Lhc si spegne per due anni di 'revisione' e prepara il viaggio nell'energia oscura

Dopo sei miliardi di collisioni fra protoni e dopo la scoperta del bosone di Higgs, è tempo per Lhc di raccogliere nuove forze. Nell'acceleratore di particelle più grande del mondo, costruito dal Cern di Ginevra, gli ultimi scontri sono previsti oggi, alle 6 del mattino. Poi la macchina risalirà lentamente dalla temperatura prossima allo zero assoluto a cui lavora (meno 271 gradi) e le squadre di ingegneri e tecnici scenderanno 100 metri sotto terra, nel tunnel in cui l'acceleratore lungo 27 chilometri concentra le tecnologie scientifiche più avanzate del mondo.

La pausa per i lavori durerà circa due anni. All'inizio del 2015 Lhc tornerà con un "motore" quasi doppio rispetto all'attuale. Se già oggi, con la sua capacità di accelerare particelle a un'energia di 8 TeV, lo strumento del Cern batte ampiamente i rivali americani, al termine del restyling i quasi 10.000 fisici di Ginevra (di cui un migliaio italiani) avranno in mano una "super Ferrari" da 13 TeV. Con questo occhio potentissimo, costruito per osservare i segreti delle particelle subatomiche e delle forze che le fanno interagire, Lhc completerà lo studio del bosone di Higgs. E si lancerà verso altre esplorazioni di portata cosmica.

Il bosone di Higgs era l'ultima fra le 17 particelle elementari previste dalla teoria ma mai osservate. Aver completato il puzzle dei mattoni che compongono la materia ordinaria però può renderci soddisfatti solo se dimentichiamo che di materia ordinaria è fatto il 4% dell'universo. È come se avessimo intrapreso lo studio di un nuovo alfabeto e ci accontentassimo di aver imparato a riconoscere la "a". Andando avanti, i primi misteri a portata di mano riguardano la materia oscura (particelle di natura sconosciuta che formano il 23% dell'universo) e l'ancora più enigmatica energia oscura (di cui è composto il restante 73% del cosmo).

È lei - si sospetta - la responsabile dell'espansione sempre più rapida dell'universo. Le definizioni usate per darne un'idea scomodano la "quintessenza" di aristotelica memoria o una fantomatica nuova forma di energia del vuoto, una forza comunque contraria a quella della gravità.

Fra gli altri enigmi che Lhc è chiamato ad affrontare con i suoi muscoli nuovi di zecca c'è poi la conferma di una teoria chiamata supersimmetria, secondo la quale ognuna delle particelle elementari a noi note avrebbe una compagna più pesante nel misterioso "regno della supersimmetria". La presenza di questo "mondo allo specchio" spiegherebbe come mai l'universo a noi noto è così leggero.

All'esperimento Alice di Lhc è affidata poi l'analisi delle collisioni fra nuclei di atomi pesanti. L'energia degli scontri è tale da ricreare per una frazione di secondo lo stato della materia negli istanti successivi al big bang: il plasma di quark e gluoni. Si tratta di una condizione in cui le particelle elementari dei nuclei degli atomi vagavano libere a temperature di quattro trilioni di gradi (il record terrestre raggiunto l'anno scorso da Lhc). Se poi, nel corso del viaggio del Cern, fra i segreti del cosmo emergessero indizi sull'esistenza di altre dimensioni oltre alle quattro (tre nello spazio e una nel tempo) cui siamo abituati, i fisici potranno ben dire di aver già pensato anche a questo.

Prima di partire per l'esplorazione di dimensioni extra o della supersimmetria, però, bisogna essere sicuri dell'efficienza dei motori. Nell'anello di Lhc durante i due anni di pausa verranno consolidate tutte le 10.170 interconnessioni fra i magneti, gli elementi che hanno il compito di accelerare le particelle quasi alla velocità della luce e di guidarle lungo la curvatura del tunnel. Alla debolezza di queste interconnessioni è attribuito il disastroso stop che Lhc subì nel 2008, pochi giorni dopo l'inaugurazione, e che tenne la macchina spenta per un anno.

Per fare il balzo da 8 a 13 TeV i punti deboli dovranno essere controllati e corretti uno a uno. Trecento operai ci lavoreranno divisi in due turni al giorno. Nel frattempo i quattro rivelatori che "fotografano" le collisioni verranno arricchiti di nuove "lenti", e alcune parti troppo esposte alle radiazioni saranno meglio schermate.

In superficie, i fisici sperimentali proseguiranno l'analisi delle collisioni avvenute dal 2009 a oggi (per ora ne hanno "digerite" circa la metà) e i fisici teorici esploreranno il bosone di Higgs in tutti i dettagli, alla ricerca di anomalie che potrebbero aprire la porta a nuovi sentieri di esplorazione. "Siamo una scienza vitale nonostante le mille difficoltà della ricerca" dice Fernando Ferroni, presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, l'ente che coordina gli scienziati italiani a Ginevra.

Agli appassionati questi due anni danno l'opportunità di capirne di più, leggendo i libri usciti di recente su quella superstar che è diventata il bosone di Higgs. "A caccia del bosone di Higgs" (Mondadori Università) di Luciano Maiani con Romeo Bassoli ripercorre tutto l'arco di storia di Lhc (che fu ideato nel lontano 1989) e racconta come questo straordinario strumento abbia permesso all'Europa di recuperare il primato della fisica subnucleare nella storica contesa con gli Stati Uniti. Maiani è stato direttore del Cern tra il 1999 e il 2003, anni cruciali per la progettazione dell'acceleratore.

Ugo Amaldi, anche lui fisico di punta dell'ente di Ginevra, ha scritto per Zanichelli "Sempre più veloci. Perché i fisici accelerano le particelle: la vera storia del bosone di Higgs". Gian Francesco Giudice, che al Cern lavora come fisico teorico, inquadra tutti i filoni di ricerca di Lhc in "Odissea nello zeptospazio. Un viaggio nella fisica di Lhc" edito da Springer Verlag.

 

- la Repubblica.it -



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