I venerdì di passione di papa Giovanni Paolo II

«La Curia romana ai tempi di papa Wojtyla non era ancora pronta per una riforma radicale». Ma nemmeno per combattere altri mali oscuri che impediscono alla Chiesa di rinnovarsi come «clericalismo, carrierismo ecclesiastico, mancato decentramento», mali che hanno vanificato ogni tentativo di rendere l'istituzione ecclesiastica «meno romano-centrica». Confessione a cuore aperto del cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo di Cracovia (Polonia), storico segretario del beato Giovanni Paolo II, che il prossimo aprile sarà santificato insieme ad un altro grande pontefice, il beato Giovanni XXIII. Dziwisz traccia un ritratto quasi del tutto inedito del papa che ha servito per circa 40 anni. L'occasione, il libro-intervista “Ho vissuto con un santo” (Rizzoli) scritto con Gian Franco Svidercoschi, ex vicedirettore dell'Osservatore Romano, biografo di Wojtyla, col quale ha scritto, nel Cinquantesimo anniversario di sacerdozio, Dono e mistero, il testo in cui Giovanni Paolo II ha rivelato gli aspetti più intimi della sua vocazione. In “Ho vissuto con un santo”, Dziwisz presenta un ritratto particolarissimo di Wojtyla, portando alla luce episodi per anni rimasti nell'ombra. Tra i fatti che Dziwisz giudica «inspiegabili» i «grandi dolori fisici e il peggioramento improvviso della salute» che Giovanni Paolo II avvertiva ogni venerdì, a partire da un anno prima di morire. «Il venerdì la salute del Santo Padre di colpo peggiorava, all'improvviso provava dolori pungenti che sopportava con pazienza, una esperienza personale che riportò lui stesso nella lettera apostolica Salvifici doloris». Tra le «rettifiche» contenute nel libro-intervista, la smentita della condanna della Teologia della Liberazione che avrebbe fatto Wojtyla, «una condanna che Giovanni Paolo II non pronunciò mai. Ne denunciò le degenerazioni, i gravi equivoci. Il marxismo, sostenitore della lotta di classe, di una rivoluzione violenta, non poteva certo venire adottato come soluzione per i mali dell'America Latina. Ma è altrettanto vero che Giovanni Paolo II approvò espressamente una teologia della liberazione nel segno della 'opzione dei poveri'» del Sudamerica. Con altrettanta nettezza, il cardinale ricorda - in riferimento all'attentato a Wojtyla del 13 maggio 1981 - con quanta forza il Papa smentì l'esistenza di piste bulgare o islamiche. Non ne avevano alcun motivo. A quel tempo i rapporti con l'islam avevano cominciato a mettersi bene. Piuttosto bisognerebbe chiedersi: a chi poteva interessare l'eliminazione fisica di Giovanni Paolo II? Alludendo chiaramente ai servizi segreti dell'Est sovietico. Altra rettifica, i presunti aiuti economici che Wojtyla avrebbe fatto pervenire a Solidarnosc, il primo sindacato libero polacco. Episodi inediti anche sulla storica prima visita di Gorbaciov in Vaticano nel 1989.«Gorbaciov mostrò di conoscere la dottrina sociale di Giovanni Paolo II...e lo invitò a fare una visita a Mosca. Il Santo Padre lo ringraziò, ma gli disse che attendeva anche l'invito da parte della Chiesa ortodossa. Non desiderava una visita puramente politica». Invito che non arrivò mai. «Decisa e in perfetta sintonia», la scelta operata nel 2001 col l'allora cardinale Ratzinger di inasprire le pene sui casi di pedofilia inserendo "questi abusi nell'elenco dei delitti canonici riservati alla Congregazione per la Dottrina delle Fede, per cui «è insulso», lamenta Dziwisz , «mettere in contrapposizione su tale questione Giovanni Paolo II e Ratzinger».

 



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