ASSERGI RACCONTA...CHIESE, CAPPELLE, EDICOLE UNA PASSEGGIATA NELLA VALLE DEL VASTO

Il territorio di Assergi è ricco di chiese, cappelle ed edicole: Santa maria Assunta, Santa Maria in valle, S. Maria del Carmelo (alla pòrte-‘jju rive), S. Maria delle Grazie (alle svòte-‘jju murine), San Clemente, Santa Maria de ju Vaste, Santa Maria della Croce (ruderi), la cappella de San Franche, edicola alla cona, edicola alle pernagnòva, San Pietre alla Jènca, San Nicolò alla Jènga (ruderi), Madonna della neve. Grazie all’intervento dell’Amministrazione Separata Beni Usi Civici di Assergi, l’edicola delle pernagnòva è in fase di restauro e tra qualche giorno sarà uno splendido riferimento per iniziare una passeggiata nella “Valle del Vasto”.

Dalle ultime case di Assergi una stradina bianca si inoltra nella valle del torrente Raiale costeggiando il piccolo corso d’acqua. Dove la valle si allarga si scorge qualche campo ancora coltivato: buona terra fra le aride e pietrose pendici. Poco prima che la strada si trasformi in sentiero si vede sulla destra un grosso arco incassato sotto un riparo roccioso: siamo giunti alla chiesa rupestre di Santa Maria della Croce (40 minuti).
Ciò che rimane della vecchia costruzione, oltre al suo muro di valle che giunge fino alla stradina, è la parte absidale, i cui resti chiudono dei piccoli vani sotto roccia. Buona parte del corpo della costruzione, quella verso valle, doveva essere scoperta e costituiva una specie di sagrato della chiesa. È invece evidente la copertura della parte antistante l’abside dagli scarsi resti, che comunque ne lasciano intuire la planimetria. La cappella centrale presenta un piccolo altare quasi completamente diruto con una nicchia che mostra gli scarsi resti di un affresco. A pochi metri dalla chiesa si nota un altro piccolissimo riparo parzialmente chiuso da mura, nel cui interno vediamo una vasca di raccolta dell’acqua.
A questo luogo di culto della valle del Vasto il popolo di Assergi donò, nel 1525, una vicina cava di pietre per macine da mulino. Il reddito derivante dalla cava doveva servire alla manutenzione della chiesa. Non è noto fino a quando la chiesa rimase aperta al culto, ma è probabile che il terremoto del 1703, che distrusse moltissimi paesi, sia stato anche la causa del crollo di Santa Maria della Croce.
Anticamente, nella notte precedente la Pasqua, una processione partiva da Assergi e si recava, passando per la “Cona”, alla chiesetta di San Clemente “in fratta”. Qui si celebrava il mistero della Resurrezione e si prendeva la via del ritorno. La processione, prima di rientrare in paese, si fermava a pregare a Santa Maria della Croce.
Dalla chiesa si prosegue per un sentiero molto evidente e, in un ambiente ricco di acqua e di vegetazione, si arriva in mezz’ora alla sorgente di San Giovanni, sotto il colle di San Pietro della Genca.
Dopo circa 15 minuti di cammino dalla sorgente si arriva presso un interessante complesso di grotte anticamente adibito a dipendenza agricola (grotta della Genca) e poco dopo presso i ruderi del Casale Jenca (5 minuti).
Proseguendo lungo un comodo sentiero in un magnifico ambiente naturale si raggiunge la Masseria Cappelli e la chiesa diruta di Santa Maria del Vasto (40 minuti).
L’inesorabile opera del tempo ha privato Santa Maria del Vasto di tutti quegli elementi architettonici che ne facevano un interessante monumento nascosto nel verde della valle. Un restauro ancora in corso ha recuperato la chiesa e parte del casale.
Il castello del Vasto, come gli altri castelli della valle del Raiale, all’inizio del 1400 era già diruto e abbandonato. Di “Santa Maria del Guasto” abbiamo una notizia già nel 1178 in una bolla di papa Alessandro III e nel 1204 in un’altra bolla di papa Innocenzo III. La sua antica origine è confermata fra l’altro da alcuni elementi architettonici inglobati nella costruzione.
Nel 1313 le decime vescovili a cui era soggetta risultano piuttosto esigue a conferma che il suo declino era già in atto.
Tutta la valle, e in particolare l’antico castello del Vasto, riprese vita con l’avvento della famiglia Cappelli, che nella seconda metà del 1700 iniziò una lenta opera di acquisizione della montagna fino ad allora di proprietà dei confocolieri dei castelli diruti.
Dal magnifico spiazzo antistante la masseria, circondato da enormi noci, si prende una sterrata che risale verso la strada statale (45 minuti). Raggiunta la statale, la si percorre in direzione di Assergi, fino a scorgere San Pietro della Genca, che si raggiunge seguendo l’indicazione stradale (60 minuti). Quest’ultimo tratto, pur percorso su strada asfaltata, è piacevole per il bel panorama sulla valle e le montagne circostanti.
La chiesetta di San Pietro della Genca si scorge isolata sul colle, discosta dalle modeste casette dell’omonimo e antico castello.
I documenti, relativi al pagamento delle decine, che attestano l’esistenza di S. Petri de Guasto alias de Genca portano la data del 1313, ma si può ipotizzare che la sua origine risalga almeno al XII secolo.
Fu parzialmente ricostruita nel 1574, probabilmente dopo un lunghissimo periodo di abbandono, visto che lo stesso castello era diruto già nei primi decenni del 1400. Nel 1568 il castello disabitato e in rovina fu ceduto, insieme a parte della montagna, da L’Aquila alla Terra di Camarda. Qui i paesani costruirono numerose casette per il ricovero degli animali, visto che la pastorizia rap- presentava l’unica possibilità per sfruttare quei ripidi e aridi pendii.
Come ogni luogo di culto situato a quote elevate San Pietro della Genca ha avuto numerosi periodi di abbandono, seguendo in pratica le vicende storiche del piccolo villaggio.

Dal 18 maggio 2011, la Chiesa di San Pietro della Ienca è stata eretta a Santuario del Beato Giovanni Paolo II. E’ il primo Santuario in Europa, la presenza dei pellegrini e dei turisti è aumentata notevolmente. Diverse migliaia di fedeli hanno visitato in questi due anni il Santuario, provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero, anche con gruppi organizzati.

 



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