Laboratori del Gran Sasso: "I neutrini che svelano la nascita dell'Universo"

(di Ettore Fiorini)
UNIVERSITA' DI MILANO-BICOCCA
Nell’impetuoso sviluppo della fisica fondamentale degli ultimi anni ha grande importanza la connessione sempre più stretta tra astrofisica e fisica e in particolare la fisica nucleare e subnucleare.

Secondo la teoria del Big Bang, il nostro Universo iniziò la sua espansione circa 15 miliardi di anni fa, partendo da dimensioni minime, ma con altissima densità e temperatura. Nella sua successiva espansione si crearono tutti i corpi celesti. Per comprendere quanto avvenne e quanto avviene ora occorre concentrarsi sul ruolo sempre più importante che gioca il neutrino, particella ipotizzata in una famosa lettera inviata dal grande fisico Wolfang Pauli il 30 dicembre 1930 per spiegare l'apparente carenza di energia osservata in un processo nucleare: è il «decadimento beta», in cui viene emesso un elettrone.

Anche in seguito a una conferenza tenuta da Pauli in Italia, Enrico Fermi studiò le proprietà di questa particella, a cui diede il nome italiano di «neutrino», ormai riportato come tale in ogni lingua, anche se spesso mal pronunciato, e la inserì nella sua stupenda teoria delle interazioni deboli, valida in buona parte tuttora, dopo più di 70 anni. Il neutrino - spiegherò a BergamoScienza il 10 ottobre - è una particella che non ha carica e ha una massa che fino a qualche anno fa si riteneva nulla, mentre solo da pochi anni sappiamo essere diversa da zero, anche se piccolissima. Nel decadimento beta il neutrino viene emesso assieme all'elettrone, ma non lascia traccia: è, in altre parole, una specie di ladro che fugge, portando con sé energia, senza farsi prendere. Si racconta che Pauli si recò una mattina all’istituto di pessimo umore e che a un assistente, che gli chiese se aveva dormito male, rispose: «Ho dormito malissimo. Ho inventato una particella che nessun fisico sperimentale riuscirà mai a trovare!». Fortunatamente si sbagliava: 26 anni dopo si osservarono per la prima volta le interazioni di neutrini provenienti da un reattore nucleare (si dice che Pauli festeggiò l'avvenimento con una cassa di champagne) e oggi se ne osservano a milioni.

Vediamo ora alcuni esempi del ruolo che i neutrini giocano in astrofisica. Dopo il Big Bang l'Universo iniziò la sua espansione, formando prima i protoni e i neutroni, poi i nuclei e successivamente gli atomi, prevalentemente di idrogeno ed elio. Considerando ingenuamente un gas sulla Terra, sappiamo che questo si espande. Se però la sua massa è enorme, come avviene nell'Universo, succede il contrario. Data la grande massa le forze attrattive di gravità nel gas dominano rispetto all'agitazione molecolare e il gas si comprime, portandosi, specialmente nel suo centro, a temperature elevatissime. Il destino di questo corpo celeste sarà quindi legato alla sua massa. Consideriamo due casi.

Primo caso. La massa è dell'ordine di quella del Sole. La contrazione avverrà con relativa lentezza (il Sole ha circa 4.5 miliardi di anni) e in modo relativamente semplice. La temperatura nel centro arriverà a temperature di milioni di gradi (15 milioni) e questo permette l'instaurarsi di processi nucleari di fissione, simili a quelli che avvengono in una bomba a idrogeno. Si svilupperà un’energia enorme e verranno emessi moltissimi neutrini, di cui solo una minima parte sarà assorbita dal Sole, mentre gli altri si espanderanno nell'Universo e raggiungeranno sia pure in minima parte la Terra.


Rivelarli sarà molto difficile, dato che interagiscono pochissimo: si dovranno realizzare apparati di grande massa (centinaia di tonnellate). Questi dovranno essere installati in un laboratorio sotterraneo, dove lo spessore sovrastante di roccia riduce la radiazione cosmica che bombarda ininterrottamente il nostro pianeta e potrebbe coprire come fondo spurio non desiderato i pochissimi eventi nucleari prodotti dalle interazioni dei neutrini solari. Negli ultimi 20 anni 2 esperimenti condotti nel Laboratorio del Gran Sasso (il più grande al mondo) e in altri laboratori sotterranei hanno rivelato questi neutrini solari, anche se in misura minore di quanto atteso (vedremo poi il perché).

Secondo caso. Se il corpo che consideriamo ha una massa molto superiore a quella del Sole, il processo è molto più violento e dà luogo a una successiva e violentissima esplosione, con emissione di molti neutrini e una grande quantità di luce: si tratta della cosiddetta «supernova». E' un processo molto raro: nella nostra galassia o nelle immediate vicinanze ne avviene qualcuno osservabile ogni secolo. Dobbiamo ritenerci fortunati per il fatto che una supernova sia esplosa nel 1987 nelle grandi nubi di Magellano, vicino ai bordi della nostra galassia. Tre esperimenti sotterranei, peraltro previsti per altri scopi, hanno permesso di osservare, oltre alla luce, anche i neutrini da essa emessi. E' un vero regalo alla fisica fondamentale e all'astrofisica.

L'astrofisica, infatti, può dirci molto sulla natura del neutrino. La carenza, rispetto al previsto, dei suoi flussi prodotti dalla fusione nel Sole e dalle interazioni dei raggi cosmici nell'atmosfera terrestre, confermata da quella dei neutrini prodotti dai reattori nuclei e dagli acceleratori, si spiega con la teoria delle oscillazioni, nata più di 50 anni fa grazie a Bruno Pontecorvo. In realtà, esistono 3 differenti tipi di neutrino: il neutrino elettronico, associato all'emissione di un elettrone nel decadimento nucleare beta, e i neutrini muonico e tauonico, associati rispettivamente alle particelle muone e tauone. Nel caso del Sole i neutrini emessi sono tutti elettronici, ma all'interno del Sole e nel lungo viaggio verso la Terra «oscillano», trasformandosi nei neutrini di diversa natura che la maggioranza degli esperimenti terrestri non può rivelare: questo spiega la carenza degli eventi osservati.

Questi risultati mostrano che il neutrino ha una massa - un fatto di grande importanza nella fisica fondamentale e nell’astrofica - ma non permettono di determinarne il valore. La determinazione diretta della massa del neutrino è quindi una delle sfide più eccitanti della fisica fondamentale. Le ricerche si compiono, oltre che con analisi di carattere cosmologico, con lo studio di decadimenti nucleari con emissione di uno o di 2 elettroni. La scoperta di questo secondo processo, con l'emissione di 2 elettroni e non accompagnato da neutrini, potrebbe inoltre risolvere il dubbio: il neutrino è una particella di Dirac o di Majorana?

La seconda ipotesi, avanzata da Ettore Majorana solo un anno prima della sua tragica scomparsa, è oggetto di numerose ricerche, tra cui l'esperimento «Cuore» in costruzione presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Com’è noto, a ogni particella corrisponde una antiparticella con carica opposta, che nel caso del neutrino è nulla: secondo Majorana, l’antineutrino sarebbe uguale al neutrino. E’ una conclusione fondamentale per la conoscenza di questa particella straordinaria e misteriosa e potrebbe avere grande importanza per spiegare molti fatti fisici e astrofisici. Tra questi, la stessa origine dell’Universo.



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