IL FUTURO DELLA FISICA IN EUROPA

Il 10 settembre si apre a Cracovia, in Polonia, il workshop dell’European Strategy for Particle Physics che ha il compito, come dice il nome di fissare la strategie europee nel campo delle ricerche nella fisica delle particelle per i prossimi anni.

Il presidente dell’INFN, Fernando Ferroni, ha risposto ad alcune domande rivoltegli dall’Ufficio Comunicazione INFN.

 

Nature fa dire all’ex direttore del CERN, Christopher Llewellyn-Smith che proporre oggi nuove macchine per la ricerca in fisica in un momento di difficoltà economica del continente è una “impresa scoraggiante”. Dunque, che cosa c’è nel futuro della ricerca in questo campo, per l’Europa?

E’ vero che siamo in una crisi economica che è assieme stagnazione e criticità del debito sovrano europeo, ma è anche vero che, con lungimiranza, i governi hanno deciso di mantenere inalterato il finanziamento al CERN, che continuerà a viaggiare sul miliardo di euro all’anno. Questo consente di progettare strategie di ricerca sentendosi protetti dalla volontà unanime di 20 Paesi, e non è poco. Questo dato positivo ci dice che quello del CERN è il modello con cui la ricerca europea nella fisica si deve proiettare all’esterno, verso imprese scientifiche internazionali. Se nuove macchine e nuove infrastrutture si progetteranno, come ad esempio l’acceleratore lineare di cui si parla da anni, saranno collocate molto probabilmente fuori dall’Europa. Ma il nostro contributo, finanziario e di idee, dovrebbe avvenire attraverso il CERN, cioè attraverso una struttura unica più grande e più economica, non con iniziative bilaterali dei singoli Stati. E’ un modello, questo, che dovrebbe essere esteso anche alla fisica astroparticellare, rafforzando APPEC, la struttura di coordinamento attuale, che imiti nel CERN nel modello organizzativo centralizzato e che guardi alla possibile creazione di un budget a composizione europea, compatto, che vada oltre l’attuale somma incoerente di contributi dei singoli Paesi. 


Si è parlato di acceleratore lineare, ma quali sono le scelte strategiche di cui si parlerà a Cracovia nel workshop europeo?

Il collider lineare può essere una delle opzioni per studiare con precisione le caratteristiche del bosone di Higgs. E comunque, ripeto, non può essere costruito ne’ in Europa ne’ dalla sola Europa. Ma oggi qui sul vecchio continente abbiamo un grande patrimonio da sfruttare. L’acceleratore LHC ha appena iniziato a funzionare raggiungendo la metà dell’energia di progetto e avvicinandosi alla luminosità prevista. E ha già centrato l’obiettivo scientifico per il quale era stato pensato, l’osservazione del bosone di Higgs. Fra due anni avremo il raddoppio dell’energia di LHC a 14 TeV . Ma la macchina può avere un ulteriore upgrade – e su questo c’è una convergenza che dovrebbe essere resa esplicita a Cracovia – che la porterà a una luminosità più alta. Certo, questo non aumenterà moltissimo il potenziale di scoperta di LHC, ma lo amplierà in alcune specifiche finestre. Un passo strategico, di lunga prospettiva, può essere la progettazione di una nuova generazione di magneti superconduttori cosiddetti “ad alta temperatura” (ben più alta comunque dei 3 Kelvin degli attuali) per arrivare a acceleratori capaci di caricare i fasci a energie di 30 TeV . La tecnologia per questi magneti non esiste ancora, ma del resto nemmeno quando si è iniziato a parlare di LHC, negli anni ’80, esisteva la tecnologia per quei magneti che oggi funzionano benissimo a Ginevra. Un terzo elemento strategico è la ricerca nel campo dei neutrini fatta con gli acceleratori. Il CERN può immaginare un progetto per questo tipo di ricerca da attuare con gli acceleratori presenti a Ginevra. E contribuire, in una prospettiva più lunga, alla creazione di una grande infrastruttura per lo studio dei neutrini in ambienti schermati. Una sorta di super Gran Sasso.

 

Siamo partiti con le domande dalla coda, rimettiamole con i piedi per terra. Abbiamo parlato di infrastrutture e macchine, ma per fare quale fisica?

Partiamo dalla novità più importante, il bosone di Higgs. Dobbiamo capire se è davvero quello previsto dal Modello Standard o è un suo parente e in questo ultimo caso, capire come è fatto. Questo è un obiettivo che può essere conseguito in due modi: o facciamo una macchina specifica, una “Higgs factory”, o cerchiamo di capirlo, seppur con grande difficolta’, con LHC. L’altra prospettiva di ricerca è capire perché ( detta con una metafora) il Modello Standard funziona così bene anche se non dovrebbe. La maggioranza dei fisici è convinto che esista della nuova fisica oltre l’energia raggiunta finora con gli acceleratori, particelle che ci potremmo aspettare nella nuova fase “potente” di LHC, quella a 14 TeV. Se la macchina di Ginevra non vedrà nulla, allora questo significa che questa nuova fisica non sarà accessibile per produzione diretta di particelle da nessuno per i prossimi anni, fino a una nuova generazione di acceleratori. Infine, due filoni che possono nascere sempre dalla ricerca in LHC: quello aperto dalla inaspettata comparsa di una particella non prevista (una fortuna che può sempre capitare esplorando una zona di energia mai osservata prima) e quello che potrebbe venire dalla creazione artificiale di particelle di materia oscura nell’acceleratore. Particelle che potrebbero essere (o non essere) connesse alla nuova fisica. Resta poi la ricerca sul neutrino. Potrebbe rivelarci, attraverso una violazione di CP che non riusciamo ancora a vedere, i meccanismi che hanno portato la materia a prevalere sull’antimateria all’inizio dell’Universo. E poi, esiste davvero la variante “sterile” dei neutrini? E sempre sui neutrini, ne conosciamo la massa relativa (cioè di ognuno in relazione all’altro) dei neutrini appartenenti alle tre famiglie (tau, elettronico, muonico), ma non la gerarchia assoluta delle loro masse: qual è? Infine sempre sui neutrini c’e’ la questione della natura di Dirac o Majorana della loro massa che puo’ essere risolta solo con esperimenti ai laboratori sotterranei, col Gran Sasso privilegiato nella competizione in corso.

 

Torniamo al tema con cui abbiamo iniziato: i fondi. Per queste scelte strategiche occorrono molti soldi?

Io credo che la ricerca europea nella fisica delle particelle non debba chiedere più fondi, ma un consolidamento di quelli attuali, la sicurezza di poterne disporre ancora per un periodo ragionevole. Senza tornare indietro. Oggi la fisica europea è all’avanguardia nel mondo e questo significa potenzialità tecnologiche di altissimo livello e competitività sui mercati globali. Tornare indietro da questa posizione strategica comporterebbe pochi contraccolpi nei tempi brevi, ma sarebbe un disastro irreparabile per le generazioni che verrebbero subito dopo.


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