Castelnuovo crede nel futuro Il paese è stato cancellato dal terremoto

Anche i gatti sono spariti. Le ciotole riempite di acqua e cibo, in un paesaggio desolatamente vuoto e devastato, abitato solo da qualche felino randagio, ora non ci sono più. Nel punto più alto del paese, a 812 metri di altezza, regna l'abbandono. Dopo quattro anni, l'occhio si è abituato alle case sventrate. Colpiscono di più i vuoti, come quello lasciato dalla chiesa parrocchiale, ferita a morte nel 2009 e poi diventata cumuli di pietre selezionate e catalogate, in attesa di un futuro che oggi appare sempre più lontano. Il viaggio fra le vie di Castelnuovo di San Pio delle Camere inizia da quello che gli abitanti chiamano il Castello: non c'è una fortezza, ma un borgo fortificato di origine medievale che la notte del 6 aprile non è stato abbastanza forte da salvare le cinque persone che dormivano nei loro letti. Qui, secondo il piano di ricostruzione redatto dal dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell'Università di Firenze, dovrebbe sorgere un complesso residenziale, pubblico e privato, con un campus universitario. E una chiesa avveniristica, dall'impianto moderno, ma che celi al suo interno, in una sorta di museo della memoria, i resti di quella precedente. Si fa fatica, allargando lo sguardo, a immaginare il nuovo Castelnuovo, a vederlo materializzato dopo aver sfogliato le tavole del progetto. LA TESTIMONIANZA. Rosita Torre Sidoni abita a Roma. Suo marito, Emanuele Sidoni aveva deciso di trascorrere qualche giorno nel paese dove era nato, per far compagnia agli anziani genitori. Tutti e tre hanno perso la vita, nella casa sbriciolata che si affacciava sulla piazza. «La famiglia di mio marito, i Sidoni»racconta la signora Rosita «era salita a vivere al Castello dal 1756. Un legame forte, che Emanuele aveva tramandato ai figli. Ma nessuno ha chiesto il nostro parere. Nessuno si è preoccupato delle storie che c'erano dietro quelle abitazioni. Eppure il borgo fortificato è stato anche oggetto di studi. Ora mi dicono che c'è un piano di ricostruzione che nelle intenzioni stravolge completamente l'aspetto originario dell'area: si parla di un residence, di parchi e terrazze panoramiche. E le nostre radici? La nostra cultura? Il ricordo dei nostri morti? Solo belle parole». Dal Castello, dove l'unica struttura in piedi è il monumento ai Caduti, si gode all'orizzonte un panorama mozzafiato. Ma restringendo il campo visivo, irrompe la distruzione. Anche il secondo anello del paese, edificato su una collina, è un ammasso di macerie. E sporgendosi, si nota una voragine enorme: la scossa delle 3.32 ha portato alla luce uno dei tanti grottoni presenti sotto l'abitato. Sono state queste cavità ipogee, utilizzate come stalle e cantine, ad aver amplificato la potenza del sisma. In lontananza si scorgono anche i tetti e le facciate del primo anello: è in questa parte della zona rossa che sono arrivate le ruspe. La scorsa settimana, con la sfiducia al sindaco Francesca D'Andrea è caduta l'amministrazione del Comune di San Pio delle Camere, di cui Castelnuovo è l'unica frazione. In attesa delle nuove elezioni, è stato nominato commissario straordinario il viceprefetto Maria De Bartolomeis. Questa fase di stallo preoccupa i residenti. Il piano di ricostruzione è stato adottato a gennaio del 2012, ma ancora non viene approvato, non è stata firmata l'intesa con la Regione. Nel frattempo, però, per motivi di sicurezza, la vecchia giunta comunale ha dato il via alle demolizioni. Ma una parte dei circa 200 abitanti non ci sta. «Il dubbio della popolazione» spiega Mimma Casilio «è quello della certezza di poter ricostruire il paese, inteso come storicità e mantenimento delle radici. La domanda che molti si pongono, in questo periodo di ristrettezze economiche è che senso abbia utilizzare fondi cospicui per una demolizione a tappeto, che salva solo alcune abitazioni, senza alcuna logica evidente. A queste perplessità qualcuno dovrà pur rispondere. Tutti i sindaci hanno lavorato per avere l’approvazione del piano di ricostruzione: il nostro ex sindaco ha invece autorizzato un piano di demolizione completamente slegato dal piano di ricostruzione e pertanto non accettato da una parte della cittadinanza, che vede la propria abitazione demolita ma senza certezze su quando sarà ricostruita». IL VECCHIO E IL NUOVO. Il 95% del paese è stato distrutto. Questo è un dato di fatto. Il Castelnuovo "provvisorio" lo troviamo diviso in due: due villaggi di Map, realizzati dalla Protezione civile. Quello più grande, e popolato si trova a ridosso del cimitero. Per raggiungerlo è stata costruita ex novo, dopo il terremoto, una nuova strada d'ingresso. Casette di varie dimensioni e colori, che qualcuno ha personalizzato esternamente con piante e piccole verande. I panni stesi ad asciugare, un cane legato davanti la porta, le persone anziane che fanno capannello quando esce il sole. Ci sono anche tanti bambini, ma sono soprattutto figli di extracomunitari. Se non si ricostruisce in fretta, e molti hanno già perso la speranza, il rischio è che poi il paese resti spopolato. Subito dopo il sisma è nata un'associazione onlus chiamata "Ricostruiamo Castelnuovo", che si riunisce nella sede del vecchio asilo. Sono stati raccolti dei fondi, si sono mossi anche i paesani emigrati oltreoceano. Ad aprile del 2011 è stata inaugurata la chiesetta provvisoria, in legno, donata dal Comune di Bertinoro. La messa domenicale è una delle poche occasioni di aggregazione e gli abitanti non hanno voluto rinunciare al culto dei loro santi: a dicembre del 2011 è arrivata la nuova statua di San'Antonio, a maggio del 2012 quella del patrono, San Giovanni Battista. A pochi metri dal villaggio era sorto anche un centro polifunzionale, regalo degli abitanti di Segrate: una bella costruzione, di cui restano solo le fondamenta. Inghiottita dal fuoco, due anni fa, mentre i Castelnovesi assistevano impotenti e disperati. Ne era stata annunciata la ricostruzione. Anche quella sembra desolatamente lontana. Alle porte del paese ci sono due nuove strutture in legno: un bar e il ristorante La Cabina, specializzato in piatti del territorio. I proprietari non si sono arresi.

- da Il Centro -



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