Le interviste: Goffredo Palmerini, l’italiano per tutti i connazionali residenti nel mondo

L’Aquila – Goffredo Palmerini è uno stimatissimo scrittore e giornalista aquilano, molto impegnato sul territorio e che da anni fornisce, tra l’altro, importanti informazioni sulla vita culturale e sociale in Abruzzo ad uso e consumo di tutti quei giornali, e sono numerosissimi, d’italiani residenti all’estero. Il Lavoratore, giornale svedese, gli ha rivolto alcune domande.

Credo che tutti gli italiani all’estero, ed io in particolare, ti siano veramente grati per tutti quegli articoli e notizie corredate sempre di belle foto, che tu ci mandi per informarci della vita culturale e non solo nel tuo Abruzzo. Qual è il motivo che ti spinge a farlo?

“Sono consapevole della straordinaria singolarità dell’Abruzzo, “regione verde d’Europa” con il suo territorio protetto per un terzo della sua estensione (tre parchi nazionali, un parco regionale, innumerevoli oasi naturalistiche), ricca di città e borghi stupendi, di paesaggi mozzafiato, di monti e coste marine incantevoli. Uno scrigno di architetture e di arte rimasto fino a qualche anno fa fuori dai grandi circuiti turistici. Chi lo scopre se ne innamora per sempre. E poi L’Aquila, la capitale, la mia città. Una meravigliosa città d’arte, fondata otto secoli fa da 99 castelli del suo hinterland con un disegno urbano armonico e pregevole, unico fino ad allora nella storia dell’architettura e replicato solo nel 1703 con la nascita di San Pietroburgo. L’Aquila ha recitato per tre secoli, a partire dalla sua fondazione, nel 1254, un ruolo europeo, essendo dopo Napoli la città più importante del regno, con un’autonomia politica stabilita dalle sue leggi municipali (Statuta Civitatis), una grande fioritura di commerci (lana e zafferano), un grande fermento culturale, un punto di riferimento spirituale, dapprima con papa Celestino V e poi con i francescani dell’Osservanza (San Bernardino da Siena, San Giovanni da Capestrano e San Giacomo della Marca). Oggi una città dalle grandi valenze artistiche ed architettoniche, un centro di studi universitari e d’alta formazione (27 mila studenti), di ricerca scientifica (Laboratori del Gran Sasso di fisica nucleare), di produzione culturale (teatro, musica, cinema e arti), con industrie d’eccellenza nel settore spaziale e farmaceutico. Questa consapevolezza è motivo della mia attività giornalistica, specie all’estero, e nelle relazioni con le comunità italiane nel mondo, per contribuire a recuperare un gap d’attenzione e per promuovere ovunque le grandi valenze dell’Abruzzo e della sua straordinaria “capitale”, paradossalmente scoperta nella sua bellezza dopo il disastroso terremoto che l’ha colpita”.

Non posso non parlare del terremoto che ha sconvolto la tua terra il 6 aprile di quest’anno. Tu che ne sei stato testimone oculare, racconta per i nostri lettori quei tragici giorni.

“Assistevamo da dicembre ad uno sciame sismico crescente. Quando si è fatto più assillante, alla fine di marzo, siamo stati persino tranquillizzati sulla “normalità” del fenomeno dalla Commissione Grandi Rischi riunitasi all’Aquila. Dopo pochi giorni è accaduto l’irreparabile: un boato, una scossa che non finiva mai, tutto ballava terribilmente intorno, al buio il rumore dei frantumi. Si è saputo poi che l’accelerazione al suolo era stata tremenda, il trecento per cento più alta di quelle solitamente registrate in terremoti disastrosi. E’ terribile descrivere il dramma, l’annichilimento dei primi momenti in cui ci si sente persi, i luoghi in cui si vive distrutti e l’habitat sconvolto. Ti si sovverte il senso stesso della vita. Poi le vittime, le case distrutte, la tua città martoriata. Tutto ti lancina il cuore. Nel dramma però una riflessione. E se fosse accaduto di giorno, anziché alle 3e 32 della notte, con la città in attività e piena di gente? Un’ecatombe. Per fortuna che c’è un’Italia bella, quella della solidarietà, dell’affetto e della vicinanza morale e materiale. Si è messa in moto immediatamente, la macchina dei soccorsi è arrivata in poco tempo: Vigili del Fuoco, splendidi e generosi, Protezione civile, forze dell’ordine e militari, i Volontari Alpini, della Croce Rossa, delle Misericordie, di Regioni, Province e Comuni. Davvero un grande sostegno, un orgoglio per il nostro Paese”.

Gli abruzzesi sono gente fiera e forte, la ricostruzione é iniziata quasi subito e senza attendere aiuti che pure avete avuto e continuate ad avere.

“Il comportamento degli abruzzesi è stato dignitoso ed esemplare, pur con un simile disastro. E’ la nostra indole, quella di gente di montagna abituata alle prove più difficili, in una terra che di terremoti tremendi ne ha subiti molti nella sua storia, ma è sempre stata capace di reagire e di rinascere. Ma per ricostruire ci vorrà tempo, risorse adeguate, il sostegno e l’attenzione del mondo per molti anni. E la ricostruzione deve ancora cominciare”.

Il governo e le forze politiche italiane hanno promesso di dare una nuova casa a tutti i terremotati in tempi brevi. Qual é la situazione oggi? Hanno mantenuto le promesse?

“Gli sfollati che hanno bisogno di un tetto sono oltre 30 mila. La costruzione di alloggi provvederà a sistemarne la metà entro dicembre, l’altra parte avrà sistemazioni provvisorie in affitto o in albergo. Le case costruite con il piano della Protezione civile – discutibili per l’impatto sul paesaggio – sono comunque un esempio di buon funzionamento del sistema Paese, realizzate in 3-4 mesi. E tuttavia passa un messaggio dai mezzi d’informazione, in Italia ed all’estero, falsamente rassicurante, anche perché talvolta L’Aquila si utilizza per passerelle inopportune. Si è costruito, certo, ma la ricostruzione non è affatto partita, i centri storici dell’Aquila e dei borghi del cratere sono ancora un ammasso di macerie e chiusi, la messa in sicurezza di monumenti, case e palazzi procede a rilento. L’inverno incombe, con tutto il carico di conseguenze sul patrimonio architettonico”.

Voi avete ricevuto la solidarietà di tanti italiani, solidarietà non soltanto emotiva ma anche concreta ed economica. Anche dagli italiani all’estero. Puoi dirci qualcosa?

“L’Italia, e sopra tutto gli italiani all’estero, sono stati straordinari con la loro sensibilità ed i gesti concreti di solidarietà d’ogni genere. Anche per la loro generosità negli aiuti di prima necessità. E’ una vicinanza che ci riempie il cuore e ci rende orgogliosi del nostro Paese. Potesse insegnare qualcosa alla disastrata politica di casa nostra, alla mancanza di senso dello Stato e ai cattivi esempi che certi personaggi talvolta danno, che squalificano il Paese e mortificano specialmente gli italiani all’estero! Gli aiuti sono importanti moralmente. Oggi assommano a 150 milioni di euro, per quanto si sa. Per la ricostruzione occorreranno 20 miliardi, di cui 8 solo per il patrimonio artistico. Al momento non si vedono certezze sulla copertura finanziaria. Meglio sarebbe stato applicare un’imposta straordinaria, come in casi precedenti, che tutto il popolo italiano avrebbe compreso. Ma il Governo l’ha subito esclusa”.

Credi che le persone colpite dal terremoto saranno costrette, logicamente in parte, ad emigrare?

“Ci sono gravi preoccupazioni sul fronte del lavoro. Molte attività sono ferme ed avranno notevoli problemi a ripartire. Serve uno sforzo corale verso le zone terremotate e qualche grande azienda ha dato un buon esempio, da emulare, scegliendo di investire nell’aquilano. Potrà certo capitare qualche caso d’emigrazione, ma penso non tale da farlo assurgere a fenomeno”.

Qual è la situazione delle persone che, oltre alla casa, hanno anche perduto il loro lavoro?

“E’ una situazione pesante e drammatica. Specialmente il lavoro è dignità della persona, è speranza di futuro. Se manca il lavoro tutto diventa scuro., mentre la casa prima o poi si ricostruisce”.

Credi che i centri storici saranno ricostruiti tutti o che invece si preferirà puntare tutto su L’Aquila, lasciando i ricchi patrimoni architettonici dei piccoli centri al loro destino?

“Sarebbe una sciagura se i preziosi patrimoni architettonici dei piccoli centri fossero lasciati al loro destino. Verrebbe a mancare la stessa singolarità dell’Aquila, un unicum insopprimibile con tutti i borghi, che con essa formano un caleidoscopio architettonico, molti dei quali suoi antichi castelli fondatori. L’Aquila deve dunque rinascere con l’insieme dei centri del suo vasto tessuto territoriale. E’ la ragione stessa della sua storia secolare”.

La vita culturale continua nonostante che molte strutture siano andate distrutte?

“La vita culturale del capoluogo abruzzese è sempre stata tra le più interessanti e fiorenti d’Italia. L’Orchestra Sinfonica, i Solisti Aquilani, l’Officina Musicale, il Teatro Stabile d’Abruzzo, il Teatro d’Innovazione l’Uovo, l’Istituto Cinematografico dell’Aquila, il numeroso sistema corale, la stagione dei concerti della Società Barattelli, il programma teatrale dell’Atam, tutto è un fermento di iniziative tra indicibili difficoltà. Perché teatri, auditorium, cinema del centro storico sono lacerati ed occorreranno anni per sistemarli o ricostruirli. Ci si riadatta con soluzioni alternative che tuttavia non facciano torto al prestigio accumulato dalle istituzioni culturali aquilane, in Italia e nel mondo. (Intervista a cura di Guido Zeccola IL LAVORATORE – Svezia)



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