I veleni della diocesi arrivano anche alla chiesetta di Giovanni Paolo II - Cambiata la serratura

 Fino al 29 dicembre del 1995 la chiesetta, in località San Pietro della Ienca, alle falde del Gran Sasso, era solo uno dei tanti piccoli edifici sacri che punteggiano il territorio aquilano. Quel giorno, a fianco al piccolo tempio, si fermò a lungo Giovanni Paolo II, il papa polacco che amava il Gran Sasso alla pari dei suoi monti Tatra in Polonia. Della sua presenza, se pur casualmente, si accorse Pasquale Corriere, all’epoca consigliere comunale che nel borgo di San Pietro della Ienca ha una piccola casetta. La notizia della “visita” del Papa in quella località, in una giornata fredda riscaldata da un falò che i collaboratori del pontefice accesero a pochi metri dalla chiesetta, fece il giro del mondo. Nel Natale del 1995, quindi pochi giorni prima, Giovanni Paolo II si sentì male durante la benedizione Urbi et Orbi. Si parlò di una influenza ma i media si misero in allarme pensando a qualche problema serio. E invece, 4 giorni dopo, il Papa non volle rinunciare alla sua gita privata sul Gran Sasso (sono state decine in 27 anni di pontificato). Pasquale Corriere da quel giorno diede a se stesso una missione: valorizzare la chiesa e il borgo nel nome di quell’uomo che a breve diventerà Santo. Dopo lettere e sollecitazioni a vari livelli l’edificio sacro che all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso era poco più di una catapecchia (i primi lavori furono curati da un frate, padre Andrea D’Ascanio protagonista in seguito di una serie di discusse vicissitudini) oggi è un Santuario visitato da tante persone e soprattutto da molti polacchi che quando vengono in Italia sulle tracce di Karol Wojtyla non possono fare a meno di recarsi a San Pietro della Ienca. Pasquale Corriere chiese all’arcivescovo Giuseppe Molinari di indicare un rettore per quel santuario e arrivò persino a consigliare un nome: quello di don Marcin Gajda. Ma i frutti avvelenati che la Curia aquilana ha prodotto in questi anni non hanno tardato a insinuarsi anche nella vicenda di quel piccolo tempio dedicato a un grande Papa. Infatti, come nello stile di tanti sacerdoti della diocesi (non tutti per fortuna) “fare” il prete viene considerato non un servizio ai fedeli ma un “ruolo” di comando e a volte di prevaricazione. Al nuovo rettore la presenza di Pasquale Corriere ha cominciato, evidentemente, a dar fastidio anche se l’ex consigliere comunale si è mostrato sempre collaborativo e per qualsiasi iniziativa ha sempre chiesto il parere preventivo alle autorità diocesane. Dopo una serie di piccoli “dispettucci” poco più di un mese fa il colpo di scena. Corriere, che aveva le chiavi della chiesetta perché gli furono affidate sin dagli anni Ottanta dall’allora parroco di Camarda e poi dall’arcivescovo Molinari, scopre che il rettore ha fatto cambiare la serratura alla porta. In un vano della chiesa c’è del materiale di proprietà dell’Associazione San Pietro della Ienca e Corriere ne ha chiesto la restituzione ma si è visto rispondere con una lettera firmata da un legale. Pasquale Corriere non parla volentieri della vicenda. In questi giorni è in ospedale per alcuni controlli e dopo una lunga chiacchierata su questioni sanitarie sul suo volto è apparso evidente il cruccio per una “cattiveria” _ come la chiama lui _ che gli sta pesando più dei problemi fisici. Alla fine, quando saluta, trattiene a stento le lacrime. Quella chiesetta posizionata in un angolo di paradiso è un po’ la sua vita, come se fosse un altro figlio allevato con cura e amore. Alla Chiesa aquilana (Molinari gli ha negato persino un colloquio) che si riempie la bocca di solidarietà e misericordia chiede una sola cosa: rispetto. Ma è come spremere olio dai sassi.
 

- da Il Centro -
 



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