno datato 1636, sul quale sono dipinte una Madonna con Bambino e Santi, è adagiata la bellissima scultura lignea raffigurante un'insolita Madonna puerpera riferibile al XIV secolo (vd. sezione Scultura Lignea, L'Aquila). Accanto alla cripta si apre un ambiente diviso in quattro campate da una colonna posta al centro, sulla quale convergono le volte a crociera; attraverso una scalinata si sale alla sagrestia. La chiesa superiore assume l'attuale impianto a tre navate, "larghissime"e "sproporzionate" come sottolineava il Gavini (Gavini, 1937), tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento. Nonostante a partire del XIII secolo il linguaggio goticizzante si diffonda nella nostra regione, soprattutto tramite la mediazione cistercense, tuttavia assistiamo ancora fino al XIV e addirittura al XV secolo al permanere di una spazialità, di moduli e motivi di sapore essenzialmente romanico, come è possibile riscontrare nella chiesa di S. Maria Assunta ad Assergi. L'interno è stato riconodotto alle forme romaniche in seguito al restauro degli anni Sessanta del Novecento. Il Gavini che visitò la chiesa barocca lamentava "gli artisti del XVIII secolo non si fecero scrupolo di spiccar volte su quadri dipinti a fresco, di seppellir colonne entro piloni di muratura..." (Gavini, S. Maria Assunta). Già nel XVI secolo le pareti si erano arricchite di altari, dal momento che la visita pastorale datata 13 ottobre 1577 ne registra ben otto; nel corso del Settecento, oltre le colonne riquadrate in pilastri e la decorazione a stucco, sono aperti quattro finestroni lungo le navatelle ed è innalzata la copertura; ancora nel 1902 si interviene con la "marmoriazione delle colonne, con dorature, con ornati, con nuove pitture" realizzate da Giacomo Cervelli e Giacinto Muzi: tutte opere che il restauro condotto dal Moretti provvederà ad elimiare per riportare alla luce "intatte le strutture romanico-aquilane della fine del secolo XIII" (Moretti, 1972). Oggi l'interno mostra due file di semplici colonne, archi a tutto sesto ed una copertura con travi di legno a vista; dietro l'altare maggiore apre il semplice giro dell'abside sovrastato da un'ampia monofora; lungo le pareti e sulla superficie delle colonne è possibile individuare vari lacerti di una decorazione ad affresco che in origine doveva far splendere di colore tutta la chiesa. Alcuni dei riquadri più recenti e meglio conservati sono da alcuni attribuiti a pittori di rilievo come Saturnino Gatti e Francesco di Montereale (secc. XV-XVI). All'interno della chiesa è inoltre possibile ammirare un tabernacolo del 1502 che unisce elementi rinascimentali a motivi gotici, dietro il quale è conservata una Pietà ad affresco, ed inoltre una scultura lignea raffigurante S. Franco, cui fanno da sfondo affreschi del XV secolo che narrano episodi della vita del Santo. Per finire, la facciata mostra, nella terminazione orizzontale e nelle linee del portale e del grande rosone di coronamento, elementi chiaramenti romanici, sebbene sia da datare al Quattocento: ancora una dimostrazione di quanto a lungo il linguaggio romanico abbia imperniato l'edilizia del nostro territorio. Il portale maggiore è fiancheggiato da esili colonnine con i capitelli a foglie di acanto, dai quali salgono gli archivolti a pieno centro decorati con un motivo a foglie e a spirale, inframmezzato da un giro largo e piatto sul quale si scogono ancora lacerti di una teoria dipinta di angeli in volo; non è più visibile la decorazione della lunetta, mentre ben conservato è il rilievo dell'architrave con i tralci della vite che fanno da sfondo all'agnello crucigero e ai due stemmi di Assergi. In alcuni tratti si individuano tracce del colore che in origine doveva rendere molto più vivace tutta la composizione. Il rosone disegna nella pietra una elegante trina traforata e ricorda molto i rosoni di S. Maria di Collemaggio a L'Aquila e di S. Maria delle Grazie di Rosciolo (Aq), tanto da far ipotizzare l'impiego di stesse maestranze. Al XV secolo può datarsi anche il bel campaniletto a vela.



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