I borghi antichi e un pizzico di coraggio

Ha 46 anni, ma dice di avere l’età mentale di un 13enne. il padre era svedese, grande commerciante di legnami. La mamma è pescarese, della famiglia Miklesi, quella che ha costruito il cementificio. Lui, Daniele Kihlgren, è nato a Milano 46 anni fa, ma da più di 15 vive in Abruzzo, tra Spoltore e Santo Stefano di Sessanio dove ha realizzato il primo pezzo del suo grande puzzle: restaurare borghi antichi e dimenticati per trasformarli in alberghi diffusi. Come è nato il suo rapporto con l’Abruzzo? In seguito alla morte di mio fratello Edoardo a cui ero molto legato. Avevo 27 anni, mi ero laureato da poco in Filosofia alla Statale di Milano; venni in moto, una Honda Cb 400 Four, la prima volta, e andai a stare nel cementificio di Pescara, di proprietà della famiglia di mia madre. Ci dormivo pure nel cementificio. Mi occupavo di di terreni agricoli, di gestione e ripristino di cave. Cosa faceva, oltre a vivere nel cementificio? Giravo molto l'Abruzzo in moto. E in uno di questi giri vidi un castello bellissimo a Rocca Calascio che mi fece scattare in testa un’idea che avevo da tempo. Quale? Quello di rivalutare il patrimonio storico anche minore dell’Italia. Cosa la colpì di Santo Stefano di Sessanio? La prima volta che ci arrivai, sempre in moto, non c’era niente, se non un rapporto magico tra le case in abbandono e il territorio: nessuna traccia del Ventesimo secolo. C’era un ristorante che era nato come una scuola in un paese dove non nasceva un bambino da 20 anni. Era un borgo che, nelle guide del Touring, aveva appena una citazione mentre, per dire, Scanno aveva 20 pagine. Questo borgo, per usare un termine nicciano, rappresentava il capovolgimento. Cioè? Voglio dire che proprio dall’inedificabilità nasceva il valore aggiunto del luogo. Iniziai a ristrutturare quelle case con l’idea di tutelare l’integrità del territorio. Fu un progetto complicato da portare a termine? Era un progetto sorretto da quell’idea forte che dicevo. La difficoltà maggiore da superare è stata quella di comperare le case e poi di convincere l’architetto con cui lavoravo a non aggiungere nulla di contemporaneo, a fare un vero restauro. E’ stata dura? La difficoltà maggiore era proprio quella: quasi sempre gli architetti devastano gli interni storici dei nostri palazzi. Pensa che il mio architetto voleva mettere, dentro quelle case, delle poltrone Frau. Io, invece, volevo fare un discorso di tutela molto estrema del rapporto fra edifici e paesaggio, per rispettare l’identità di un borgo incastellato di fine medioevo. Il borgo restaurato e trasformato in albergo difuso ha ospitato persone famose? Sì, anche attori di Hollywood, ma non mi va di fare nomi. Un progetto di questi tipo ha portato in Abruzzo anche persone che non ci venivano mai, che non sapevano neppure della sua esistenza. E’ stata una visione in cui ho messo tutti i miei soldi. Quanti soldi? Mah, 10 milioni di euro. Da lì sono andato avanti e ho preso altri borghi in Abruzzo e in Molise: Montebello sul Sangro, Frattura di Scanno, Rocchetta al Volturno, Maltese, Serra e Valle Pezzata. Poi c’è quello sul Lago di Bomba e un altro che sto facendo con David Chipperfield, il grande architetto, a Musellaro di Bolognano in provincia di Pescara. E fuori Abruzzo ci sono i Sassi di Matera dove abbiamo fatto la prima concessione, mentre per la seconda sto cercando dei soci. E’ difficile trovare soci in Abruzzo per questo tipo di progetti? Gli imprenditori stranieri sono più audaci, non c’è dubbio. E’ come per i bagni in mare, gli stranieri lo fanno anche in marzo, noi italiani no. Il futuro dell’Abruzzo come lo vede? L’Abruzzo non potrà mai competere né con la Silicon Valley, né con la Cina. Questa regione, però, ha un’identità molto forte, fatta di paesaggi, di piccoli borghi lontani dagli stereotipi della classicità ma molto seduttivi. E poi ha un patrimonio agroalimentare importante. Si può vivere solo di questo? Se devo confrontare la costa abruzzese, e adriatica in generale, con quella del Tirreno è difficile consderarla integra, oggi. Ma non si può andare contro le leggi della macroeconomia. Tuttavia, dove sono rimasti integri questi borghi antichi, in certe zone dell’interno, essi devono essere al centro dell’agenda politica abruzzese. La classe dirigente abruzzese è all’altezza di questa sfida? Per il nostro progetto di borghi incastellati abbiamo parlato con il presidente della Regione, con il sindaco di Santo Stefano di Sessanio, e – a meno che non mi abbiano raccontate delle fregnacce – dovremmo essere i primi a realizare questo tipo di tutela del paesaggio in una territorio che, ogni qualvolta ha avuto una destinazione turistica, è stato violentato . I giovani abruzzesi fanno bene a restare per cercare di costruire qui il l loro futuro? Ai giovani dico che, siccome si vive una sola volta, nei limiti del possibile, devono cercare di realizzare i loro sogni, costi quel che costi»
 

(da Il Centro)



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