San Pietro della Ienca, subito servizi e parcheggi e l’approvazione di un piano di recupero

 gruppi di tre, cinque, sei persone, i fedeli si avvicinano al santuario di San Pietro della Ienca. Un continuo via vai di turisti e pellegrini parcheggiano come possono lungo la stradina che fiancheggia la chiesetta, nel borgo di San Pietro, a Camarda. Entrano in punta di piedi e pregano nel piccolo eremo dove passò Beato Papa Giovanni Paolo II. Segno che il “marchio” Papa Giovanni Paolo II attrae turisti. E non è solo apparenza. Vengono da Padova, Terracina (Latina), Pescara, Teramo, Villa Sant’Angelo. Alle 11,45 sono almeno 35 le persone che, poco per volta, sono entrate nel santuario. Dunque, Pasquale Corriere non ha tutti i torti quando dice che «il futuro del turismo aquilano non può prescindere da quello religioso». Era il 29 dicembre del 1995 quando Papa Woytjla si fermò per qualche giorno nella chiesetta nascosta ai piedi del Gran Sasso. Ad accorgersi di lui fu Corriere, presidente dell’Associazione culturale San Pietro della Ienca. Da allora quella di trasformare l’eremo, diroccato fino agli anni 80 e usato addirittura come stalla per gli asini, in un santuario dedicato a Papa Woytjla è diventato il suo sogno, una realtà dal 18 maggio 2011. E l’eremo quasi sconosciuto fino alla fine degli anni 90, è diventato meta dei pellegrini di tutto il mondo. Nei 10 registri conservati nella sua casa ristrutturata nel borgo, Corriere elenca visitatori «da Giappone,Canada, Spagna, Cina, Francia, Cairo ed Egitto e moltissimi dalla Polonia», racconta Corriere. «Qui sono passati lasciando la loro firma anche un vescovo siriano e uno africano, l’ambasciatore americano e, nel giorno della proclamazione del santuario, tutti i vescovi polacchi». Corriere ricorda anche un episodio particolare: «Quattro anni fa vidi fermarsi davanti alla chiesa un’auto del “Corpo diplomatico”, scesero alcune persone, fecero all’esterno un saluto ad Allah e poi entrarono nella chiesa». Il Santuario di San Pietro della Ienca è un anello di congiunzione tra un importante santuario, quello di San Gabriele a Isola del Gran Sasso e gli eremi della Majella. Tra gli uni e gli altri ci sono una miriade di luoghi, chiese, abbazie da visitare. C’è anche un sentiero di pellegrinaggio che parte dalla Toscana, attraversa l’Appennino abruzzese e termina all’Aquila, toccando lungo il percorso tanti Comuni. Per trasformarlo in un volano per il turismo locale, bisogna però, ancora lavorare sodo. Tra San Pietro della Ienca e San Gabriele sta per partire un gemellaggio per avvicinare i turisti dei due luoghi di culto. «Manca solo la lettera del sindaco di Isola del Gran Sasso al sindaco Massimo Cialente per avviare le procedure», spiega Corriere. Intanto a San Pietro della Ienca i servizi non esistono. Prendiamo i fedeli di ieri: non hanno trovato un bagno e nemmeno un bar. Non un punto informativo e nemmeno una persona che facesse da “guida” ai turisti un po’ spaesati. I quali, dopo aver risolto il problema del “bagno” dietro a un cespuglio, sono andati via. Altro che mordi e fuggi. Il movimento turistico diventa “toccata e fuga”. Perché la gente arrivata ieri – a fine giornata un centinaio di visitatori – non si è fermata nemmeno a prendere un caffè al bar «Pic nic house», o al ristorante «Giampy», ma hanno sicuramente ripreso l’autostrada, a pochi chilometri dal santuario, per tornare da dove sono venuti. Allora, cosa manca? «Prima di tutto un parcheggio e i bagni pubblici», spiega Corriere. «Progetto che ha già una copertura finanziaria di 500mila euro e deve essere approvato dal consiglio comunale». Altra «urgenza» è «il piano di recupero del borgo, che preveda anche la costruzione di piccole case». Corriere ha le idee chiare: «A San Pietro deve essere costruito un bar-ristorante», aggiunge il presidente dell’associazione, «avendo cura di creare una sorta di albergo diffuso. Ma per fare questo, è necessaria la collaborazione dei proprietari delle tante casette in pietra, che potrebbero essere ristrutturate e affittate».


 



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