L'AQUILA CALCIO PROMOSSA, LA CITTA' INIZI A PENSARE IN GRANDE

 La prima buona notizia è che ieri sera e per tutta la notte gli aquilani hanno fatto festa. Non capita tutti i giorni come ha scritto in un post su Facebook _ a pochi minuti dalla fine della partita _ la scrittrice Patrizia Tocci. L’Aquila battendo il Teramo nella finale play-off è stata promossa in prima divisione, quella che una volta era la C1, e quindi il prossimo anno sarà nel calcio che conta. Ma non si può ridurre tutto a una semplice partita di pallone. Ieri è successo qualcosa di più: L’Aquila, intesa come città, ha dimostrato che c’è, che vuole esserci e che riesce persino a unirsi quando gli obiettivi sono sani e trasparenti. I cronisti del Centro che erano allo stadio Fattori a seguire la gara hanno notato che ad assistere alla partita c’erano tanti aquilani che magari già questa mattina torneranno a guardarsi in cagnesco ma ieri in tutti loro batteva un solo cuore : quello rossoblù e quando l’arbitro ha fischiato la fine in tanti hanno probabilmente guardato verso il cielo azzurro, punteggiato da innocue nuvolette, sperando in anni migliori e più sereni rispetto a quelli vissuti dal sei aprile 2009 in poi.

Già, il terremoto. Come si fa a dimenticarlo, come si fa a non ricordare che dietro alla splendida coreografia dei tifosi della curva ci sono ancora case puntellate e un centro storico piegato e ferito. Capita a tutti di celebrare una ricorrenza, festeggiare un premio ricevuto, una tesi di laurea, un evento lieto. La cosa migliore di solito è farlo con la propria famiglia o con gli amici più cari. La vittoria di ieri avrebbe meritato una città, una vera città, nella quale poter esporre dalle finestre una bandiera rossoblù, gridare la propria gioia al vicino di casa, scendere nelle strade e nelle piazze senza avere davanti abbandono e desolazione. Eppure lo sport riesce a fare miracoli. Questa vittoria è una vittoria tutta aquilana, merito di una società composta da imprenditori che nonostante tutto hanno voluto che L’Aquila non si arrendesse e hanno trovato la forza, l’energia, la voglia di far tornare a sorridere almeno un po’ chi il sorriso ha temuto di perderlo per sempre. Chi non ricorda, subito dopo il sisma, i campi e i campetti di calcio occupati dalle tende, campionati sospesi, lo sport passato in secondo piano rispetto alla tragedia che si era portato via 309 vite e stravolto quelle dei sopravvissuti. In quei giorni sembrava che nulla avesse più senso eppure quando qualcuno vorrà storicizzare i mesi successivi alla scossa delle 3.32 scoprirà che è stato proprio lo sport, grazie a persone appassionate di cui si parla poco e che quasi sempre ci rimettono in proprio, a riannodare i fili di una comunità dispersa e a far sentire i più giovani meno soli, offrendo loro la speranza che un futuro poteva e doveva esserci.

Leggendo sul sito ufficiale dell'Aquila 1927 si scopre che il percorso della società e della squadra in questi 4 anni non è stato facile. Ci sono state difficoltà logistiche e ostacoli di ogni genere. Eppure il risultato è stato raggiunto. Qualcuno dirà: sì ma da oggi che cosa cambia nella vita degli aquilani? Più di ventimila persone aspettano di tornare a casa, il centro storico è ancora senz’anima e corpo, la crisi morde, i disoccupati aumentano, il governo ci snobba e pare che ogni volta che sgancia qualche milione ci sta facendo un favore, la politicuccia locale si bea di qualche briciola lanciata dai palazzi romani.

Beh, sì. Non c’è molto da stare allegri. E allora mettiamola così: facciamo conto che questo trionfo rossoblù sia come un buon caffè preso la mattina presto: non cambia la giornata ma aiuta ad affrontarla meglio. La promozione pone anche altre questioni a chi governa la città. Lo sport deve finire di essere considerato una cenerentola. Sono anni che si parla ad esempio della costruzione di un nuovo stadio in grado di poter ospitare partite di serie A e B e invece siamo sempre ridotti al solito triangolo delle Bermude: Fattori, Acquasanta , Centi Colella. Il terremoto poteva essere l'occasione _ sì l’occasione_ per progettare un grande centro sportivo come ce ne sono nelle città che contano nello sport. Chi oggi nel capoluogo di regione vuole fare qualcosa di più di una garetta amatoriale o è costretto ad andarsene oppure trova mille difficoltà. Basterebbe parlare con i dirigenti locali di varie discipline (dal pattinaggio, al basket, all’atletica, al ciclismo) per scoprire che o si fa da sé oppure bisogna chiudere baracca e burattini. Gli assessori si sono limitati e si limitano a tagliare qualche nastro, stringere mani, dare pacche sulle spalle e poi chi si è visto si è visto. La vittoria dell’Aquila insegna anche questo: basta improvvisazioni. Gli obiettivi si raggiungono se ci si crede, se si crea una organizzazione adeguata, se si investe. Non facciamo che questa impresa rossoblù finisca a tarallucci e vino. Questo è il primo passo per pensare in grande. E non solo nel calcio.

- da Il Centro -


 



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