Assergi, ricostruzione al palo I residenti sconsolati

 L’orologio sulla torre di Porta del Castello segna le 18 circa. O forse le 6 del mattino. Nessuno può saperlo, perché da quattro anni della torre secolare (XIV secolo) di Assergi non si preoccupa più nessuno. Il destino dei borghi a Est dell’Aquila sembra segnato dai suoi orologi. Quello di Camarda, ad esempio, segna le dodici e mezza o mezzanotte e mezza. Il tempo del post-sisma in questi paesi si è fermato e fa fatica a riprendere il suo corso. Mentre c’è chi, lontano centinaia di chilometri, usa a pretesto gli argomenti del terremoto per la campagna elettorale. Sta di fatto che uno dei borghi più ricchi di storia del capoluogo è ridotto a un set per cani, gatti e piccioni. Lo sa bene Franco Scarcia, titolare del ristorante «Trattoria fuori le mura», in via Portella. Il ristorante spunta tra i vicoli vuoti di Assergi come un’oasi nel deserto. «Qui soltanto cucina casereccia del paese, con funghi, tartufi, carne locale e dolci fatti in casa», spiega il ristoratore, con una punta d’orgoglio che si blocca alla domanda successiva: «Come vanno gli affari?». «Malissimo», dice secco. Come in tanti casi all’Aquila, durante l’emergenza sisma anche il ristorante di Scarcia ha guadagnato con il movimento di volontari che ruotava intorno alla città. Poi gli affari sono calati. «Questo è il quarto anno dal sisma: il peggiore», racconta. «Prima era sempre pieno, perché si mangia bene e si paga poco. Venivano studenti e giocatori di calcio e rugby», dice indicando la parete con le foto della cantante Arisa, dell’attore Giobbe Covatta, di Giorgio Rocca, campione di sci, e di Leonardo Giordani, campione di ciclismo. Adesso al ristorante va a mangiare la metà dei clienti di allora, e Scarcia ha dovuto togliere pure la macchina per fare la birra. LO SPOPOLAMENTO. Il problema è che il centro storico è completamente danneggiato. Quasi tutte le abitazioni sono seconde case di cittadini originari di Assergi o turisti. E senza di quelle, le centinaia di persone che riempivano il paese e le trattorie nel fine settimana e d’estate, non tornano più. C’è solo una coppia con un grande cane pastore abruzzese che si rincorre su via Del Castello con una piccola telecamera. Sono Abdolreza Abbassian, funzionario di origini franco-iraniane della segreteria della Fao e sua moglie Isabella. Anni fa hanno comprato una casetta nella parte alta del borgo. «Fortunatamente non ha subìto molti danni», spiega Isabella, «e l’abbiamo ristrutturata velocemente». L’economia del borgo - che attirava turisti per la vicinanza al Gran Sasso e alle piste da sci (almeno fino a quando non è scoppiato il caso-Fontari), al Parco e alla città - ora è ferma: i commercianti che avevano negozi nel centro hanno perso tutto e ora sono disoccupati. Va meglio alle attività della parte nuova del paese, sulla strada provinciale che porta a Fonte Cerreto, dall’altro lato delle mura antiche. CARNEVALE. Quando meno te lo aspetti, nel silenzio di Assergi amplificato dal freddo, senti musica e risate di bambini. Provengono dal centro polifunzionale attaccato alla chiesa di Santa Maria Assunta, una delle poche che dopo il sisma ha riaperto quasi subito al culto, perché a essere danneggiato è stato prevalentemente il campanile. C’è una festa di Carnevale coi bambini di Assergi. «Quest’anno sono meno del solito», raccontano gli organizzatori, «ma va bene così: sono loro la ventata di vivacità e colori nel paese che muore. Il centro polifunzionale è stato sistemato con 60mila euro donati dall’Associazione «Insieme per Assergi» e dalle comunità di assergesi in Venezuela e Australia, in quello che prima era il magazzino della Curia. Tra le mamme presenti alla festa c’è anche Sandra Giampaoli, ex bottegaia del paese. «Gestivo un negozio di alimentari mai riaperto dopo il sisma», racconta amareggiata. «È dall'aprile del 2009 che non ho più reddito». Intanto i bimbi ballano intorno a lei nei loro costumi di Zorro e principesse. PROGETTO CASE. Ad Assergi qualche famiglia è tornata ad abitare con i genitori; la maggior parte vive nel quartiere del Progetto Case, all’inizio contestatissimo per il sito scelto, nel terreno dell’ex villaggio della Cogefar, la ditta che aveva fatto i lavori nel traforo del Gran Sasso. Adesso alla new town, che ospita 250 persone tra assergesi e aquilani, si sono abituati quasi tutti, tranne gli anziani. «È un quartiere dormitorio», spiega l’ex consigliere comunale Luigi Faccia. «La maggior parte della gente esce la mattina per andare a lavorare e torna la sera a cena». Il nuovo quartiere spunta dalla costa della montagna sotto il sole di febbraio come un corpo separato dal resto del paese. Qui non c’è nemmeno una di quelle «tende amiche» che in altri luoghi provvisori danno un senso alla solitudine. Per gli anziani non avere un punto di ritrovo è peggio del terremoto. «Apparentemente sembra che Assergi non sia stato danneggiato più di tanto», spiega Faccia. «Ma se apri le porte delle case vedi tetti crollati, pareti con enormi buchi, volte a botte distrutte». La frazione conta anche una vittima del terremoto, una donna di Assergi morta sotto le macerie della sua casa a Paganica. La speranza nel futuro sta, per ora, nel piano di ricostruzione dell’Aquila, che per Assergi prevede 90 milioni di euro. C’è anche una novità: «La realizzazione di un giardino diffuso, con alberi da piantare in tutto il centro storico», aggiunge l’ex consigliere. Così, la frazione cambierà volto, dice indicando, tra via delle Ville e via Portella uno dei punti in cui saranno piantati alberi, proprio sotto le mura antiche, più o meno dove Franco Scarcia, nel frattempo, prepara risotto al tartufo. Ma prima di arrivare a quel momento passeranno anni, forse decenni. Intanto, però, qualcosa si muove: il consolidamento e il restauro dell’antica cinta muraria. Un progetto che risale a ben prima del sisma e finanziato con i fondi del «5 per mille». Le mura proteggeranno per chissà quanto tempo ancora un paese disabitato.

- da Il Centro -

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo