L’Europa vuole declassare il camoscio d’Abruzzo

 La Danimarca vuole declassare il camoscio d’abruzzo. Il grido d’allarme viene da una autorevole associazione ambientalista internazionale come Mountain Wilderness. Il declassamento riguarda l’elenco delle specie a rischio estinzione inserito nella lista rossa della Convenzione di Washington che dagli anni Settanta monitora le specie animali più vulnerabili e stabilisce vincoli rigidi a ogni forma di caccia e commercio. La proposta della Danimarca (fatta a nome di tutti i paesi membri dell’Unione europea) è quella di spostare il camoscio d’Abruzzo dalla lista rossa compresa nel cosiddetto “Allegato I” all’”Allegato II” della Convenzione dove sono inserite le specie non più a rischio estinzione. La proposta della Danimarca sarà discussa in un vertice che si terrà a Bangkok dal 3 al 14 marzo. Secondo i funzionari che hanno redatto la richiesta, nota l’agenzia Gea press, la specie non è cacciabile e pertanto non correrebbe rischi. Ai proponenti, non risultano inoltre casi di bracconaggio ai danni di questo raro animale e tra l’altro l’essere “sottospecie” e non “specie”, parrebbe non allinearsi con i criteri valutativi della Convenzione. Apparentemente è una buona notizia per il camoscio e per l’Abruzzo, ma non è così per il responsabile regionale di Mountain Wildernesse Mario Marano Viola che ha inviato un appello alla Regione agli enti Parco, ai Comuni nei cui territori vive il camoscio perché intervengano sull’Unione europea ed evitino il declassamento: «Il provvedimento non ha alcuna fondata motivazione», dice Mario Viola, «si tratta della incomprensibile presa di posizione di operatori, biologi, accademici e istituzioni che non hanno mai riconosciuto che Rupicapra ornata costituisce una specie. E potrebbe avere l' effetto di indebolire seriamente la tutela dell'animale, da sempre ricercato da cacciatori e collezionisti di trofei». Il camoscio d'Abruzzo vive quasi esclusivamente nella nostra regione. Venne descritto come Rupicapra ornata dal tedesco Oscar Neumann nel 1899, e all’epoca era già stato decimato da deforestazione, caccia e bracconaggio (nel Gran Sasso d'Italia l'ultimo individuo sopravvissuto era stato abbattuto nel 1892). Riuscì a sopravvivere, in numero ridotto, nell'impervia zona della Camosciara, dove nel 1913 non rimanevano che 15-30 superstiti che si salvarono grazie a un decreto regio di tutela firmato da Vittorio Emanuele III e poi nel 1923 dall’istituzione del Parco d'Abruzzo. Vent’anni fa l’animale è stato reintrodotto sul Gran Sasso e poi sulla Maiella, quindi l’anno scorso sui Sibillini e sul Velino. Oggi si contano circa 500 esemplari nel Parco nazionale d’Abruzzo, 500 circa sul Gran Sasso, poco meno di 400 sulla Maiella. In totale circa 1500 esemplari. L’aumento della popolazione è uno dei motivi dunque per declassare il camoscio, ma l’altro, dice Viola è anche «la posizione debole dell’Italia a livello internazionale. Per la nostra natura è come il rating per le banche. L’Abruzzo è la regione che dal punto di vista storico ha consegnato alla modernità gli animali più rari e non è giusto che perda questo primato. Un primato che conta anche dal punto di vista dell’attrattività del territorio». Ma che cosa potrebbe significare il declassamento? Per esempio la fine delle linee di finanziamento per il ripopolamento, oggi ancora in corso con i progetti europei Life («una contraddizione», dice Viola, «perché l’Unione europea prima investe nell’Abruzzo e poi ritira tutto»). Ci sono poi altre conseguenze più rischiose anche se meno immediate. In linea teorica, sottolinea Gea press, il Camoscio d’Abruzzo potrebbe essere inserito all’interno di quote di commercio. E’ il caso, ad esempio, dei trofei. Eventualità remotissima perché c’è la legge nazionale 157/92 a proteggere la Rupicapra. Cambierebbe però subito, secondo gli ambientalisti la previsione di sanzione pecuniaria nel caso in cui un bracconiere, o comunque un trafficante, venisse trovato con un trofeo di Camoscio d’Abruzzo. Intanto il comune di Farindola, nel cui territorio fu ucciso oltre 100 anni fa l’ultimo camoscio del Gran Sasso, ha convocato per la settimana prossima un consiglio comunale straordinario per prendere posizione contro il progetto europeo

 



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