Bosone di Higgs, la ricerca non si fermi Intervista al presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica

Bosone di Higgs, la ricerca non si fermi

 

Intervista al presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare


Sabato scorso, alla Città della Scienza di Bagnoli (Napoli), è andato in scena lo spettacolo della Scienza, con i protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, al Cern di Ginevra, e con alcuni giocolieri, tra cui Pep Bou, specialista in bolle di sapone. “Somigliano molto all’origine del mondo”, ha dichiarato a Televideo il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Fernando Ferroni, ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato Napolitano, insieme ad altri 30 fisici italiani tra cui Sergio Bertolucci, direttore scientifico del Cern, Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, insigniti dell'onorificenza di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. A Ferroni, il titolo di commendatore.

“Il bosone è stato il soffio d’aria nella bolla di sapone, che ha fatto sì che la materia banale delle particelle senza massa diventasse qualcosa di più complesso: il mondo che siamo e che conosciamo”, spiega Ferroni, che sottolinea anche come questa scoperta abbia aperto nuove strade alla ricerca sull’origine dell’Universo. Strade che ora gli studiosi devono percorre, per non vanificare i loro sforzi, ma, sostiene Ferroni, “bisogna trovare il modo di avere i finanziamenti per continuare a seguirle”.

La manifestazione di Napoli, ripresa da Rai 150, va in onda mercoledì 26 settembre in prima serata su Rai Storia.

Quello di Napoli, Professor Ferroni, è stato un incontro per spiegare gli ultimi risultati degli esperimenti in corso al Cern di Ginevra, che hanno confermato, grazie all’acceleratore di particelle, l’esistenza del bosone di Higgs. Questa iniziativa è stata promossa per quale motivo?
Noi cerchiamo di fare, indipendentemente dalla scoperta, e certo che con la scoperta viene meglio, divulgazione culturale, per cercare di avvicinare il pubblico alla scienza, senza però annoiarlo. A Napoli abbiamo fatto uno spettacolo di due ore, in cui ovviamente non si è parlato solo di ricerca scientifica. C’è stato uno spettacolo organizzato da Patrizio Roversi, tra l’altro non è la prima volta, al quale hanno assistito famiglie con figli piccoli, nonni e ragazzi.

E lo spettacolo su cosa si è basato?
Roversi si è fatto aiutare da Susy Blasi. I fisici sul palco erano Fabiola Gianotti, dell’esperimento ATLAS, e Guido Tonelli, portavoce di CMS, poi c’ero io. Sono stati proiettati dei filmati e, tra un pezzo di fisica e un altro, c’erano tre gruppi di giocolieri, tra cui un personaggio straordinario (Pep Bou, ndr) che produce bolle di sapone simili alla nascita dell’Universo.

E come fa a dire che le bolle di sapone riproducono in qualche modo la nascita dell’Universo?
Beh, diciamo che somigliano molto all’origine del mondo queste bolle che in un istante diventano grandissime. Questa è proprio la nostra percezione di come nell’Universo subito dopo il Big Bang si sia sviluppato questo fenomeno abbastanza incomprensibile ma che certamente è potuto succedere che si chiama “infrazione”.

Cioè, c’è stata un’espansione.
Assolutamente sì.

Un’espansione che poi ha portato a una rottura.
La rottura avviene tra l’unica forza che c’è all’inizio e tutte le forze, quattro almeno, che si sono manifestate dopo. Certamente c’è stata una rottura quando la temperatura si abbassava, sostanzialmente. Queste forze si riconoscevano, si manifestavano in maniera diversa e hanno reso il mondo così bello e interessante come è.

Detto così è molto affascinante e sembra anche piuttosto semplice, perché il paragone con le bolle di sapone è accessibile un po’ a tutti.
C’è molta intuizione nel vedere questa bolla che cresce così rapidamente.

E però, ripeto, poi esplode.
Sì, ma c’è di più. Addirittura evoca questa teoria affascinante per la quale in realtà l’Universo non sia un oggetto unico, ma che di Universi ve ne siano stati tantissimi, o forse ce ne sono tantissimi. Comunque, uno vede qualche bolla che nasce male, che nasce storta, altre che ricadono immediatamente e si richiudono, qualche bolla che esplode. Insomma, una varietà di fenomeni che a noi piace pensare.

Adottiamo allora questo simbolismo, questa metafora, della bolla di sapone. Qualcuno soffia e diciamo “crea” una serie di bolle o una sola bolla. La loro sorte comunque è incerta.
Sì, in effetti la bolla si può fermare e restare lì piuttosto tranquilla fino a quando non le si dà fastidio. Nella maggior parte dei casi, al di là di tutto, ricade sul pavimento e vi può restare per un tempo abbastanza lungo. L’Universo fino ad adesso è durato 15 miliardi di anni e non è dato sapere esattamente quanto voglia durare ancora. La scoperta del Bosone di Higgs, di questa “massa speciale”, in realtà ci suggerisce una possibile stima sulla durata dell’Universo, ma forse è meglio non spaventarci.

Quanto abbiamo giocato con le bolle. Da una prima, originaria, ne viene fuori un’altra o altre.
E può dare origine a bolle che si toccano o a bolle che invece partono ognuna nella sua direzione e non si incontrano più. E’ tutto un po’ possibile. La verità è che sull’inizio dell’Universo, su quegli istanti che non si possono ancora descrivere in termini di tempo, non si sa molto. Con i nostri esperimenti abbiamo la pretesa, l’arroganza, o l’ardire, di sostenere che riusciamo a creare le condizioni che c’erano nell’Universo un centesimo di miliardesimo di secondo dopo l’inizio. Ma qui stiamo parlando di una cosa che è 25 ordini di grandezza prima, quindi un tempo infinitamente piccolo. Un qualcosa che noi non possiamo analizzare con la fisica che conosciamo.

Ma il bosone sarebbe il sapone?
In un certo senso. La parte del sapone la potrebbe fare. Noti che se all’interno di una bolla di sapone si potesse insufflare aria calda o fredda, dentro ne appaiono altre, molto piccole. Ecco, per me il bosone è quella cosa lì, quella che riesce in qualche modo a far apparire questi grani di materia.

Quindi il bosone è l’origine della materia.
Sì, ma della materia non banale. Nel senso che la materia, sottoforma di particelle senza massa, ci poteva essere anche prima. Però quella era una materia inutile, da un certo punto di vista. Noti che stiamo ragionando da un punto di vista antropico. Io sono contento di esserci, voglio dire che mi sarebbe dispiaciuto se la materia fosse rimasta in quello stadio e non avesse potuto costruire cose complesse.

C’è da dire che ancora tanti studi vi e ci attendono per i prossimi anni.
La scienza è fatta d’altronde così: se scopre una cosa e la verifica, si aprono davanti un numero di strade maggiore rispetto a quello che si aveva prima. Ma queste strade vanno poi percorse. Certo, bisogna anche trovare il modo di farsi dare i soldi per seguirle.

Qualche giorno fa abbiamo incontrato il presidente dell’Asi, Saggese, che presentava la missione dell’astronauta italiano Luca Parmitano, in partenza a maggio del 2013 per la Stazione orbitante. Gli abbiamo chiesto come mai all’Agenzia spaziale italiana i finanziamenti non sono stati tagliati come è invece successo all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Saggese ci ha risposto che i soldi che l’Asi riceve transitano soltanto perché poi vengono dati alle imprese. E queste imprese, aggiungiamo noi, fanno in modo che l’economia giri, soprattutto in questi tempi di crisi.
Non credo sia questo il punto. Innanzitutto un Ente di ricerca e un’Agenzia sono due cose diverse. Come ha detto Saggese lui i soldi li ha per darli alle imprese che costruiscono satelliti. E questa è tecnologia, rispettabilissima, anzi ciò arricchisce di competenze l’industria italiana in questo settore, che fa capo a Finmeccanica. E questo va tutto bene. Ma il satellite non è fine a sé stesso. Il satellite viene messo in orbita per qualcosa. Sui satelliti ci possono andare apparati o rilevatori che hanno progettato i fisici. Questi strumenti studiano le proprietà del cosmo. Quindi, a me pare che intanto stiamo facendo un mestiere complementare. E poi, il fisico sviluppa prototipi, oggetti che sono all’estremo limite della tecnologia, dopo di che deve andare necessariamente da un’industria che produca lo strumento studiato e messo a punto. L’Infn è un laboratorio universitario di ricerca, non di produzione. Quando è stato costruito l’Acceleratore di Ginevra, nei laboratori di tutto il mondo sono stati sviluppati magneti superconduttori straordinari, ne sono stati fatti due, tre. Poi però i 1600 che erano necessari li ha fatti l’Ansaldo, li ha fatti una ditta tedesca e un’altra francese: la commessa è stata divisa in tre pezzi.

Il ruolo delle industrie è essenziale.
Sì, ma quelli che le aiutano a mettere in moto il processo di costruzione di strumenti sempre più tecnologicamente avanzati, ma che hanno ovviamente un’applicazione nella società, ecco quel motore sono i fisici ricercatori. Il mercato è un’altra cosa. Sempre restando ai magneti, la ditta che li produce per sopravvivere deve trovare un mercato. Ad esempio, presto gli ospedali del mondo saranno dotati di strumentazioni di risonanza magnetica che sfruttano i magneti superconduttori utilizzati per l’Acceleratore di Ginevra.

Il presidente della Repubblica Napolitano vi ha voluto incontrare per essere informato sullo stato della ricerca al Cern. Un’occasione per ribadire tutto questo che ci siamo finora detti.
Sì, per ricordare soprattutto le difficoltà che sta affrontando l’Infn dopo le leggi finanziarie degli ultimi anni e dopo la recente spending review dell’attuale governo. Sono fiducioso, perché Napolitano ci vuole bene.

Napolitano vuole molto bene all’Italia e alla ricerca.
La grande dimostrazione di capacità della ricerca italiana può essere messa in crisi se non si segue la strada virtuosa di incoraggiare la ricerca con finanziamenti e soprattutto persone. Perché il finanziamento diventa secondario quando si perdono generazioni di ricercatori che devono andare a trovarsi lavoro all’estero.

- da RAI Televideo -


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